piccole
riflessioni nel mare della psicologia
a cura di Daniela Bardelli
La "problematicità" dei comportamenti aggressivi è il punto di partenza di questa riflessione: laggressività non è una necessità ma è una delle risposte possibili alle situazioni conflittuali.
La risposta aggressiva è una risposta primitiva e molto diretta; rispondere in modo cooperativo, cioè tenendo conto della presenza dellaltro, non è altrettanto immediato, richiede maggiore impegno ed energie ma rende possibile la risoluzione di un conflitto alla radice mentre la soluzione conflittuale, determinando un vincitore e un vinto, spesso non agisce sulle cause che hanno determinato il contrasto. Ciò può anche significare che un conflitto risolto unicamente in termini aggressivi avrà maggiori probabilità di riemergere e di riproporsi.
La situazione di contrasto non è necessariamente negativa in quanto evidenzia lesistenza di diversi punti di vista e di opinione di cui magari non ci si era resi conto prima. Il conflitto, quindi, può essere considerato anche un fattore di sviluppo cognitivo perché impone il confronto con un altro modo di veder le cose e ci costringe a confrontarsi con le opinioni altrui: il conflitto mette in crisi e la crisi è un importante momento di crescita e di cambiamento.
Nella letteratura emergono alcune condizioni e pre-requisiti necessari per poter intraprendere una strada di risoluzione creativa dei conflitti:
La sicurezza personale è un fattore indispensabile affinchè il bambino possa avventurarsi verso altri pianeti sociali, ad esempio altri bambini, sapendo che in caso di pericolo ha la sicurezza di un porto sicuro al quale tornare. Ecco che spesso laggressività vuole essere una modalità di affermazione personale o di esistenza (distruggo quindi esisto);
Esistono sicuramente modi diversi di vivere il conflitto i quali però dipendono solo in parte dalle caratteristiche individuali, e se è vero che i fattori interni influiscono in molti modi, e non poco, sul comportamento, sugli atteggiamenti e sulle modalità di reazione individuali, non meno importanti sono le altre forze, spesso controllabili, di natura sociale e ambientale.
Tra queste, definibili " fattori esterni", sottolineiamo :
La tolleranza implica il saper vivere amichevolmente ed è fondata
sulla fiducia, su un atteggiamento ottimistico nei confronti delle intenzioni e dei
comportamenti altrui. La fiducia negli altri presuppone poi un certo atteggiamento
positivo di base da cui deriva la fiducia in se stessi.
E possibile educare alla tolleranza?
Il modello competitivo è così diffuso che spesso sono gli stessi adulti ad incoraggiare
i comportamenti aggressivi dei bambini.
La socialità, ai suoi vari livelli, comporta inevitabilmente lemergere di conflitti
fra lindividuo e il gruppo ma è importante sottolineare che la cooperazione non
porta allannullamento della personalità individuale o al suo appiattimento: vivere
con gli altri significa prima o poi difendere la propria identità, indipendenza e
autonomia ma questo non implica automaticamente il ricorso allaggressività. Di
fatto la competitività non porta allautonomia ma alla pura e semplice
contrapposizione.
La capacità empatica spesso risulta atrofizzata come la capacità di
vedere il mondo dal punto di vista degli altri sia sul piano emozionale sia sul piano
cognitivo.
Piaget sosteneva che le istanze cooperative e i fondamenti stessi della moralità
dipendano dalla capacità dei bambini di svincolarsi dalla morale costrittiva sperimentata
nei rapporti con i genitori e suggeriva che ciò avvenisse proprio
nellincontro-scontro con i coetanei, palestra di regole autonomamente create e
negoziate ma fondamentali per la convivenza.
Il bambino possiede "geneticamente" alcune abilità pro-sociali ma vi sono
condizioni che ne favoriscono o ne impediscono le attività. Gli studi sullempatia
hanno mostrato come già nei primi mesi di vita venga posta attenzione allo stato
danimo dei partner di gioco e dei propri amici in particolare. Fin dalla media
infanzia il bambino sa concepire lamicizia come una relazione diadica (a due) che
deve essere tutelata e sostenuta anche a scapito delle esigenze dei singoli, ma
allinterno della quale è possibile e necessario che siano preservate
lidentità individuale e lautonomia personali.
Riconoscere laltro come uguale a sè non solo impedisce di farsi del male ma stimola
il comportamento empatico e prosociale.
Il fatto che nel corso di uninterazione i bambini strutturino un comportamento
cooperativo piuttosto che competitivo dipende dalla presenza e dallintersecarsi dei
diversi fattori prima menzionati ed è quindi evidente che è possibile agevolare e
promuovere i comportamenti tolleranti e cooperativi.
E quindi possibile, in quanto genitori ed educatori, incoraggiare il bambino ad
avere fiducia nelle proprie possibilità di superamento e di risoluzione dei conflitti,
sollecitarne lautonomia promuovendo ladozione di un atteggiamento di tipo
tollerante anche attraverso laccettazione attiva della "diversità" ( di
qualunque genere essa sia) in quanto possibile fattore di crescita personale, di
apprendimento e di arricchimento.
Per arrivare a tutto ciò si inizia dal principio ..