(07.11.2009)
Crocifissi e
crocifissioni
(per una memoria europea)
di Giancarlo Cavinato
Spagna, 1936. Inizia una guerra feroce, una guerra civile che
insanguinerà la Spagna e costituirà una ‘prova generale’ del conflitto mondiale.
Una delle più feroci rappresaglie viene compiuta dai ‘nazionali’, agli ordini
dei quattro generali insorti contro la repubblica democratica, nei confronti dei
maestri.
All’inizio degli anni 30, il sistema educativo spagnolo si trovava in condizioni
disastrose, soprattutto ai livelli primari dell’istruzione.
Scriveva Francisco Giner de los Rìos: ‘Di tutti i problemi che interessano
l’elevamento politico-sociale del nostro popolo, non ne conosco uno tanto
avvilito e trascurato come quello dell’educazione nazionale.’
La Seconda Repubblica nacque con un
programma di riforma globale del sistema educativo che includeva la costruzione
urgente di scuole, il riconoscimento della dignità sociale degli insegnanti con
un aumento sostanziale delle retribuzioni, un sistema unitario in tre cicli, lo
stimolo a una pedagogia attiva e partecipativa, una concezione laica
dell’insegnamento.
Un esempio: in quattro anni, dal 1931 al 1935, il numero dei maestri passò da
37.500 a 50.500.
La riforma fu avversata in tutti i modi da potenti settori della società. La
guerra civile servì a far sì che i franchisti eliminassero l’educazione come
‘scudo e difesa della Repubblica’ attraverso un’opera sistematica di
sradicamento della politica educativa e culturale repubblicana.
Fra gli obiettivi vi era la eliminazione, attraverso l’epurazione, gli
assassinii, l’esilio, dei maestri ‘fedeli alla Repubblica’. In 9 province in cui
si hanno dati sistematici vi furono 250 esecuzioni di maestri e 54 istituti
secondari pubblici vennero chiusi. Un 25% circa di maestri vennero destituiti.
In Euskadi e in Catalogna tutti i maestri dell’insegnamento pubblico vennero
sospesi e dovettero richiedere la riammissione attraverso un costoso processo.
‘La Chiesa giocò un ruolo fondamentale nella repressione e nella depurazione degli insegnanti. Io credo che fu per il ruolo che i maestri della Repubblica ebbero applicando la normativa sulla soppressione dell’insegnamento religioso, quando venne tolta alle congregazioni religiose la funzione educativa. Quando vennero istituite le commissioni per la depurazione, uno dei requisiti per il licenziamento era la relazione che doveva presentare un parroco sul modo di insegnare del maestro….Le ragioni della persecuzione furono molte: invidia, gelosia, intenzione di riportare il paese al periodo precedente alla riforma con le grandi sperequazioni fra chi a malapena frequentava le prime classi e chi si diplomava e laureava. I maestri e le maestre impersonavano, nella Spagna rurale e profonda, l’immagine stessa della Repubblica impegnata nella lotta contro l’analfabetismo. I maestri repubblicani furono prima di tutto lottatori impegnati contro l’arretratezza endemica dei paesi in cui operavano. Non solo insegnavano a scuola agli alunni, ma anche ai loro genitori a coltivare i campi, a rimboschire i monti, a curare le malattie degli animali e spesso delle persone. Davano consigli nelle contese, riconciliavano i vicini, redigevano le “carte” con cui le persone semplici cercavano di difendere i loro diritti nei confronti della lontana, onnipotente e temuta Amministrazione…’ (Maria Antonia Iglesias, ‘Maestros de la Repubblica- los otros santos, los otros martires’ la esfera de los libros, Madrid, 2006)
Decine di migliaia di persone hanno
vissuto circa mezzo secolo come appestati, in un autentico ghetto morale e
civile, soffrendo il disprezzo e l’ostilità dei vincitori, isolati, perché anche
i vicini si tenevano alla larga per paura. Erano una categoria di ‘intoccabili’
in pieno secolo XX in Europa, e non potevano nemmeno parlare e confidarsi tra
loro per paura delle conseguenze.
