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LA BUONA SCUOLA OGGI: Documenti e interventi su  "Piano Renzi" (settembre 2014)

(01.10.2016)

La valutazione dei Dirigenti Scolastici: in attesa delle linee guida e del modello operativo
di Franco De Anna

Propongo alcune riflessioni e proposte sul percorso di valutazione dei Dirigenti Scolastici, del quale sono state definite le direttrici, e che va strutturato e dotato degli strumenti appropriati e, soprattutto, delle competenze personali dei valutatori impegnati

Le tessere del mosaico

Si va componendo, con fatica e lentezza, il quadro complessivo delineato con il Sistema Nazionale di Valutazione. Lavori perennemente in corso, e non può che essere così: sol che si rammenti che la valutazione è un campo di ricerca, di continuo affinamento e miglioramento. Altre considerazioni invece occorrono circa lentezze e ritardi che hanno a che fare non con il lavoro di ricerca, ma con gli “adempimenti” della amministrazione o con la scarsezza di risorse disponibili.
La “valutazione del personale” rappresenta inoltre la tessera del mosaico che richiede maggiore cura nell’essere manovrata e collocata nel giusto rapporto con le altre (in particolare la valutazione degli apprendimenti e la valutazione delle organizzazioni scolastiche).
D’altro canto la composizione completa del mosaico -la matrice completa della valutazione: organizzazione, “prodotti”, personale- è una condizione essenziale per acquisire il livello di “accettabilità sociale” della valutazione stessa. Se “tutto e tutti sono valutati” non svaniscono certo i fantasmi che la valutazione porta inevitabilmente con sé (ansia, paura, fuga..), ma certamente almeno si creano le condizioni per portare i fantasmi alla luce e disattivarne i malefici e i conflitti che alimentano.

Chiarisco in via di premessa che si tratta di riflessioni che possono essere dirette sia ai valutati (i Dirigenti scolastici), sia ai “valutatori” la cui composizione ha, nel momento in cui scrivo, solamente un indirizzo: un nucleo di tre persone, un “ispettore” e due esperti esterni all’amministrazione.
Si comprenderà che proprio la individuazione dei valutatori rappresenta forse la componente più problematica di questa tessera del mosaico: la valutazione del personale in servizio nel sistema di istruzione è in buona sostanza un inedito. Non abbiamo “tradizione” e “competenze pregresse” cui rifarsi, se non in misura assolutamente esigua.
Occorre mantenere tale consapevolezza sempre presente nell’elaborare il modello di valutazione: ciò infatti rappresenterà l’impegno cui riservare le migliori energie, i progetti di formazione e di supervisione e che, se tutto opera per il meglio, richiederà alcuni anni e costanza di strategie per dare frutti soddisfacenti.
D’altro canto: attendere che tutto sia definito al meglio non solo contraddice la dimensione di ricerca che la valutazione ha in sé connaturata, ma significa (per esperienza più che decennale maturata: il primo progetto SIVADIS è del 2001) rimandare costantemente “l’inizio lavori”.
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I riferimenti e le avvertenze critiche

La tessera della “valutazione dei Dirigenti Scolastici” deve trovare una prima conformazione in modo da adattarsi al mosaico del Sistema Nazionale di Valutazione rispetto a quelle direttamente confinanti: innanzi tutto la valutazione delle organizzazioni scolastiche (RAV) e i progetti di miglioramento (PDM) che le stesse hanno elaborato nel processo di autovalutazione; in secondo luogo la “valutazione esterna” che si aggiunge e completa alla prima, per ora secondo cadenze “campionarie” e temporali parziali (NEV)

