(25.04.2009)
A proposito
del discorso tenuto dal Papa
ai docenti di religione cattolica il 25 aprile
di Reginaldo Palermo
E’ arduo (e forse un po’ da presuntuosi) commentare un intervento del
Papa, quindi mi limiterò ad alcune brevi riflessioni che devono essere lette più
come interrogativi che come una “risposta” al
discorso che Benedetto XVI ha tenuto nel corso dell’udienza concessa ai
docenti di religione cattolica nella giornata del 25 aprile.
Il Papa ha esordito affermando che “l’insegnamento della religione cattolica
è parte integrante della storia della scuola in Italia” e che “l’insegnante di
religione costituisce una figura molto importante nel collegio dei docenti”.
E ancora: “L’altissimo numero di coloro che scelgono di avvalersi di
questa disciplina è il segno del valore insostituibile che essa riveste nel
percorso formativo e un indice degli elevati livelli di qualità che ha
raggiunto”.
Il Papa ha anche richiamato un proprio precedente discorso tenuto a Verona
nell’ottobre 2006 in occasione del Convegno ecclesiale quando toccò la
"questione fondamentale e decisiva" dell’educazione, indicando l’esigenza di
"allargare gli spazi della nostra razionalità, riaprirla alle grandi
questioni del vero e del bene, coniugare tra loro la teologia, la filosofia e le
scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e della loro reciproca
autonomia, ma anche nella consapevolezza dell’intrinseca unità che le tiene
insieme"
“Con la piena e riconosciuta dignità scolastica del vostro insegnamento - ha ancora detto il Pontefice - voi contribuite, da una parte, a dare un’anima alla scuola e, dall’altra, ad assicurare alla fede cristiana piena cittadinanza nei luoghi dell’educazione e della cultura in generale. Grazie all’insegnamento della religione cattolica, dunque, la scuola e la società si arricchiscono di veri laboratori di cultura e di umanità, nei quali, decifrando l’apporto significativo del cristianesimo, si abilita la persona a scoprire il bene e a crescere nella responsabilità, a ricercare il confronto ed a raffinare il senso critico, ad attingere dai doni del passato per meglio comprendere il presente e proiettarsi consapevolmente verso il futuro”.
Come si può constatare un intervento a tutto campo quasi a rivendicare una sorta di supremazia della disciplina della religione cattolica rispetto ad altre (come leggere diversamente la sottolineatura del ruolo che i docenti di religione svolgono – o dovrebbero svolgere - nel collegio dei docenti ?)
Un punto interrogativo lo porrei anche sull’elevata
adesione alle lezioni di religione cattolica: personalmente credo che una parte
non secondaria la giochi anche il conformismo delle famiglie e il timore -
soprattutto nell’infanzia e nella primaria - che il bambino si trovi a disagio
dovendo far parte di uno sparuto gruppetto che segue le attività alternative.
Le affermazioni del Sommo Pontefice che più di altre suscitano però in me
qualche dubbio sono quelle che riguardano il tema della “ricerca della verità”.
Non metto in discussione la legittimità dell’idea della Chiesa che
l’insegnamento della religione contribuisca alla ricerca del vero e del bene, ma
ho il timore che le parole di Benedetto XVI possano essere portate alle loro
estreme conseguenze giustificando la tesi che la scuola debba insegnare la “verità”.
Forse la mia formazione culturale mi condiziona, ma ho qualche dubbio che esista
una verità che debba essere in qualche modo “scoperta” dall’uomo e che la scuola
debba a sua volta indicare il percorso per raggiungerla.
Mi piace di più pensare a “ipotesi” provvisorie da mettere a confronto con i
fatti verificandone di volta in volta i limiti di applicabilità.
Ma, lo ripeto, questi sono solo punti interrogativi che non hanno nessuna
pretesa, se non quella di stimolare qualche riflessione.