Direzione didattica di Pavone Canavese

Counselling


(06.10.2002)

Il pensiero sostenibile. Parlare di lutto a scuola
di Milly Seira

 

Sta finendo la scuola, sono gli ultimi giorni di giugno, i bambini di una scuola materna stanno concludendo un altro anno. Per uno di loro l’estate che inizia sarà difficile e dolorosa. In un pomeriggio di ritorno da una gita, l’auto su cui viaggia con i suoi genitori ha un incidente molto grave: lui e il papà si salvano, la mamma cessa di vivere.
A scuola le insegnanti si pongono il problema di come raccontare ai compagni l'accaduto. Intanto i genitori si telefonano, ognuno si esprime su cosa sia meglio dire e commenta la decisione del padre di parlare allo sfortunato bambino della morte della madre senza coinvolgerlo nel funerale.
In realtà ognuno parla dal proprio punto di vista e si può provare a fare solo delle riflessioni.
Affrontare il lutto di un allievo in classe non è cosa facile e neanche tanto rara. Ma succede. Quando accade gli insegnanti si trovano a gestire una situazione delicata. Mille dubbi emergono: cosa facciamo ne parliamo, facciamo finta di nulla, lasciamo che sia il bambino a parlare?
Come se non bastassero i nostri dubbi, si aggiungono quelli del genitore che chiede aiuto per capire come fare ... già ma come fare?
Qualche riflessione può essere utile, senza dimenticare però che ciascun allievo reagisce ad un evento traumatico in modo diverso, e solo un'osservazione attenta può aiutarci a comprendere che cosa possa essere utile fare in quella situazione e per quel bambino.
Può essere utile accordarsi con la famiglia sulle possibili risposte e modalità di intervento. In queste situazioni le risorse che la famiglia e la scuola possono attivare consistono nell’offrire argini al dolore, argini che rappresentano un limite minimo di sicurezza e appiglio nei momenti di disorientamento.
Proviamo a pensare che, indicativamente, parlarne sia meglio che non parlarne. Dire la "verità" e aiutare ad affrontarla, parlare di ciò che è accaduto, aiuta il bambino a sgomberare la mente da fantasie che prenderebbero invece spazio se non si parlasse con lui. Le fantasie più frequenti possono essere quelle relative al senso di colpa e alla paura che la stessa disgrazia possa accadere a sé o all'altro genitore. Consentire le emozioni, riconoscerle e farle riconoscere è l'aiuto concreto che possiamo dare al bambino colpito da lutto. Rassicurandolo che il dolore, la nostalgia, la rabbia sono emozioni possibili, naturali rispetto all'evento.
Ciascuno reagisce in modo diverso; alcuni ne parlano e fanno tante domande, altri si chiudono e si isolano. In ogni caso è importante rispettare la reazione che il bambino manifesta, segnalando la possibilità del parlare della morte e soprattutto la possibilità che questo spazio rimanga aperto al bisogno, nei tempi e nei luoghi che verranno scelti come adatti.
In qualunque modo si realizzi, l'importante è che avvenga.
Il bambino vive in un contesto di classe in cui anche gli altri allievi sono coinvolti e presenti; quindi il parlare con i compagni è importante, per rassicurarli anche delle paure che potrebbero coinvolgerli e per educarli ad esprimere i sentimenti sviluppando un clima di accoglienza e calore.
Ma c’è un altro modo di rendere più tollerabile il lutto: creare nel bambino un pensiero sostenibile. Qualcuno di voi avrà presente il colloquio tra nonno e nipotina dei protagonisti del film Verso Sera. Mentre il nonno aiuta la bambina a fare il bagno, parla della sua futura morte e del fatto che non si sarebbero visti più: cosa inquietante per la mente di una bambina. Ma il nonno è rassicurante: "Potrai portarmi in giro con il tuo pensiero, quando tu vorrai…". Con queste parole la bambina comincia a prendere confidenza con questo pensiero, le risulta più accettabile, più sostenibile perché non spezza la loro relazione.
Durante un colloquio è emerso che una madre aveva raccontato al figlio che il padre, ciclista amatoriale morto in un incidente stradale, stava ora pedalando per le vie del cielo. Il bambino era consapevole che quanto raccontato non corrispondeva alla realtà, ma questo pensiero gli consentiva di riconciliarsi e tollerare la perdita, accompagnandolo fino all'età in cui avrebbe potuto riconoscere la delicatezza della madre nel creargli un pensiero sostenibile. In fondo non funzioniamo anche noi adulti nello stesso modo?

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