Il riferimento trova corrispondenti affermazioni nella Direttiva ministeriale relativa (n.36 del 18/8/2016): RAV, PDM, esiti eventuali delle visite dei NEV, sono riferimenti fondamentali per la valutazione del Dirigente.
Ma la valutazione delle persone (accade in ogni organizzazione), non può che avere un doppio riferimento: da un lato le problematiche della “Gestione delle Risorse Umane” entro l’organizzazione; dall’altro il “rapporto di impiego”, proprio perché il problema non è quello di “valutare le persone” ma “le persone nell’organizzazione”
Tale doppio riferimento esige da un lato che gli strumenti e gli esiti della valutazione siano coerenti con l’insieme dei significati e delle finalità che ha la “gestione delle Risorse Umane, e cioè, per sintetizzare, non solo l’uso di istituti premiali o classificatori, ma anche la politica della mobilità e del mercato del lavoro interno all’organizzazione (promozione, sviluppo di carriera, incarichi..). Il riferimento al “rapporto di impiego”, introduce nel modello e nei processi valutativi variabili di carattere sociale ed istituzionale e sindacale; ma anche valori e significati e gerarchie di valori che sono riconosciuti nella formazione economico-sociale. Trascurane la rilevanza conduce spesso sia al fallimento sia alla insignificanza dei vari modelli di valutazione.
Il “perimetro della tessera” che si sagoma in rapporto alla matrice complessiva della valutazione (prodotti, organizzazione, personale) è dunque la risultante di un insieme di sagomature da realizzare su un complesso di parametri. La possibilità di governare conflitti e fantasmi (e dunque di scongiurare sia l’opposizione aperta e antagonista, sia quella “nascosta”, opportunista e adattativa, che comunque mandano fuori bersaglio la valutazione stessa) sta nella “sapienza e avvedutezza” di tale sagomatura.
Per tale ragione ritengo fondamentale tenere in primo piano gli spunti critici che ciascuna di tali sagomature mette in rilievo: l’attenzione critica non è il “fastidio di una opposizione”, ma è una condizione di riuscita del progetto. Con tale spirito provo di seguito ad enumerare alcuni elementi da tenere sotto “attenzione critica”

·         Il modello “RAV-Miglioramento” ha vincoli espliciti che limitano parte consistente del lavoro del Dirigente scolastico dall’orizzonte valutativo. Come è noto le priorità di miglioramento rielaborate sulla base del RAV “devono” essere relative all’area degli “esiti” degli alunni (esiti scolastici, esiti prove standardizzate, competenze di cittadinanza, esiti a distanza. Vedi RAV).
Sulla base di tale vincolo i processi investiti da ipotesi di miglioramento “devono” essere sagomati e indirizzati a produrre effetti rispetto agli esiti degli alunni. Più il rapporto è “funzionale” e causale, più il PDM è appropriato, realistico e verificabile. (si veda il modello PDCA elaborato da INDIRE..).
Non discuto tale scelta di modello, parziale e approssimato come ogni modello (l’ho fatto in altre sedi) ma evidentemente esso investe la funzione del Dirigente solo in via indiretta (sintomatico in proposito è l’uso di termini come promuove…favorisce…ecc..), non l’esercizio diretto delle sue competenze.

·         Nel modello del RAV, l’area  di valutazione relativa alla “gestione delle risorse”, sia economiche che del personale, ha contorni molto ristretti. (Per esempio l’analisi dei bilanci non ha modelli di indicizzazione analitica esaustivi). Ma proprio questa area è organicamente e direttamente  presidiata da elementi di professionalità specifica e personale del Dirigente.
Si consulti il RAV, in particolare l’area 3B Processi - Pratiche gestionali e organizzative e per esempio il  3.5.c Processi decisionali e sarà agevole riscontrare che variabili ed indicatori rilevati, nel loro “generalismo”, sono insufficienti e inappropriati a descrivere profili di management o di leadership determinati. Spesso si prestano, anzi, a deformazioni dichiarative più o meno intenzionali (vedi p.es. le rilevazioni 3.5.c.2 del RAV).

·         Il paradigma valutativo “obiettivi-risultati” che viene esplicitamente assunto come fondamento del modello valutativo dei Dirigenti Scolastici, è organico ad una “organizzazione a parametri variabili” (una organizzazione per obiettivi, appunto. Management By Objectives, MBO).
Ma la Pubblica Amministrazione (e la scuola per gli aspetti di suo funzionamento organici a tale appartenenza), è una “organizzazione a parametri costanti” che procede cioè per procedure formalizzate e costanti, e compiti formalmente definiti (il “manuale operativo” di maxweberiana memoria).
Occorre avere chiaro (appunto “chiarezza critica”) che si tratta di trovare l’adattamento più adeguato a tale meticciamento.
Su quali obiettivi si esercita la “padronanza effettiva” del Dirigente Scolastico e con quali limiti? Come si definiscono repertori adeguati e caratteristici del Dirigente Scolastico? Senza tale cura critica il modello obiettivi-risultati riferito ai DS rischia di innescare solamente un “cortocircuito”.

