(17.09.2016)
La verità, vi prego, sulla
figura del
DS
(In vista delle
Linee Guida per la
valutazione)
di Antonio
Valentino
Parafando la suggestiva e tagliente raccolta di poesie di W.H.
Auden, “La verità, vi prego sull’amore” (Adelhi 2004), si
potrebbe lanciare un analogo appello a proposito della figura
del DS che viene fuori dalla nuova legge di riforma e anche dal
dibattito, quasi sempre spigoloso e rabbiosamenre polemico, che
ormai dura da un anno e mezzo. Appello indirizzato a chi?
Certamente a chi porta le responsabilità del testo legislativo,
ma anche – o forse soprattutto – a chi ne gestisce
l’applicazione. Ma solo a loro?
Parlarne
Il provvedimento col quale il
Direttore Generale per gli Ordinamenti - unitamente al
Direttore del Personale - emanerà le Linee Guida per la
valutazione annuale dei DS è un atto politico che può diventare
strategico, se aiuta a far venir fuori
un po’ più di “verità”
sulla figura del DS nella riforma in atto.
Il provvedimento, come è noto, è
previsto dalla L. 107/2015 (comma
93) che precisa le aree della valutazione - rispetto alle
quali individuare gli indicatori opportuni -; e tiene conto
delle priorità e delle procedure delineate nella Direttiva
ministeriale di
inizio luglio scorso.
Considerato appunto il suo valore potenzialmente strategico
dentro la riforma, ma anche l’attesa - e la sfida -
che l’accompagna da oltre un quindicennio (lo prevede il
CCNL della DS, anno 1999!), è fondamentale
che il suo varo veda
il coinvolgimento dei
vari soggetti in campo; a partire dai Dirigenti scolastici.
Per i DS, tali indicatori potranno costituire, tra l’altro utili
linee guida per l’azione dirigenziale, prima ancora che oggetti
della valutazione. E potranno essere lette, più in generale,
anche come una sorta di aggiornamento del profilo
delineato nel D.Lvo 165/2001. E non solo.
A tal scopo i passaggi della Legge (nel già citato comma 93) che occorrerebbe – credo - mettere prioritariamente a fuoco, rispetto al cosa valutare ,sono quelli che riguardano le tre aree di rilevazione del processo valutativo che più hanno a che fare con il potenziamento dell’attuale profilo del DS:
· cosa il DS ci mette di suo – il contributo in quanto dirigente – in processi considerati centrali, come il RAV e il PdM;
· le iniziative di promozione della partecipazione delle componenti scolastiche alla vita della scuola (ma la legge parla anche dei rapporti con il contesto sociale e le altre scuole);
· le attività di valorizzazione dell’impegno e dei meriti del personale,.
Con riferimento al “contributo” nel RAV e nel PdM (ma si potrebbe aggiungere anche il Piano Triennale dell’Offerta Formativa), va osservato che il termine usato si presta verosimilmente ad essere letto come volontà del legislatore di “relativizzare” il ruolo del DS nei processi di miglioramento (contribuisce assieme ad altri; non è lui solo che decide); ma, nello stesso tempo, gli si riconosce importanza, rendendolo connotante del profilo professionale (il contributo diventa infatti oggetto di valutazione).
Il messaggio sembra essere: quello che si vuole riconoscere, attraverso la valutazione, è l’apporto personale alla qualità dei processi che contano nella vita della scuola; non solo, o non principalmente, i compiti e le funzioni che sono dentro al ruolo.
Sarà effettivamente così?
Non solo quindi poteri
potenziati - se si può dire -, ma anche responsabilità –
nella sua accezione di
rispondere di - rispetto al loro effettivo esercizio.
Qui l’interrogativo riguarda
direttamente la qualità della rilevazione e i loro oggetti che
non possono ridursi, come vedremo in seguito, solo al
che cosa valutare.
Da notare il ricorso al termine comunità, sul cui valore e significato si è sviluppato negli ultimi anni un intenso dibattito, approdato recentemente nella visione del DS come “costruttore di comunità”
[1] (Giancarlo Cerini).Non costituiscono aggiornamento del profilo
potenziato del DS, ma sono certamente elementi importanti per
ridefinire un quadro d’insieme, le aree di rilevazione
riguardanti la
direzione unitaria
dell’Istituto
e le competenze
gestionali e organizzative nell’azione dirigenziale (si
tralascia la dimensione
reputazionale che richiede un discorso a sé).
Andrebbe richiamata,
per esempio, ,
rispetto alla prima, la rilevanza che dovrebbe
assumere – per la individuazione degli indicatori - la leva del
coordinamento (art.
25, c. 2 del D.Lvo 165 -), riconducibile ad una visione del DS
più come leader che
come capo. E la sua
centralità anche rispetto alle competenze organizzative (non a
caso Sergio Auriemma definiva
il coordinamento la
più potente “figura organizzatoria”).
