piccole
riflessioni nel mare della psicologia
a cura di Daniela Bardelli
Il rapporto tra bambino e adulto è un rapporto asimmetrico in quanto è l'adulto che porta avanti il dialogo, stabilisce l'alternanza dei turni ed evita, per quanto è possibile, il conflitto.
Fin dall'inizio il bambino è in grado di modulare i
propri comportamenti nei confronti di un adulto.
Ma le cose cambiano nel rapporto con i pari: il bambino si trova di fronte ad un altro che
è come lui, con gli stessi bisogni, con le stesse modalità di reazione e, più o meno,
con lo stesso bagaglio di esperienza e di strategie di adattamento. Ecco che, soprattutto
all'inizio, la relazione è conflittuale e spesso "si rende necessario"
l'intervento di un adulto. Bisogna tenere presente che l'intervento dell' adulto è utile
all'inizio del gioco relazionale ma non dovrebbe diventare un'abitudine per il bambino:
egli deve essere consapevole che l'adulto lo può aiutare, ma deve anche aiutarsi da solo
e interiorizzare, grazie anche alle varie esperienze di scontro, le personali strategie di
risoluzione dei conflitti.
Vi sono diversi fattori che possono ostacolare o
facilitare l' interazione tra coetanei, tra cui ad esempio l'empatia, vista come la
capacità di accostarsi all'altro, come la sensibilità sociale alla presenza altrui, come
l'abilità di " mettersi nei panni dell'altro " secondo la definizione di
Borgogno (1978 ).
Il bambino passa, attraverso varie fasi di empatia, da una indifferenza totale alla
capacità di trovare un rapporto emotivo tra sè e l' altro.
Un altro fattore che si inserisce nell'interazione tra coetanei è quel legame di tipo ludico senza funzioni di scambio, finalizzato al piacere di stare insieme, che passa attraverso varie modalità come, per esempio, la fissazione dello sguardo: il bambino che desidera coinvolgere in una sua attività un altro bambino, generalmente lo guarda e aspetta una risposta (che può essere indifferente, cooperativa o competitiva).
Altri fattori che facilitano o bloccano l' interazione sono:
- la sicurezza personale del bambino: più è convinto di trovare un appoggio in caso di bisogno più si " avventura " verso i coetanei;
- la capacità di simbolizzazione, che gli permette il distacco dal reale (qui ed ora) e la conseguente possibilità di adeguarsi alle richieste degli altri con la sicurezza di soddisfare i propri desideri in un tempo più avanzato, - la possibilità di verbalizzare, ossia di esprimersi con le parole, in maniera adeguata;
- le condizioni e il contesto di vita: se sono soddisfacenti non agitano il bambino e gli permettono di concentrare l'attenzione sul buon esito della relazione senza paura di perdere qualche cosa;
- gli stili educativi e il contesto socio-culturale, in quanto i bambini sono socievoli se vivono in un ambiente aperto, nel quale vi è la considerazione dei sentimenti altrui, in cui la struttura è definita con precisione, in cui i ruoli sono rispettati e tutti hanno uguali diritti e uguali doveri, dove il bambino ha le sue piccole responsabilità che lo aiutano a crescere.
In una classe prima elementare linsegnante si assenta qualche minuto dicendo ai bambini di giocare al gioco del silenzio; chiama S. che si pone di fronte alla classe e inizia il gioco.
Il bambino, con aria furbetta, nasconde il gessetto
ma poi , siccome non tutti fanno silenzio, dice " vi chiamo solo se state zitti,
silenzio!".
E perfettamente a suo agio in mezzo alla classe e sembra un piccolo leader: chiama
T. che, sbuffando, va a scegliere "un pugno", come le aveva detto S.
Siccome però il baccano continua, il bambino ferma T. e avvisa che, se non avessero
smesso di chiacchierare, il gioco non sarebbe andato avanti.
A quel punto E. controbatte dicendo "tanto ormai hai chiamato, anche se non facciamo
silenzio..." e si mette a ridere.
A quel punto S. sorride "sotto i baffi" e dice a T. di tornare al suo posto
mentre lui, sempre ripetendo di fare silenzio, inizia a girare tra i banchi porgendo
"i pugni" a due bambini seduti e intenti a scherzare e giocherellare tra loro.
Nessuno indovina la mano giusta e S. continua a gestire i compagni accompagnato dai loro
commenti dispiaciuti e arrabbiati: "oh, no...ma ancora tu...ma lo nascondi
?...".
I bambini iniziano a non sopportare più il modo di gestire il gioco da parte di S. ma a
quel punto rientra l'insegnante che, vedendo ancora S., commenta "ma ci sei ancora tu
? Non hai chiamato nessuno ?".
Qualcuno approfitta della domanda della maestra per lamentarsi del comportamento di S. che
finalmente ha chiamato M. il quale ha scelto il pugno giusto.
Ma il gioco viene interrotto dallinsegnante e S. torna al suo posto con aria
trionfante.
In questo caso sarebbe stato interessante vedere come i bambini avrebbero gestito S. se la maestra non fosse rientrata a "smorzare" gli animi che cominciavano ad agitarsi. Solo E. ha "il coraggio" di controbattere S., ma non viene neanche presa in considerazione e finisce col tacere. S. sa di essere più forte di altri compagni e sa di potersi permettere certi atteggiamenti: decide di fermare il gioco, manda a posto T., sceglie bambini che non hanno voglia di giocare cosicchè l'impegno e l'attenzione per trovare il gessetto sono minime come le possibilità che lui debba lasciare e tornare al suo posto, gira per i banchi in modo da non far muovere nessuno e tenere sotto controllo la situazione, ma quando rientra la maestra chiama M., che subito trova il gessetto, e va a sedersi con un'aria furbetta di chi sa di aver perso la battaglia ma non la guerra. E' intervenuta quindi la maestra a risolvere il conflitto ma sarebbe stato interessante osservare come i bambini, da soli, sarebbero riusciti a "spodestare" S.