La pianura fatata
C'era una volta, in un paese molto lontano e sconosciuto a tutti, una bellissima pianura, con laghi di origine magica e boschi fatati.
Questa zona era dominata da un re buono, ma severo; nonostante questo il popolo, costituito da gente povera, lo amava.
Questo re era felicemente sposato con la contessa d'Islanda.
I due avevano avuto in dono, da un dio, una lampada: quando la sua fiamma si fosse spenta la felicità del popolo sarebbe scomparsa.
Dopo due anni di matrimonio nacque il principino Alfonso XX che, crescendo, diventava ogni giorno più vivace ed astuto; tutti lo chiamavano simpaticamente "la Piccola Peste", naturalmente all'insaputa del re suo padre.
Un giorno Alfonso decise di esplorare il castello e, sfuggendo alla sorveglianza delle domestiche, arrivò in una sala, situata proprio al centro del castello. In mezzo a questa stanza era custodita la "Lampada della felicità del popolo".
Nulla sapendo del suo grande potere, Alfonso si avvicinò e, pensando di giocare uno dei suoi scherzi, la spense.
Improvvisamente si scatenarono forti terremoti: la terra cominciò a sgretolarsi e i meravigliosi boschi a poco a poco scomparvero. Il regnante e i suoi servi fuggirono dal castello che, ben presto, crollò : rimasero solo tristi rovine fumanti.
Con esso scomparve la lampada.
Ma gli dei furono clementi e regalarono alla regina madre un anello magico che aveva il potere della ricostruzione. Ci vollero solo tre giorni perché la pianura risorgesse, ma i sensi di colpa di Alfonso erano grandi.
Un giorno Alfonso, passeggiando per il regno, arrivò nei pressi di un lago chiamato "Il Lago Parlante". Il principe disse:
- Oh, mio lago, che sei il mio saggio consigliere, dimmi tu come posso liberarmi dei miei sensi di colpa! -
Il lago disse:
- Mio principino, hai provocato un grande disastro, perciò, per espiare, dovrai andare nella Foresta Nera: lì troverai la soluzione a tutti i tuoi mali.-
Nella foresta Alfonso vide una grotta dalla quale emanava una luce abbagliante di origine sconosciuta. Incuriosito Alfonso entrò nella grotta e trovò una fata: era lei che produceva questa luce. Il principe domandò:
- Per caso, sei tu la fata della Foresta Nera?-
E la fata rispose:
- Sì, sono proprio io, la fata più bella, la fata della Foresta Nera!-
Il principe allora domandò:
- Cara fata, vuoi aiutarmi a liberarmi del rimorso che non mi abbandona mai?-
La fata rispose:
- Caro mio, certo che posso risolvere il tuo problema. Sperando che non si spezzino le mie unghie, formulerò un incantesimo e chiamerò Pegasus per farti vedere quanto la tua vita sia importante. Sappi che, se anche hai causato un grande disastro, la gente del tuo paese ti ama-
Dopo aver detto questo, puntò le dita al cielo e pronunciò una formula magica. Subito, uscito come per incanto dalle nubi, apparve il magico cavallo Pegasus, che, a dire il vero, sembrava più un ronzino con le ali che non un agile destriero.
Alfonso salì in groppa al cavallo e i due volarono in cielo.
Da lassù il suo regno appariva splendido; sembrava addirittura più bello di prima. Di fronte a quello spettacolo, Alfonso promise di non combinare più guai e da allora divenne più grande: era cresciuto e maturato, l'esperienza gli era stata utile.
Da quel dì, nel fantastico regno della pianura, vissero tutti felici e contenti.