Direzione didattica di Pavone Canavese

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a cura di Franca Lazzarini

 

I diversi formati comunicabili del pensiero

 

"Se mi chiedi di dirti a parole quello che penso, mi ritrovo povera,
mi lasci disarmata. Lasciami tracciare i pensieri, colorarli, guarda
la danza del mio corpo e ascolta come modulo la mia voce e, forse,
ciò che penso per una di queste strade troverà una forma".
(anonimo)

Il linguaggio è formato da segni e simboli. Essi hanno un valore convenzionale che ci permettono di trasmettere e condividere con gli altri la rappresentazione mentale che noi abbiamo del mondo.
Il segno è una moneta simbolica di scambio: con i simboli (parola, immagine, segno….) io posso trasmettere all’esterno l’idea che possiedo del mondo.
Condividendo con l’ altro il medesimo sistema di segni o simboli posso instaurare dialoghi, chiedere o elargire pareri, prendere decisioni, elaborare in maniera condivisa nuove teorie o progetti per il futuro, parlare del passato, del presente o del futuro, immaginare eventi, creare racconti od opere d’arte….
Il bambino dal canto suo, condividendo il medesimo linguaggio dei genitori e dei coetanei, può esprimere i suoi bisogni, giocare in maniera condivisa, interiorizzare le regole, instaurare rapporti affettivi con i familiari e gli amici. All’inserimento nella scuola potrà giocare e imparare insieme agli altri sviluppando le proprie competenze cognitive e socio-affettive.
Il segno è quindi un simbolo denso di significato con il quale possiamo nominare e rappresentare la realtà; solo questa consapevolezza ci permette di poter interagire   con gli altri aprendo la nostra mente a dimensioni astratte.

"„In questi ultimi 30 anni la psicologia, e, in particolare, la psicologia cognitiva, ha individuato e descritto formati diversi di pensiero". Le conoscenze possono essere rappresentate e organizzate in modalità differenti (conoscenza dichiarativa, proposizionale, narrativa, immagine) ma ciò che importa è che ognuna di loro si esprime attraverso formati comunicabili e quindi condivisibili.

A partire dal modo attraverso il quale ognuno di noi percepisce la realtà ne deriva il modo in cui ci esprimiamo ( Rita Ciceri, 2001).

In questo senso la ricerca linguistica, iniziata da Stokoe e confermata da studi successivi quali quelli riportati sinora ha messo in luce che la comunicazione usata dai sordi corrisponde ad un vero e proprio sistema di segni condivisibili e quindi funzionali ad una reale comunicazione simbolica.

Tale lingua privilegia il formato dell’immagine quale modalità per rappresentare la realtà. Il sordo percepisce la realtà in primo luogo usando il senso della vista e proprio questo lo porta, in modo estremamente naturale, ad esprimersi con ricchezza e accuratezza descrittiva, con una precisa opera di collocazione spaziale , con il ricorso al movimento e all’espressione visivo- gestuale.

Differenti formati inoltre, tra di loro, possono essere complementari ed in parte inter-traducibili. Questa osservazione estremamente importante dovrebbe far riflettere quanti lavorano nell’ambito educativo: dalla nostra apertura mentale e disponibilità al cambiamento può dipendere la nostra capacità di adattamento alle esigenze comunicative di ciascun soggetto e soprattutto la nostra versatilità mentale nel conoscere e rappresentare la realtà che ci circonda.

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