piccole
riflessioni nel mare della psicologia
a cura di Daniela Bardelli
Nel parlare della relazione tra i bambini, non si può tralasciare l'argomento del gioco. Freud (1920), che nell'osservare il gioco di un bambino ha preso spunto per discutere la "coazione a ripetere", sottolinea l'importanza del gioco per il bambino per il quale il gioco non è solo un divertimento o un passatempo, ma costituisce un modo per comprendere meglio le proprie esperienze emotive.
Al gioco i bambini affidano le proprie emozioni, i propri pensieri e ricordi.
Freud afferma che alla base del gioco del bambino vi sarebbe il rapporto di transfert. Fin dall' inizio della loro vita i bambini utilizzano il gioco per esplorare e per rapportarsi con gli altri: il neonato che gioca con il capezzolo, il bambino che si nasconde per farsi ritrovare... Di fatto, un gioco può avere significati differenti per il bambino, in dipendenza dal contesto e dalla situazione emotiva in cui si trova.
L'adulto dovrebbe essere disponibile ad accogliere le proposte di gioco del bambino e condividerle.
Il bambino, man mano che cresce, si rende autonomo nel giocare ma quando la natura simbolica del gioco è sopraffatta dalla forza dei sentimenti, ecco che si rende necessario l'intervento dell'adulto a modulare e raccogliere l'angoscia del bambino. Questo contenimento del dolore da parte dell'adulto è indispensabile per la crescita del bambino e perchè egli sviluppi la capacità di sopportare la sofferenza che è alla base della capacità di pensare e di apprendere.
Il gioco può essere considerato un ponte che rapporta le fantasie inconscie del bambino con la realtà.
Il gioco non costituisce, di per sè, una cosa reale nei termini di realtà condivisa. Il bambino immagina di essere, si comporta "come se", ha un punto riferimento nella realtà, ma viene vissuto a metà strada con la fantasia. Se consideriamo che ogni cosa, perché possa esistere, deve esistere nella nostra mente, tutto ciò che il bambino agisce attraverso il gioco per lui è realtà. Il gioco permette, a volte, di superare le difficoltà, le piccole paure che il bambino prova e, mettendole in pratica impersonando colui che ammira o che teme, attraverso il gioco, egli può superarle da solo. In caso contrario chiede l' apporto dell'adulto.
Durante un intervallo V., T., S. e L., bambine di prima elementare, giocano a fare le modelle con un ascigamano. Se lo mettono in testa, al posto della gonna, immaginano di avere un mantello. Ad un certo punto V. si mette l'asciugamano sotto la maglia e, accarezzandosi la pancia, dice " il mio bambino, che bello, il mio bambino nella pancia..". Anche le amiche fanno la stessa cosa, fino a che non vengono interrotte, dopo qualche minuto, dalla maestra che le chiama a lavarsi le mani. Apparentemente il gioco agito dalle quattro bambine ha lo stesso significato: c'è però una differenza tra V. e le compagne: la mamma di V. aspetta un bambino e questo gioco, per lei, può significare un "mettere in vista", con un pancione costruito grazie ad un asciugamano nascosto sotto la maglia e con il gesto di accarezzarsi la pancia, le proprie inquietudini riguardo questo evento così bello ma pieno di sorprese, di cambiamenti, non richiesto. V. si prende cura del suo bambino nella pancia ma soprattutto nella sua mente, e siccome non riesce a confrontarsi da sola con questa presenza non ancora "reale" ma già molto presente, condivide lesperienza proponendola alle sue amiche coetanee che con lei diventano grandi e si occupano del proprio bambino. Il gioco in questione ha una funzione contenitiva rispetto ai sentimenti della bambina verso questa grande novità che sicuramente è molto bella ma è altrettanto difficoltosa da gestire e magari anche vissuta come "pericolosa" . Identificarsi con la madre può essere un modo per segnalare, a coloro che le stanno vicino, che lei ha quel pensiero in testa e che sta cercando qualcuno che la possa aiutare a contenerlo e ad accettarlo. E la bambina si esprime attraverso un gioco nato apparentemente "dal nulla".
Credo sia anche interessante il punto di partenza del gioco: le bambine giocavano a fare le modelle e da questo sono passate a fare le mamme in attesa. E possibile che pensino, a partire da una convinzione alquanto normale a quelletà, che tutte le femmine siano mamme e che quindi anche le modelle lo diventino prima o poi, ma è interessante il passaggio da una considerazione del femminile basata sullesteriorità e sullapparire (la modella), ad una considerazione basata sullessere, sul "far essere", sul generare (la mamma) e sul contenere non solo fisicamente (la pancia) ma anche, e soprattutto, mentalmente.