E, rispetto alla seconda,
le responsabilità e la capacità di “visione” che richiede,
dentro le competenze di quest’area,
la
gestione delle risorse
finanziarie e strumentali. Le quali, seppure non
richiamate esplicitamente (ma una lettura comparata con il
Decreto 164, art. 25, c. 2 ne permette un inequivoco
collegamento), completano il profilo del DS.
Tuttavia, anche rispetto
a queste due aree, non tutto è liscio e scontato. Pesano anche
qui incertezze e opacità, riconducibili
soprattutto ad una Amministrazione talora invadente e dalle
strategie spesso confuse..
Ma il discorso sulla figura del DS, per essere realmente
efficace (assolvere alla sua funzione di
guida), andrebbe
necessariamente allargato al
come e per quale
prospettiva si
vuole questa valutazione
.
Si è già rilevato come alcune nozioni chiave nel testo
legislativo:
“contribuire”, valorizzare”, “promuovere “coordinare”, sembrano
porsi come elementi connotanti del profilo del Dirigente
scolastico.
Occorrerebbe però partire
dalla consapevolezza che
le rilevazioni – nel
processo valutativo – sugli aspetti caratterizzanti del profilo,
acquistano senso appropriato e trovano la giusta direzione se è
chiaro il modello di scuola verso cui si tende .
Una cosa è infatti proiettare gli obiettivi su un orizzonte in
cui la scuola come Comunità e la
Leadership diffusa /
partecipata siano
“visioni” leggibili; altro è avere invece a riferimento una
prospettiva in cui efficientismo ed ossessione del
“risultato a prescindere” siano elementi caratterizzanti; o in
cui un ritorno più
o meno camuffato al passato pre-autonomia (del quale abbiamo
vissuto non poche riedizioni
negli anni scorsi), finisce col riproporre una figura di
DS come funzionario
- più o meno zelante ed ossequioso - e anello debole della
catena di comando.
Esplicitare la
direzione di marcia (verso quale modello di scuola) è condizione
importante per meglio ridefinire il profilo del DS e quindi
cosa va privilegiato
nella sua valutazione[2].
Quale processo valutativo
Ma importante è anche che le Linee Guida esplicitino
l’ottica
con cui si intende
guardare al processo valutativo (e quindi agli atti e ai
comportamenti del NdV): se cioè di tipo investigativo e
burocratico (un’operazione a carattere
essenzialmente
amministrativo) o di tipo formativo (nel senso che le conoscenze
che il processo valutativo permette di acquisire sono volte a
orientare al meglio l’impegno del DS).
In questo secondo approccio,
la bussola
non potrà che essere data da una comune
cultura valutativa
lontana da tecnicismi e ossessioni di tipo particolaristico e
più orientata a conoscere, capire, interagire, in funzione del
raggiungimento di traguardi condivisi.
In questa ottica, il senso di una valutazione annuale rispetto
ad obiettivi definiti su un triennio penso sia più chiaro e
condivisibile.
Fermi restando – ovviamente - procedure e provvedimenti previsti
dalla Direttiva - con le dovute garanzie sindacali -, nel caso
di inadeguatezza rispetto al ruolo o di mancanze
nell’assolvimento dei compiti professionali in rapporto agli
obiettivi previsti. O, anche,
di cattivo uso dei “poteri autonomi”.
Giancarlo Cerini nell’ editoriale per il monografico di Notizie della Scuola dedicato all’inizio di quest’anno scolastico, a proposito della figura del DS nel comma 93, e ovviamente nella Direttiva, sembra dare forma alla “verità” sulla figura del DS in termini decisamente più netti e “propendere per una [sua] ricostruzione in chiave culturale e professionale, sulla scia del dibattito internazionale più aggiornato. Disporre di una nuova generazione di dirigenti scolastici, attenti a ciò che avviene in classe, vicini al lavoro dei docenti, capaci di farli crescere e valorizzarli, salvaguardando il lavoro collaborativo a scuola, sarebbe la migliore risposta alle polemiche spesso ingenerose nei confronti dei presunti nuovi poteri del dirigente”.
Una “ricostruzione” interessante e ovviamente tutta da
“inverare”. Di certo non in contrasto con le
indicazioni sulla valutazione della legge di riforma. Mi
sembra.
Come si collocheranno le Linee Guida?
[1] V. Giancarlo. Cerini (a cura di), Dirigenti scolastici di nuova generazione, Maggioli editore, 2015; in particolare, dello stesso curatore, “I Dirigenti come costruttori di comunità” pp. 163 sgg
[2] Una lettura stimolante è sempre “L’aquila e il cavallo. La valutazione dei Dirigenti” di Franco De Anna, in www.pavonerisorse.it (12.11.2014)