·         La valutazione non può che tenere conto, oltre che degli obiettivi, anche dei “comportamenti di ruolo”, specie in una organizzazione a parametri costanti e con manuale operativo formalizzato come la PA. Definire un repertorio di comportamenti organizzativi del Dirigente Scolastico è operazione cruciale per la costruzione del modello valutativo

·         I riferimenti al RAV, al PTOF, al PDM che sono assunti alla base del modello valutativo, sono, nella stessa Direttiva, integrati con ciò che è possibile desumere dalla norma che (in teoria) descrive formalmente la figura del Dirigente Scolastico all’interno del comparto generale dei Dirigenti Pubblici: il DLGS 165/2001.
Ho scritto altrove che personalmente sono per il suo definitivo e drastico superamento. E tuttavia è la norma in vigore. Gli interrogativi precedenti, per un approccio critico alla formulazione del modello operativo di valutazione vanno rapportati anche al dettato di quella norma, in particolare nella sintesi obiettivi-comportamenti-risultati (Performance dovrebbe essere, appunto, un comportamento connesso ad un risultato….)

·         Un modello di valutazione del personale costituisce un inedito per il nostro sistema di istruzione. Anche per tale motivo ritengo che occorra definire parametri, valori, riferimenti di largo spettro e di lunga durata. Credo sia un pericolo ed un errore riferire il modello alla contingenza politica (per esempio con riferimento a specifici e singoli provvedimenti normativi, la cui permanenza/durata sistemica sia non del tutto consolidata. Per tutti valga l’esempio della distribuzione del bonus di merito per i docenti)

L’avvertenza critica di fondo: dai modelli codificati alla interazione diretta con le realtà.

Si tratta di una avvertenza che ho già avanzato a proposito dei modelli utilizzati da INVALSI nella conduzione delle visite dei Nuclei esterni di valutazione nelle scuole: le griglie, i modelli, i repertori di indicatori, i raffronti e le comparazioni sono essenziali per tracciare la “mappa” della organizzazione da valutare. Ma la “mappa” non è l’organizzazione specifica.
L’approccio ”nomotetico” che parte da un tracciato di “modello ideale” e misura le corrispondenze tra esso e la realtà, deve essere declinato/combinato con un approccio “idiografico” che guardi “clinicamente” all’oggetto specifico ed alla sua individualità.
Tale “doppio sguardo” se è importante per una valutazione attenta delle organizzazioni, è invece essenziale nel caso di valutazione delle persone…
Non ci sono “persone uguali” e uguali interpretazioni professionali, di ruolo, di responsabilità, nè una uguale “composizione” di competenze e capacità.
Al valutatore “professionale” si chiede perciò la capacità di uno sguardo plurimo e addestrato a diverse angolazioni. Ben vengano le “griglie” e i modelli… ma con l’avvertenza introiettata a fondo, che la realtà e le mappe non sono la medesima cosa e che lo sforzo di identificare mappe sempre più dettagliate delegando ad esse una sorta di “automatizzazione” della valutazione, conduce fuori strada…
[2]
In questo senso trovo particolarmente critico il ricorso “in automatico” alla assunzione delle informazioni depositate “on line”
. Sono materiale prezioso offerto a conforto della osservazione ravvicinata ai processi e alle persone, ma non ne possono sostituire la funzione diagnostica.

Strumenti e modi della valutazione delle persone nell’organizzazione

Occorre seguire con attenzione la costruzione del modello operativo della valutazione dei dirigenti, sia per le definizioni dei fondamentali, sia per la elaborazione degli strumenti.
In appendice allego una modesta e parziale proposta di strumenti, il cui significato è solo quello di indicare linee di elaborazione che dovrà utilizzare ben altre competenze e soprattutto contributi plurimi e pluri professionali.

