(10.02.2002)
Sempre più le
organizzazioni, tra cui listituzione scolastica, si trovano ad operare in tempi
ristretti, con limpegno costante di operare scelte in un panorama in cui gli
imprevisti e la mancanza di sufficienti informazioni sono frequenti e dove il ricercato
tempo per la pianificazione è sempre più carente.
Mi viene in mente unespressione ascoltata in un contesto non scolastico che
in qualche misura sintetizza bene a mio avviso quanto ho espresso: ragionare per eventi!
La scuola quotidianamente affronta comunicazioni e indicazioni diverse tra loro e
deve mediare, trovare possibili intersezioni, mai dimenticando che lobiettivo
prioritario è il bambino.
In particolare per quanto riguarda le problematiche inerenti lhandicap,
loperato diventa sempre più arduo là dove numeri e bilanci rappresentano i primi
obiettivi e spazi da cui partire per costruire.
In questa situazione alcune abilità di counselling possono rappresentare
unutile risorsa per gestire momenti difficili che necessiterebbero di tempo e spazio
maggiore, e dove determinante per lo sviluppo futuro dellincontro è la risposta o
la scelta attuata in quel momento.
A quali abilità possiamo pensare?
In situazioni in cui
ci troviamo davanti a descrizioni di fatti diversi, discordanti, la comunicazione professionale ci aiuta ad
utilizzare la domanda che permette allaltro di partire dal suo punto di vista.
Intendo riferirmi all'uso della domanda aperta che ridefinisce il problema e chiede al
nostro interlocutore di descrivere che cosa intende.
Le possibilità messe in atto in
un colloquio da queste domande si collegano alla presenza di diverse posizioni e verità,
allascolto dei vari punti di vista, alla capacità di reggere e valorizzare
descrizioni diverse e non subirle come empasse insormontabili.
Dalla mia esperienza sia come formatore in un corso sulla comunicazione professionale per
docenti di sostegno, sia come insegnante che incontra e vive quotidianamente situazioni
simili a queste, rilevo uno degli aspetti più interessanti del counselling:
linteresse nei colloqui con genitori o colleghi per le descrizioni diverse, per il
potere di possibilità che ne segue, per il movimento che i sistemi attivano, e per il
cambiamento che nasce a cui tutti hanno concorso.
Davanti ad un genitore o ad un collega che mi offre una descrizione diversa, a volte
contraria, non deve essere automatica la riflessione perché mi dice una cosa
non vera
o perché mente
bensì cosa è successo o cosa
intende per
cosa gli fa dire che quella volta il bambino ha manifestato un
comportamento diverso da quello che mi appare?
Queste domande sono ancora più utili quando le formula chi si occupa di handicap poiché
i sistemi coinvolti sono molti e dalla loro collaborazione dipende la riuscita del
progetto.
La relazione con individui, bambini o adulti, in difficoltà, a volte fa scaturire una
condotta che io chiamo "etichettatura": sovente per ragioni di oggettività
legata ad una diagnosi, si tende a classificare gli individui ponendoli in categorie che
caratterizzano il problema che manifestano.
Se la flessibilità e lapertura verso diverse possibilità non sorregge
loperato di chi si rapporta a quel particolare individuo, la classificazione può
generare una fissità della relazione, soprattutto nella logica adottata, causale,
meccanica, sequenziale, imponendo a priori un contesto di non cambiamento: obiettivo che
sempre invece dovrebbe caratterizzare ogni processo di insegnamento-apprendimento.
Mi aveva colpito questo proposito la pubblicità di unassociazione genitori bambini
Down
" un bambino affetto da Sindrome di Down
come gli altri pensa,
ama, si impegna, può raggiungere ottimi livelli di autonomia purché fin dai primi giorni
di vita sia fatto oggetto da parte di tutti delle stesse attenzioni che si devono ad ogni
bambino
".
Risorse importanti
A questa riflessione si
collega un altro punto presente nella formazione alle abilità di counselling sistemico:
il concetto di mappa e territorio.
Questi concetti che mi appassionano molto e li considero una grossa risorsa; sovente,
quando mi rapporto con i bambini che presentano difficoltà, mi sorreggono e mi aiutano
nel tentativo di produrre dei cambiamenti nelle relazioni e di conseguenza
nelloperato. Allorché ci rapportiamo con una realtà, noi applichiamo i nostri
schemi mentali, le nostre valutazioni, leggendo così una mappa" di quel territorio:
una grossa risorsa per le relazioni è il non fermarsi ad una sola mappatura, ad una sola
interpretazione, perché proprio dalle diverse mappature nascono diverse descrizioni del
soggetto e quindi diverse possibilità.
Infine oltre a questa condotta non bisogna dimenticare lenorme potere che possiede
la parola. Noi sappiamo che la parola veicola concetti ma sovente, nelle logiche che
sottendono le nostre relazioni, le parole diventano fondamento di realtà di ciò che si
afferma; emerge quindi indispensabile la consapevolezza di queste possibilità dove
massimo è lo sforzo per produrre un cambiamento.
Come comportarsi?
Intanto la qualità della
relazione comporta apertura di visione, punti di vista diversi, tolleranza di obiettivi
non prettamente contenutistici: lavorare sulla relazione è più faticoso, più
"coinvolgente", necessita una buona dose di flessibilità e di retroazione.
Bisogna certo riconoscere loggettività di una diagnosi, ma lapertura di cui
io parlo va legata alla relazione che si instaura con quel soggetto e alla ricchezza di
cambiamento che la qualità in quella relazione può condurre.
Il cambiamento non deve essere riferito ad una sola realtà che deve cambiare: la
capacità, che diventa ricchezza, è quella di uscire da una logica meccanica e in
apparenza semplice e pensare ad altri aspetti di quel problema che magari non abbiamo mai
preso in considerazione. Proprio là si aprono delle possibilità che rendono possibile il
cambiamento.