(16.09.2009)
Il "disegno"
della Gelmini
di Cinzia Mion
Ho letto con grande sconcerto, ed
oserei dire con indignazione, una dichiarazione del ministro Gelmini, in una
intervista sul Corriere della Sera dal titolo ”Via dalla scuola i prof. che
fanno politica”.
La frase che mi ha colpito è la seguente: ”ci sono alcuni dirigenti e
insegnanti che disattendono l’attuazione della riforma. Ad esempio vogliono
mantenere il modulo anche se il modulo è stato abolito per il passaggio al
maestro unico prevalente. Questo significa far politica a scuola e questo non è
corretto. Se un insegnante vuol fare politica deve uscire dalla scuola e farsi
eleggere…”
Innanzitutto vorrei dire al Ministro che questa dichiarazione è molto grave
perché è in contraddizione con la Legge sull’Autonomia delle scuole, che ha
avuto riconoscimento e dignità costituzionale e che lo stesso ministro richiama
in premessa in ogni atto legislativo da lei emanato da quando regge il Ministero
dell’Istruzione. Questo significa che non ha approfondito le premesse oppure non
ha colto il significato profondo della Legge stessa?
Ricordiamo che l’autonomia organizzativa spetta alle singole scuole .
Ricordiamo inoltre che:
-la destinazione delle risorse spetta al potere centrale , sia nazionale che
regionale, sulla base della legge finanziaria e dei suoi vari parametri
rivisitati; ( la discrezionalità nella distribuzione delle stesse è un bel
giallo che meriterebbe maggiore trasparenza e di questo nessuno parla .Infatti
in alcune zone geografiche del Paese , vedi per esempio Milano, la scuola a
tempo pieno ha mantenuto grosso modo l’organico inalterato comprese le
compresenze, a Treviso invece, le scuole modulari insieme ai pochi tempi pieni
sono stati massacrati,…)
- l’utilizzazione delle risorse assegnate, ai fini di realizzare la migliore
offerta formativa in rapporto alle competenze professionali delle risorse
stesse, spetta ai dirigenti scolastici e ai rispettivi collegi dei docenti!
Stigmatizzare i dirigenti scolastici che
nell’organizzazione del loro lavoro tengono conto della necessità di impiegare
le competenze maturate negli ultimi vent’anni da parte dei docenti che, dalla
L.148 in poi, si sono specializzati in uno specifico ambito e per anni hanno
insegnato approfondendo questo, mi sembra, questa sì una posizione
ideologico-politica, condita da una pulsione autoritaria al comando e al
controllo, un po’singolare in una giovane donna come la Gelmini.
Bisognerebbe conoscere di più la scuola italiana prima di entrare a gamba tesa
in questo modo, conoscere la scuola significa anche capire che la sua gestione
è molto più delicata e complessa di un ministero militaresco, per cui gli
ordini diventano immediatamente esecutivi.
Fra l’altro le affermazioni suddette mi appaiono un triste autogol.
Quanto era stato strombazzato dalle fonti governative e dalla stampa di regime
che la riforma in questione rispondeva ad una taglio solo economico e che
sull’onda di questa terribile necessità dovevamo far buon viso a cattivo gioco ,
accettando quegli esiti che in vario modo hanno originato le proteste? Proteste
naturalmente e sistematicamente svalutate dal Ministro che rigidamente esclude
dalla sua percezione qualsiasi stimolo che potrebbe farla interrogare sul suo
operato
Il disegno invece è stato ideologico, dettato dal desiderio di rendere più
malleabili e facilmente adattabili i ragazzi attraverso un solo punto di vista,
attraverso pochi stimoli ad affrontare un pensiero più critico e riflessivo, per
forza di cose sull’onda di un minor tempo disponibile e sulla inevitabile
tuttologia del maestro unico-prevalente.
Il pensiero sollecitato a scuola sarà perciò massicciamente riflettente il
pensiero di altri e piuttosto lineare, in un’epoca però in cui il paradigma
della complessità ( piaccia o non piaccia ai sostenitori delle scorciatoie e
del pensiero sbrigativo e quasi sempre dogmatico) da vent’anni ha soppiantato
quello della logica binaria del paradigma della linearità.
La società docile che ha perso dissenso, come dice Nadia Urbinati, sarà
garantita ancora di più.
Tutto questo gabbato naturalmente per rigore e serietà e senza il diritto di
applicare, da parte di quegli operatoti della scuola, che padroneggiano per
fortuna determinate competenze professionalizzanti, le scelte autonome , frutto
di una riflessione psicopedagogica.