Il primo passo: la definizione del profilo di ruolo

Costituisce l’architrave di qualunque modello di valutazione delle persone nell’organizzazione. Un “profilo di ruolo” definito e condiviso è la condizione necessaria (non sufficiente) per creare un modello consolidato e condiviso tra i (necessariamente numerosi) valutatori di prima istanza (coloro che agiranno a contatto con i valutati).
Ma anche per mettere questi ultimi di fronte alla conoscenza, se non necessariamente condivisione, di ciò che sarà osservato e valutato del loro lavoro.
La stessa definizione/assegnazione degli obiettivi è condizionata, nella sua appropriatezza, dalla corrispondenza con il “profilo di ruolo”.
Nella PA i profili di ruolo sono spesso definiti “normativamente”. Per tale motivo costituiscono spesso una declaratoria di validità “erga omnes” in cui viene enumerato tutto ciò che non può non esserci.
Basterebbe guardare ciò che viene indicato come competenze del Dirigente Scolastico nei bandi di concorso. In una vecchia battuta dicevo che si chiede al DS di essere contemporaneamente “un’aquila e un cavallo” (vedi bibliografia in nota).
In altri approcci (in altre culture organizzative) il profilo di ruolo è “ciò che l’organizzazione si aspetta da una persona su quelle mansioni”.
Dunque non una classificazione “normativa” ma collegata organicamente e funzionalmente alla specifica organizzazione.
Anche in tal caso occorre ricomporre i due sguardi: una organizzazione “di macrosistema” come l’istruzione, necessariamente standardizza i profili di ruolo.
Il legame con il Diritto Amministrativo aggiunge a tale standard anche la forza “normativa” che ha necessariamente sia una “lunga durata” sia, nel nostro caso, una valenza comparativa intersettoriale (vedi DLGS 165/2001) dunque si allontana ulteriormente dalle specificità di settore.
Ma un modello di valutazione che si applichi “qui e ora”  deve riuscire a ricomporre sensatamente tale realtà con quella permanentemente in transizione come la scuola (La scuola, come la ecclesia, est semper reformanda..).
Va aggiunto che le declaratorie di capacità e comportamenti organizzativi elaborate in settori anche molto diversi tra loro, quando si tratti di figure con funzioni dirigenti tendono a convergere. ( si veda un esempio in Allegati).

Se si usa il dettato del DGLS 165/2001 per il profilo di ruolo del DS si può tracciare una ipotesi del profilo di ruolo che è riportata in allegato (Allegato n. 1)

Secondo passo: una classificazione degli obiettivi ed una mappa (portfolio) delle competenze

Definire un repertorio di obiettivi appropriati al profilo di ruolo e ad esso coerenti è il passo successivo e altrettanto “fondante” di un modello di valutazione obiettivi-risultati.

L’impegno critico è quello di enucleare una “classificazione degli obiettivi” che ne sappia indicare sia il grado di “padronanza” effettiva da parte dei DS, sia il “peso” da assegnare in relazione alle necessità dell’organizzazione.

Elaborare una sistematica degli obiettivi coerente con le indicazioni del profilo di ruolo significa tracciare l’area della valutazione che deve essere esplorata nell’approccio ravvicinato alla azione reale del Dirigente. Significa proporre una “semantica” comune  e riconosciuta con la quale affrontare la multiforme varietà specifica degli obiettivi assegnati e perseguiti dal singolo Dirigente nella specifica organizzazione.

In Allegato (Allegato n. 2) si propone una possibile mappa degli obiettivi redatta a partire dalle “etichette” dell’ipotesi di profilo di ruolo disegnata precedentemente

Naturalmente si tratta di “etichette” di una sistematica degli obiettivi. Ad esse dovrebbe riferirsi il set specifico  di obiettivi che il singolo DS si dà e/o riceve per il tempo indicato e per la organizzazione in cui opera. La sistematica comune e condivisa rappresenta la condizione della confrontabilità e della omogeneità del modello.

A tale quadro corrisponde una “sistematica” della competenze previste per il DS.
Nella appendice (vedi Allegato 3) si troverà una proposta di tale quadro di “competenze” del DS articolato in coerenza con la classificazione degli obiettivi proposta nello schema.
A titolo di esempio e per convalidare la citata relativa confrontabilità dei modelli di valutazione dei dirigenti in settori anche molto diversi tra loro, in appendice (Allegato 4) è riportata una scheda di valutazione dei dirigenti (riferita all’area “Gestione del personale”) utilizzata in una importante azienda di Credito di rilevanza nazionale. Si potranno verificare isomorfismi e categorie e costrutti comuni.
[3]