La figlia di uno di questi maestri, maestra a sua volta, nel libro citato
racconta: ‘Quando ho conosciuto Covadonga (figlia di un altro maestro
fucilato e maestra anch’essa) siamo state un anno e mezzo lavorando porta a
porta, uscendo durante gli intervalli, parlando di bambini, di piatti, di
lezioni, di qualsiasi cosa, e non ci siamo mai detti una parola; eppure avevamo
avuto fra tutte e due cinque morti…’
Migliaia di spagnoli ‘intoccabili’, pur convivendo, si nascondevano
reciprocamente la loro storia personale per timore. Molti arrivarono a pensare
che essere stati repubblicani era un tremendo peccato dei loro genitori.
Ma si trattava di peccato?
Spiega la Iglesias nel suo libro che raccoglie storie di dieci maestri e maestre
fucilati in quella epoca che, nel periodo della Repubblica, il maestro divenne
il riferimento sociale e politico del paese. Era il più rispettato e
riconosciuto da parte delle autorità. Arrivavano da lui in frequenti e generose
visite le Missioni pedagogiche, cariche di libri e di materiali didattici
gratuiti. E il parroco passò in secondo piano, rifugiato nel suo feudo
parrocchiale.
Per questo la trasparenza dei fatti a nulla valse per evitare il supplizio; una
verità che la Chiesa della Crociata tentò di occultare e manipolò
deliberatamente. Perché la verità è che la maggioranza di quei maestri che
servirono lealmente la repubblica nelle loro scuole, erano credenti, e, molti di
loro, cattolici ferventi….Uno di essi ad esempio nascose in casa il crocifisso
che la nuova legislazione lo aveva obbligato a togliere dalle pareti della
scuola. E ce ne furono che morirono con un crocifisso tra le mani…. Nonostante
le leggende della propaganda franchista, testimoni sopravvissuti dichiarano che
mai indottrinarono i loro alunni contro la religione.
Pur avendo tolto il crocifisso dall’aula, diversi di quei maestri continuarono a
insegnare religione a quelli dei loro alunni che lo desideravano.
I fautori della Crociata decisero a
priori che i maestri repubblicani erano atei, blasfemi, nemici dei preti e della
religione.
Un parroco arrivò a denunciare 67 suoi parrocchiani. Bastava la dichiarazione di
‘di idee marxiste, ateo, non viene alla messa’ per mandare a morte un maestro.
Il danno forse maggiore fu il clima di odio, di connivenza, di disprezzo, di
terrore che si creò negli anni che vennero definiti ‘del silenzio’.
Due film recenti, ‘La lengua de las mariposas’, e ‘Los girasoles ciegos’,
ricostruiscono con forza il clima, i sospetti, le delazioni, le compromissioni,
i voltafaccia, la corruzione delle coscienze per lunghi anni.
E un bel documentario curato da ricercatori dell’Università della Cantabria, ‘La
escuela fusilada’, raccogliendo le testimonianze di figli delle vittime, ci
rivela anche che, all’arrivo in un paese, quando il maestro era fuggito in
precedenza, i falangisti si sfogavano sull’edificio, prendendo le finestre a
colpi di fucile e distruggendo quanto era all’interno. L’ho personalmente
constatato visitando anni fa Bascones, un paesino disabitato in provincia di
Burgos nella valle dell’Ebro, bombardato dall’aviazione italiana nel 1937, la
cui scuola è diroccata e semidistrutta.
Ma la nostra scuola statale non è anch’essa, da un anno a questa parte,
‘bombardata’ simbolicamente e i suoi operatori ‘fucilati’ di fronte all’opinione
pubblica, additati al pubblico disprezzo quali fannulloni?