(28.01.2001)
Il punto di vista del counsellor
La scuola, come anche altri sistemi umani, è
protagonista e vittima allo stesso tempo di numerosi luoghi comuni.
Il loro utilizzo costituisce una modalità comunicativa che usiamo nelle conversazioni
informali e nelle comunicazioni professionali, a volte in modo consapevole e altre senza
rendercene conto.
In questo spazio dedicato al counselling desidero aprire una riflessione in chiave
sistemica di quali sono gli effetti che provoca luso non ragionato dei luoghi comuni
nelle relazioni di lavoro. Lobiettivo che mi prefiggo non è quello di eliminarli ma
di rendere i professionisti della scuola consapevoli della funzione che rivestono quando
sono inseriti in un intervento comunicativo il cui fine ultimo è un cambiamento. E spesso
il cambiamento è molto difficile da attuare.
Parlare per luoghi comuni fa parte della nostra
quotidianità, costituisce un modo per rapportarci agli altri, è un tentativo di dare
risposte a chi sembra chiedercele.
E' un tipo di comunicazione che non aggiunge aspetti di contenuto alla relazione con il
nostro interlocutore. E a volte va bene così.
In quante situazioni abbiamo sentito e/o detto:
Sono tutti viziati i bambini di oggi, i genitori non sanno più educare
La prova che conferma che il luogo comune non crea informazione, consiste nel fatto che le frasi che pronuncia l'altro le potremmo pronunciare noi stessi e viceversa. Usare i luoghi comuni non aumento il nostro bagaglio di conoscenze e non cambia nulla nel sistema informativo personale.
Se provassimo a spaziare con la mente tra un ambiente lavorativo ed un altro, probabilmente, riusciremmo a trovare luoghi comuni tipici per ogni contesto.
Anche il mondo della scuola si caratterizza per la presenza di alcune "frasi", di cui gli insegnanti a volte sono vittima, a volte ne sono gli autori. Ecco alcuni esempi tratti dal mio repertorio di counsellor scolastico. Basta decidere da dove partire.
Gli insegnanti della scuola dell'infanzia sono convinti che le educatrici dell'asilo nido (e ricordate, loro non sono insegnanti ) assistano i bambini e non abbiano alcun lavoro educativo da svolgere. Gli insegnanti di scuola elementare pensano che alle colleghe della scuola dell'infanzia non occorra avere molta professionalità, in fondo non è compito loro insegnare a leggere e a scrivere ai bambini .
E poi man mano che si sale negli altri gradi
scolastici se ne trovano ancora altri. I docenti della scuola elementare pensano :
gli insegnanti della scuola media non si preoccupano tanto della relazione con i
bambini, ma solo di insegnare le loro materie. E così via fino alle superiori dove,
si sa , di professionalità pedagogica ce n'è propria poca.
E questi ultimi a loro volta pensano che l'insegnamento nella materna e nella scuola primaria non richieda una grande elaborazione culturale. Il cerchio, formato dallinanellamento dei luoghi .più comuni, si chiude. Ma solo apparentemente, perché altri se ne aprono e hanno come attori i genitori, i dirigenti scolastici, gli operatori, gli allievi, i direttori amministrativi, i funzionari dell'ufficio provinciale, gli psicologi dell'ASSL, gli assistenti sociali
Insomma andare a caccia di luoghi comuni non é difficile.
L'impossibilità che qualcosa sia diverso
Ma che cos'è un luogo comune?
E' lo spazio dell'immaginario collettivo, quello che quando è rievocato consente di
condividere con gli altri le emozioni, i desideri, le speranze, le rabbie.
Spesso i luoghi comuni si usano inconsapevolmente. Nascono dalla generalizzazione e dalle
interpretazioni che sono operazioni della nostra mente funzionali ed economiche ma
talvolta un po azzardate. Già perché se il nostro pensiero si cristallizza su un
luogo comune ne risente la nostra percezione della situazione o della relazione in cui
siamo coinvolti. In poche parole non ci consente di andare oltre; si crea quasi sempre
l'impossibilità che qualcosa possa essere diverso da come percepiamo e, quindi, senza via
di uscita.
Cosa possiamo fare?
Possiamo farci stuzzicare dallidea che quando qualcosa ci sembra impossibile, come
ad esempio un comportamento, una risposta o una cosa negata
dietro ci potrebbe essere
altro che non conosciamo. In quel momento può rivelarsi utile rendersi consapevole se
stiamo ragionando per luogo comune e se questo modo di pensare ci ingabbia in una sola
descrizione della situazione.
Alcuni esempi?
Praticamente usare i luoghi comuni ci fa cadere
nel rischio di banalizzare e ci impedisce di cogliere le differenze, operazione
quest'ultima che è essenziale per smuovere una situazione di cui non vediamo la via
d'uscita.
Ma non basta: il fenomeno della profezia che si autoavvera è in agguato. Il tipo
di comunicazione che emettiamo e il modo in cui ci relazioniamo nei confronti della
persona che abbiamo reso vittima del luogo comune, sarà orientato in modo tale che
l'altro si comporti proprio come avevamo pensato, confermando in tal modo la nostra
ipotesi di:
madre che trascura il figlio, dipendenti del Provveditorato tutti scostanti e
aggressivi, colleghe solo fortunate con la classe
Ricordiamoci che banalizzare semplifica la realtà
ed annulla il carattere di complessità che caratterizza i sistemi umani, inclusa la
scuola.
Saper mantenere la curiosità e linteresse per la particolarità della situazione
che in quel momento preciso ci viene portata, saper cogliere anche solo una differenza con
tutte le altre situazioni simili fino a quel momento affrontate
permette di avviarci
verso un percorso nuovo da costruire con laltro. E tutto questo può costituire il
punto di partenza per individuare anche una piccola parte di cose da condividere. Sarà
quella minima parte di condivisione che getterà le basi per costruire una relazione
significativa e importante affinché avvenga un cambiamento.
Vogliamo fare una proposta ai lettori della nostra rubrica. Se avete in mente qualche
luogo comune o comune e
originale inerente alla scuola , che avete sentito o anche
pronunciato, inviatecelo. Proveremo a crearne una raccolta e a proporne una lettura.
Valgono, naturalmente, anche i relativi commenti.