Terzo passo: definire gli indicatori di risultato

Alla definizione degli obiettivi si unisce un quadro di “indicatori” di risultato, che consenta di esprimere il “giudizio” valutativo, almeno per quanto attiene al paradigma obiettivi-risultati (che, insisto, non è paradigma esaustivo nella valutazione di dirigenti che operano nella PA).
Negli allegati presento un repertorio di indicatori, per possibili obbiettivi definiti sulle quattro aree utilizzate nel modello di classificazione utilizzato in precedenza (Vedi Allegato 5).
Come si potrà vedere lo sforzo definitorio è diretto a mantenere coerenza e compatibilità tra profilo di ruolo, repertorio di obiettivi, competenze e comportamenti del Dirigente.
Vale l’osservazione fondamentale che tale modello (come qualsiasi altro) va messo alla prova sul campo, corretto, migliorato: la valutazione è campo di ricerca.

Che cosa si osserva per valutare

La documentazione

Il valutatore giunge alla interazione diretta con il Dirigente Scolastico in valutazione, attraverso una consistente mole di documentazione. (RAV, PTOF, PDM, Programma Annuale, Piano di attività, ecc… Ma volendo anche alcuni “prodotti” diretti del DS: attribuzione di incarichi, circolari, presentazioni e relazioni al collegio). Anche l’esame della documentazione può essere condotto seguendo una traccia comune che metta in rilievo gli elementi di guida all’osservazione della stessa, per rilevarne e apprezzarne in sostanza i tre fattori: Completezza, Significatività, Coerenza
In Allegato (Allegato n. 6) è schematizzato un possibile strumento per tale lavoro. Si presta in particolare, non solo a costituire una traccia di lettura/valutazione della documentazione da parte dell’osservatore/valutatore, ma anche a confrontare le osservazioni dirette del primo con l’illustrazione da parte del secondo dei medesimi documenti: dunque uno strumento di interazione diretta (vedi oltre)

Osservazione diretta dell’attività

In alcuni modelli di valutazione è prevista l’osservazione diretta del valutato mentre esercita il suo ruolo, in attività considerate “esemplari”.
Si tratta di una possibilità di grande interesse, anche se molto impegnativa, sia per creare le condizioni appropriate per esercitarla (come governare/controllare gli “artefatti” della “rappresentazione”) sia per la determinazione ed omogeneizzazione del protocollo osservativo.

Per la determinazione delle attività di lavoro cui dedicare osservazione diretta si potrebbe seguire lo stesso quadro delle “Aree di Competenza” disegnato in precedenza (vedi Allegato 3) e identificare al suo interno gli oggetti specifici di osservazione.
Uno schema di rilevazione e registrazione delle osservazioni compiute in tale contesto è riportato in allegato (Allegato 7)

Interviste e colloqui

Si tratta delle attività nelle quali è più elevato il grado di interazione tra osservato e osservatore. Dunque più elevato deve essere il controllo delle possibili distorsioni e rischi di errore dell’osservatore (vedi in allegato un elenco di tali rischi di errore Allegato n.13).
Le interviste sono dirette alla raccolta di informazioni; i colloqui hanno come oggetto l’interlocutore stesso.
Una “intervista situazionale” potrebbe ripercorrere lo schema già indicato per l’esame della documentazione con opportune modificazioni. E’ il valutato che presenta la documentazione (Allegato 8) e l’osservatore registra i caratteri della sua narrazione
Per la rilevazione delle capacità/competenze, seguendo gli schemi precedenti, una ipotesi di intervista al Dirigente si trova  in  Allegato n.9

Nei colloqui l’osservatore dovrebbe dedicare la sua attenzione non ai “dati e le cose” ma alle persone con cui interagisce.
Ciò riguarda sia i colloqui con il valutato, sia il colloquio con altri interlocutori che vengono individuati per rilevare elementi che si identificano (spesso impropriamente) come “rilevazione del grado di soddisfazione” o, per altro verso, come rilevazione del “grado di reputazione”.

