(20.01.2017)
Valutare i dirigenti scolastici
per rendere stabile il sistema dell’istruzione
Stefano Stefanel
Il processo di valutazione dei dirigenti
scolastici sembra avviato alla sua realizzazione. Che le cose siano andate
avanti lo si comprende anche da un certo allarmismo di una parte della categoria
che preme anche se in maniera non molto evidente per l’ennesimo rinvio, ma anche
dagli atti che il Miur sta compiendo tramite gli Uffici Scolastici Regionali,
primo tra tutti la nomina dei Nuclei di Valutazione. La funzione dirigenziale è
diventata effettiva nel 2000: se dopo 16 anni non è ancora stata neppure
iniziata una valutazione così come prevede la norma è perché il sistema
scolastico italiano ha sempre temuto qualsiasi valutazione che non fosse
generica o generale. Bisogna sempre partire da questo dato di fatto per
comprendere come muoversi.
L’attribuzione del bonus premiante il
merito e il piano nazionale di formazione per i docenti hanno però rotto gli
argini e la legge 107/2015 pare per certi versi una strada senza ritorno,
destinata comunque ad arrivare ad un punto in cui le vecchie coordinate del
sistema scolastico saranno mutate. Se cambia la figura del docente, se il suo
ruolo nella scuola non può più essere lo stesso è impossibile che la figura
dirigenziale rimanga immobile e immutata. Magari ci saranno altri rallentamenti
alla legge 107, forse si tornerà a pratiche del passato obsolete ma potenti, ma
ci sono troppi elementi che dimostrano come la scuola è pronta per un
cambiamento che l’allontani dalla tradizione che l’ha portata troppo in basso.
In tutto questo movimento non può mancare
la valutazione dei dirigenti scolastici, come elemento unificante una categoria
ormai dispersa in mille rivoli e in mille comportamenti e che non è più
riconducibile ad un profilo unitario. Ci sono molti di noi che sono come
Robinson Crusoe, vivono la propria scuola come un’isola deserta da cui non
uscire mai e dentro cui vivere tutta la propria vita professionale, stanno a
scuola un numero preoccupante di ore e controllano tutto: se per caso passasse
una nave a “salvarli” vi salirebbero solo se hanno finito quello che stanno
facendo. Ma ci sono anche molti di noi che come Jim Hawkins vanno alla ricerca
del tesoro e si cacciano in un mare di guai da cui vengono spesso fuori in
maniera rocambolesca e non sempre positiva. Ci sono però tra noi anche quelli
come Gulliver giganti tra i nani e nani tra i giganti, sempre fuori posto,
sempre in affanno, sempre in un mare ignoto, sempre lamentosi, prigionieri,
stanchi. E magari ci sono anche quello come Oliver Twist, orfani dei sindacati
amici, dei provveditorati, degli adempimenti comunicati dal ministero: orfani
insomma della scuola che non c’è più.
Come si fa a valutare tutte queste diverse
tipologie di dirigenti facendo comunque un’operazione almeno equa? E’ possibile
costituire Nuclei di valutazione che
rispettino la legge e il contratto, che garantiscano la correttezza delle
procedure e che non scontentino nessuno? Operazione complessa, che richiede
molto equilibrio e che per forza di cose si scontrerà con casi di eclatante
incompetenza o autismo professionale. Non è chiaro come andrà a finire, ma è
chiaro che da questa rotaia non si esce e che la direzione scelta è molto
interessante e va intravedere condizioni di evidente realizzabilità, cosa di non
poco conto di fronte a sedici anni di tentativi falliti.
Se però si procrastinasse ancora la
valutazione dei dirigenti scolastici ci si troverebbe nel pericoloso paradosso
per cui la categoria che per legge deve essere valutata per prima non viene
valutata, mentre continua a farlo dal punto nei confronti dei docenti (chiamata
diretta, bonus premiante, anno di prove, ecc.). E’ sotto gli occhi di tutti che
una parte della scuola, molto presente e vociante, chiede l’eliminazione di
tutto questo e il ritorno alla scuola senza responsabilità. Ma l’opinione
pubblica e le famiglie hanno già indicato la direzione che deve essere tenuta: a
nessuno può essere sfuggito quello che è accaduto in questi giorni con le
bordate di Gian Antonio Stella sul “Corriere
della sera” a difesa proprio dei provvedimenti della legge 107 più attaccati
dal mondo della scuola e con la lettera della collega Nadia Vidale al docente
che si è presentato a scuola il 23 dicembre dopo tre mesi di assenza. L’opinione
pubblica, le famiglie, gli studenti stanno con Stella e con la Vidale e su
questo non c’è alcun dubbio. Io credo sia necessario tenerne conto e collegare
la valutazione del dirigente scolastico all’erogazione del servizio così come
viene inteso dalla parte degli studenti, danneggiati oggettivamente da troppi
diritti dei lavoratori della scuola.
Il lavoro fin qui svolto dagli Uffici
scolastici regionali in relazione alla revisione del contratto dei dirigenti
scolastici non in scadenza e all’elaborazione di un contratto per quelli di
nuova nomina mi pare molto interessante: legare la valutazione al
Piano di Miglioramento della Scuola
può sembrare una sfida ardita, ma questo legame contiene delle ottime
potenzialità professionali per la categoria. Una parte degli obiettivi non
possono essere realizzati direttamente dal dirigente scolastico senza la
collaborazione di docenti e studenti, ma proprio per questo si tratta di
individuare la strada per condurre la propria scuola su reali esiti di
miglioramento che abbiano un carattere reale e non solo cartaceo. Se un
obiettivo è stato o meno raggiunto non lo dice la carta, ma i fatti e questo è
di per sé interessante. Laddove
quell’obiettivo è comunque un obiettivo didattico che richiede la sinergia di
tutte le componenti della scuola ecco che la funzione dirigenziale deve
diventare fortemente creativa per spingere le parti del suo sistema verso gli
obiettivi di miglioramento. Una bella sfida che potrebbe portare ad un forte
aumento della professionalità dei dirigenti scolastici italiani.
Il rapporto tra valutazione del dirigente
scolastico, piano di miglioramento e obiettivi assegnati io credo trovi la sua
risoluzione in alcuni passaggi molto chiari dell’art. 25 del d.lgs 165 del 2001:
“il dirigente scolastico promuove gli interventi per assicurare
la qualità dei processi formativi
“nel rispetto delle competenze degli organi collegiali
scolastici, spettano al dirigente scolastico autonomi poteri di
direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse
umane.
“per l'esercizio della libertà di scelta educativa delle
famiglie e per l'attuazione del diritto all'apprendimento da
parte degli alunni.”
In questi quindici anni a livello pubblicistico si è spesso
sorvolato su un bivio terminologico di altissimo valore del d.lgs 165, anche se
nella prassi tutti si sono accorti che la questione non era di difficile
risoluzione: gli organi collegiali hanno
competenze, il dirigente scolastico ha
poteri. Tra “competenza” e “potere”
c’è una bella differenza, perché la competenza è definita da un contesto, il
potere da un’azione diretta. Ecco allora che se il potere il dirigente
scolastico lo esercita sulla “qualità dei
processi formativi”, nella “direzione”,
nella “valorizzazione delle risorse umane”,
per l’”attuazione dei diritto
all’apprendimento da parte degli alunni” si spostano gli obiettivi della
scuola dalle esigenze del personale a quelle degli studenti. Quella della
valutazione del dirigente scolastico è dunque una bella sfida sul potere
collegato al raggiungimento degli obiettivi. La strada è inedita e sconosciuta,
ma merita di essere percorsa in fretta.