Direzione didattica di Pavone Canavese

(05.09.01)

Il ruolo delle tecnologie
nello sviluppo della globalizzazione
e del movimento antiglobalizzazione

di Rodolfo Marchisio

Del movimento antiglobalizzazione abbiamo già parlato in questo sito, anche se erano considerazioni "a caldo", dopo solo 1 giorno e mezzo dall’inizio delle manifestazioni, prima dell’uccisione del giovane, le violenze della polizia e della parte "nera" del movimento e delle forze dell’ordine. Ci torneremo, perché diversi aspetti, talora trascurati, vanno approfonditi in chiave politica, culturale ed educativa, ben oltre alle polemiche riportate dai media:

  1. Cosa sia veramente la globalizzazione e quali problemi planetari si stiano realmente prospettando, da parte di chi e a danno di chi.
  2. Cosa stia diventando il movimento antiglobal nelle sue varie forme non concordi e non cooordinate, ma in fase di crescita, speriamo non violenta
  3. Cosa stia succedendo in Italia e nel mondo con l’avvento di una ideologia neoliberista impersonata da governi di centro-destra, ma già prospettata dai governi precedenti come unica, ineludibile, strada di salvezza. Dimenticando però che accanto alle teorie economiche liberiste (peraltro mai applicate sino in fondo dagli stessi liberisti e che comunque non hanno mai funzionato) la borghesia aveva anche conquistato, con l’illuminismo, la rivoluzione francese e americana, anche tutte quelle libertà che vanno sotto il nome di "libertà di" (pensiero, espressione, opinione): le cosiddette libertà individuali, presenti nella nostra e in tutte le costituzioni occidentali.

Negate in questi giorni da un governo che non conosce la storia cui dice di ispirarsi.

Vorremmo invece iniziare a riflettere sul ruolo che le tecnologie, in particolare quelle della informazione e comunicazione (ITC) hanno sia nel processo di globalizzazione che nella storia, nello sviluppo, nelle dinamiche del movimento che vi si oppone.

a) Infatti è evidente che le ITC sono state il motore sia della New Economy, che del processo di globalizzazione, sia dal punto di vista economico, con la riduzione dei costi, lo spostamento della economia sui servizi e non più sui prodotti (dagli oggetti ai dati), sia dal punto di vista culturale e politico ( il cosiddetto mito del villaggio globale, la omogeneizzazione dei consumi, dei comportamenti sociali e delle culture). Senza tecnologie non c’è oggi sviluppo, anzi c’è chi sostiene che la tecnica ha oggi preso la mano alla scienza, cioè ai modelli teorici di riferimento. Che prima si fa e poi si pensa. Oggi, diversamente dal passato, prima si fa e poi si cercherebbe di spiegare con una teoria unificante quanto successo (vedi New Economy). Come nell’ottica delle ITC (immersione e pratica vs astrazione).
Anche se le tecnologie, per quanto potenti, non hanno mai fatto le rivoluzioni da sole, senza ideologie e forti interessi economici alle spalle. Basta leggere la storia delle precedenti rivoluzioni industriali.

b) D’altra parte senza ICT (simulazioni, rete e computer) non sarebbe stato possibile non solo sviluppare le novità scientifiche e tecnologiche di cui si discute, ma neanche studiare, documentare, discutere a livello mondiale, l’impatto delle novità sul sistema uomo e sul sistema terra: dai problemi del clima, a quello delle risorse e dell’energia e della loro ineguale distribuzione, al problema di scorie e rifiuti, alle biotecnologie ecc…
Quindi senza tecnologie non solo non ci sarebbe sviluppo, ma neppure controllo dello sviluppo.

c) D’altra parte, forse a riprova del fatto che le ICT non saranno neutrali, ma dipendono comunque molto dall’uso che gli uomini scelgono di farne, è indubbio che le stesse hanno costituito la rete, non solo tecnologica, su cui è cresciuto il movimento alternativo.

Ad iniziare dal manifesto che R. Nader fece pubblicare sul suo sito www.citizen.org nel 1997 sugli accordi fra governi per spianare la strada alle multinazionali nel mondo, proseguendo con la pubblicizzazione di varie forme di sfruttamento del lavoro anche minorile da parte delle grandi aziende (Nike), al dibattito sul transgenico, per denunciare "un centro di governo dell’economia mondiale non eletto da nessuno, autonominato dai potenti della terra, al di fuori delle regole democratiche" P. Citizen; quella che "Le Monde Diplomatique" ha definito "la dittatura dei mercati sul mondo".

Da qui nacque una rete di organizzazioni che comunicano sulla e attraverso la rete, discute su Internet, si fa conoscere e organizza.

Sono state contate circa 29.000 NGO (Organizzazioni Non Governative) a raggio mondiale (stime ONU); secondo altre stime, solo negli USA, si arriverebbe a 2.000.000, di varie tendenze politiche e che si occupano di vari problemi (dall’ambiente, alla tutela dei consumatori, alla difesa dei diritti, alla omologazione di colture e culture) intorno alla triade consumerismo – sindacalismo - ambientalismo.

Comprendendo anche il "terzo settore" (da noi chiamato "volontariato"), cui però negli USA si sono unite intere comunità religiose, potenti sindacati, a partire dagli anni 80. Organizzazioni forti e potenti, anche economicamente, come Amnesty, che collaborano a pieno titolo con l’ONU e le sue organizzazioni ( Unesco, Unicef….).

Tutte queste organizzazioni hanno trovato nella rete uno strumento di comunicazione, dibattito, lavoro e propaganda a basso costo e una rete che costituisce finora il solo debole tessuto organizzativo che le unisce.