Propongo di seguito uno schema che, adattato, può essere utilizzato sia nel colloquio diretto con il Dirigente Scolastico, sia con i suoi collaboratori.
Il colloquio, in tale caso, serve a registrare le opinioni e le percezioni degli interlocutori rispetto alla comune appartenenza alla medesima organizzazione. Può essere realizzato in modalità collettiva focus group (Vedi Allegato 10). Personalmente, in un contesto culturalmente evoluto come la scuola, diffido della capacità di questionari compilati, di restituire risposte “autentiche” su problematiche complesse. Ma soprattutto: in un contesto da macrosistema il “questionario” è consumato con la prima somministrazione. Andrebbe cambiato per ciascuna rilevazione.

Di buon valore diagnostico è il colloquio teso a registrare quello che in letteratura viene indicato come “Incidente critico”. Cioè l’evento professionale che nel corso della propria attività viene considerato dal valutato come particolarmente significativo. All’osservatore, naturalmente, il compito di utilizzare tale “memoria” dell’interessato come sintomo per ricostruirne connotato e valore professionale. (Allegato 11)
Si tratta di analisi della “narrazione” del valutato, ma di una narrazione che viene “guidata” in modo non dissimile da quello che usualmente viene definito come paradigma de “punti di forza e punti di debolezza”, ma che in tale caso viene “personalizzato” (cosa ti è riuscito meglio, cosa ti è riuscito peggio?); a tale indicazione si aggiunge quella di spingere a guardare, nella stessa narrazione, ai punti di vista degli interlocutori (sopra e sotto in termini di gerarchie; destra e sinistra in termini di collaborazioni)
L’uso di strumenti interattivi e il nodo: i valutatori

Si già detto dei rischi di soggettivismo e di errore connessi con l’interazione tra valutato e valutatore. Ma altrettanto forti sono i rischi di insignificanza di griglie, schede, tabelle pretese “oggettive”
La qualità dei valutatori è il vero fattore limitante di qualunque modello di valutazione. Ciò significa il massimo impegno su tale fattore, in termini sia di formazione che di supervisione
.

Dunque valutazione ricorrente, progressivamente approfondita in parallelo con la ricerca sul modello di valutazione (vedi premessa). E formazione abbinata a selezione/reclutamento e supervisione.
Una impresa di lunga durata.

 

 APPENDICE CON ALLEGATI

 


[1] Auto-bibliografia di riferimento: Franco De Anna, a cura di “Monitoraggio autonomia: monitoraggio, valutazione, consulenza nella scuola che cambia” Franco Angeli Editore; Franco De Anna “Valutare i dirigenti della scuola”, Spaggiari casa editrice;

Articoli più recenti, reperibili on line “Il dirigente scolastico, tra idealtipi e ricerca di status http://www.pavonerisorse.it/buonascuola/ds_idealtipi.htm

“Leader, Giullari, impostori: a proposito di leadership nella scuola” in  http://www.pavonerisorse.it/scuolaoggi/leadership.htm

Divagazioni di stagione: scuola e Pubblica Amministrazione http://www.scuolaoggi.com/autonomia/1811-divagazioni-di-stagione-scuola-e-pubblica-amministrazione  Le prossime tappe del Sistema Nazionale di Valutazione: i nodi e i pettini http://www.pavonerisorse.it/buonascuola/autovalutazione/nodi_pettini.htm  Valutazione e miglioramento: il rischio anestetico” http://www.pavonerisorse.it/buonascuola/autovalutazione/valutazione_miglioramento.htm ;Miglioramento, consulenti, tutor ed altro,
tra approssimazioni semantiche e pratiche operative
http://www.pavonerisorse.it/buonascuola/autovalutazione/tutor.htm ; “L’aquila e il cavallo. Ovvero la valutazione dei Dirigenti” http://www.pavonerisorse.it/riforma/valutazione/aquila_cavallo.htm

 [2] Come in quel racconto in cui i geografi, sotto impulso del principe che tutto voleva conoscere, si diedero a fabbricare carte geografiche sempre più grandi e dettagliate tanto da sovrapporsi alla realtà…. finirono in brandelli che pendevano dagli alberi…

[3] Ho scelto una grande azienda di credito anche per qualche isomorfismo organizzativo: una unica “ragione sociale” nazionale ed un vasto numero di “filiali” distribuite sul territorio e dotate di un relativo grado di autonomia gestionale, pure nell’ambito della medesima ragione sociale. Un modello che, per alcuni versi ed in alcune interpretazioni della autonomia ha elementi in comune con il sistema di istruzione.


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