Per un approfondimento dell’argomento e per una mappa dettagliata di organizzazioni e siti e sulla loro potenza mediatica e di documentazione, rimandiamo al ricchissimo articolo di G. Caravita "Se le formiche vanno in rete fanno tremare i signori di Sheattle", su Telema n.20, http://www.fub.it/telema/TELEMA20/Telema20.html

 Le speranze di molti sono comunque indirizzate ad una ecologia dello sviluppo, ad uno sviluppo "sostenibile" equo e solidale, che passi attraverso la limitazione, se non l’espropriazione dei neo-veteroliberisti dominanti; alla ricerca di un equilibrio fra l’uomo, le sue esigenze economiche, ma anche psicologiche, la sua flessibilità e le risorse, la flessibilità del sistema terra. Su ciò si trovano variamente e confusamente d’accordo centri sociali, ambientalisti, cattolici impegnati e volontariato laico e molti di quanti si impegnano in questi anni.

Osserviamo in conclusione che:

  1. questo enorme movimento è più che mai variegato, settoriale, scarsamente coordinato e non classificabile con le categorie politiche tradizionali (destra, sinistra, centro) cui tende a sostituire i problemi e la difesa dei diritti. Né con partiti, sindacati, strutture politiche tradizionali, con cui, soprattutto in Europa, ha rapporti contraddittori (forse anche perché tende a sostituirli nel tempo).
  2. Il collante sembra essere la lotta contro il governo non democratico dei paesi ricchi, delle multinazionali, dei potenti della terra (i "cyberlords") e l’idea (o l’utopia) di un governo più democratico e partecipato dei problemi globali
  3. Il tessuto che unisce questi cittadini del mondo, questa "nuova società civile internazionale" secondo la definizione di N. Chomsky in www.zmag.org sembra essere la rete come strumento di confronto, propaganda, lavoro, documentazione. E l’idea (forse la novità politica più feconda) che anche attraverso la rete valga la pena di combattere le ingiustizie e di riprendere la parola. D’altra parte, se il governo ha messo i campo a Genova tutte le più sofisticate tecnologie di cui disponeva (compresi i limoni finti), senza Internet, cellulari e televisione anche questo movimento non sarebbe mai arrivato alle manifestazioni (talora violente) ed alla evidenza politica attuale.
  4. Le ICT hanno permesso non solo di coordinare le azioni di piazza (e guerriglia) coi cellulari e la rete, ma hanno sorretto il dibattito preparatorio, la documentazione in tempo reale che è servita a controbilanciare la informazione ufficiale ed hanno costituito un esile rete di collegamento durante e di controinformazione dopo.
    Quindi gli antiglobal usano la rete come i global, ma il confronto e lo scontro si stanno spostando dalle piazze della rete alle piazze reali e virtuali

  5. La contraddizione, legata anche alle ITC, è che questa non è (ancora?) una lotta "dei" poveri della terra, ma "per" i poveri della terra. Non è ancora possibile, per ragioni culturali, di complessità, ma anche solo di possesso e poi di uso critico delle tecnologie, che "tutti i nuovi proletari del mondo" si uniscano attraverso Internet contro l’ennesima trasformazione, la più potente (anche grazie alle ICT) del capitalismo internazionale.
  6. Gli analfabeti non possono usare la rete e le ICT interattive, per 3 semplici motivi: 1- Non sanno leggere e scrivere. 2- Non hanno i mezzi finanziari e quindi le tecnologie. 3- Non hanno spesso luce o telefono. Oltre ad un problema (per ora nostro) di uso consapevole e critico (vedi Tv nelle favelas e bidonville di tutto il mondo)
    Allora la vera "connettività", che, come cambiamento culturale, sarebbe alla base della vera globalizzazione (De Kerkcove Telema 21/22 http://www.fub.it/telema/TELEMA21/Telema21.html ) è ancora da realizzare perché la globalizzazione non dovrebbe essere solo un fenomeno economico, ma anche di psicologia sociale.

    Al momento è una lotta illuminista, fra "borghesi", delle èlite o dei figli delle èlite dei paesi ricchi o dei paesi poveri. Ricorda le prime lotte degli anni 60 per gli operai in cui gli operai non c’erano. Sono arrivati alla fine del decennio. Il non aver saputo trovare una modalità di confronto (che non fosse l’uso della forza dell’ordine), uno spazio politico ed una bozza di risposta convincente, al complesso movimento di quegli anni, insieme ad altri complessi fattori (infiltrazioni e connivenze fra forze politiche, servizi e parti violente o estreme del movimento, paura del cambiamento forte rappresentato dalla saldatura delle forze cattoliche moderate e progressiste con quelle della sinistra, difficoltà a leggere in termini di complessità i problemi, ecc..) ha spinto molti dei giovani di allora nelle braccia del terrorismo. Spesso giovani di formazione cattolica, con una ipotetica cultura non violenta.

    Bibliografia essenziale.

  1. La rivista Telema ha dedicato al tema della globalizzazione un intero numero monografico( n.23 ) ricco e documentato, all’URL http://www.fub.it/telema/TELEMA23/Telema23.html
  2. Per una storia del movimento antiglobal vedi l’articolo citato di Caravita su Telema n. 20 all’URL http://www.fub.it/telema/TELEMA20/Telema20.html
  3. Sugli aspetti psicologici di massa della globalizzazione torneremo. Per iniziare segnaliamo l’intervento di Carotenuto sui numeri 20, 21/22, 23 all’URL www.fub.it/telema e quello di De Kerckhove già citato http://www.fub.it/telema/TELEMA21/Telema21.html

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