(05.09.01)
Il ruolo delle
tecnologie
nello sviluppo della globalizzazione
e del movimento antiglobalizzazione
di Rodolfo Marchisio
Negate in questi giorni da un governo che non conosce la storia cui dice di ispirarsi.
Vorremmo invece iniziare a riflettere sul ruolo che le tecnologie, in particolare quelle della informazione e comunicazione (ITC) hanno sia nel processo di globalizzazione che nella storia, nello sviluppo, nelle dinamiche del movimento che vi si oppone.
a) Infatti è evidente che le ITC sono state il motore sia della New
Economy, che del processo di globalizzazione, sia dal punto di vista economico, con la
riduzione dei costi, lo spostamento della economia sui servizi e non più sui prodotti
(dagli oggetti ai dati), sia dal punto di vista culturale e politico ( il cosiddetto mito
del villaggio globale, la omogeneizzazione dei consumi, dei comportamenti sociali e delle
culture). Senza tecnologie non cè oggi sviluppo, anzi cè chi sostiene che la
tecnica ha oggi preso la mano alla scienza, cioè ai modelli teorici di riferimento. Che
prima si fa e poi si pensa. Oggi, diversamente dal passato, prima si fa e poi si
cercherebbe di spiegare con una teoria unificante quanto successo (vedi New Economy). Come
nellottica delle ITC (immersione e pratica vs astrazione).
Anche se le tecnologie, per quanto potenti, non hanno mai fatto le rivoluzioni da sole,
senza ideologie e forti interessi economici alle spalle. Basta leggere la storia delle
precedenti rivoluzioni industriali.
b) Daltra parte senza ICT (simulazioni, rete e computer) non
sarebbe stato possibile non solo sviluppare le novità scientifiche e tecnologiche di cui
si discute, ma neanche studiare, documentare, discutere a livello mondiale, limpatto
delle novità sul sistema uomo e sul sistema terra: dai problemi del clima, a quello delle
risorse e dellenergia e della loro ineguale distribuzione, al problema di scorie e
rifiuti, alle biotecnologie ecc
Quindi senza tecnologie non solo non ci sarebbe sviluppo, ma neppure controllo dello
sviluppo.
c) Daltra parte, forse a riprova del fatto che le ICT non saranno neutrali, ma dipendono comunque molto dalluso che gli uomini scelgono di farne, è indubbio che le stesse hanno costituito la rete, non solo tecnologica, su cui è cresciuto il movimento alternativo.
Ad iniziare dal manifesto che R. Nader fece pubblicare sul suo sito www.citizen.org nel 1997 sugli accordi fra governi per spianare la strada alle multinazionali nel mondo, proseguendo con la pubblicizzazione di varie forme di sfruttamento del lavoro anche minorile da parte delle grandi aziende (Nike), al dibattito sul transgenico, per denunciare "un centro di governo delleconomia mondiale non eletto da nessuno, autonominato dai potenti della terra, al di fuori delle regole democratiche" P. Citizen; quella che "Le Monde Diplomatique" ha definito "la dittatura dei mercati sul mondo".
Da qui nacque una rete di organizzazioni che comunicano sulla e attraverso la rete, discute su Internet, si fa conoscere e organizza.
Sono state contate circa 29.000 NGO (Organizzazioni Non Governative) a raggio mondiale (stime ONU); secondo altre stime, solo negli USA, si arriverebbe a 2.000.000, di varie tendenze politiche e che si occupano di vari problemi (dallambiente, alla tutela dei consumatori, alla difesa dei diritti, alla omologazione di colture e culture) intorno alla triade consumerismo sindacalismo - ambientalismo.
Comprendendo anche il "terzo settore" (da noi chiamato "volontariato"), cui però negli USA si sono unite intere comunità religiose, potenti sindacati, a partire dagli anni 80. Organizzazioni forti e potenti, anche economicamente, come Amnesty, che collaborano a pieno titolo con lONU e le sue organizzazioni ( Unesco, Unicef .).
Tutte queste organizzazioni hanno trovato nella rete uno strumento di comunicazione, dibattito, lavoro e propaganda a basso costo e una rete che costituisce finora il solo debole tessuto organizzativo che le unisce.
Per un approfondimento dellargomento e per una mappa dettagliata di organizzazioni e siti e sulla loro potenza mediatica e di documentazione, rimandiamo al ricchissimo articolo di G. Caravita "Se le formiche vanno in rete fanno tremare i signori di Sheattle", su Telema n.20, http://www.fub.it/telema/TELEMA20/Telema20.html
Le speranze di molti sono comunque indirizzate ad una ecologia dello sviluppo, ad uno sviluppo "sostenibile" equo e solidale, che passi attraverso la limitazione, se non lespropriazione dei neo-veteroliberisti dominanti; alla ricerca di un equilibrio fra luomo, le sue esigenze economiche, ma anche psicologiche, la sua flessibilità e le risorse, la flessibilità del sistema terra. Su ciò si trovano variamente e confusamente daccordo centri sociali, ambientalisti, cattolici impegnati e volontariato laico e molti di quanti si impegnano in questi anni.
Osserviamo in conclusione che:
Le ICT hanno permesso non solo di coordinare le azioni di piazza (e
guerriglia) coi cellulari e la rete, ma hanno sorretto il dibattito preparatorio, la
documentazione in tempo reale che è servita a controbilanciare la informazione ufficiale
ed hanno costituito un esile rete di collegamento durante e di controinformazione dopo.
Quindi gli antiglobal usano la rete come i global, ma il confronto e lo scontro si stanno
spostando dalle piazze della rete alle piazze reali e virtuali
Gli analfabeti non possono usare la rete e le ICT interattive, per 3
semplici motivi: 1- Non sanno leggere e scrivere. 2- Non hanno i mezzi finanziari e quindi
le tecnologie. 3- Non hanno spesso luce o telefono. Oltre ad un problema (per ora nostro)
di uso consapevole e critico (vedi Tv nelle favelas e bidonville di tutto il mondo)
Allora la vera "connettività", che, come cambiamento culturale, sarebbe alla
base della vera globalizzazione (De Kerkcove Telema 21/22 http://www.fub.it/telema/TELEMA21/Telema21.html
) è ancora da realizzare perché la globalizzazione non dovrebbe essere solo un fenomeno
economico, ma anche di psicologia sociale.
Al momento è una lotta illuminista, fra "borghesi", delle èlite o dei figli delle èlite dei paesi ricchi o dei paesi poveri. Ricorda le prime lotte degli anni 60 per gli operai in cui gli operai non cerano. Sono arrivati alla fine del decennio. Il non aver saputo trovare una modalità di confronto (che non fosse luso della forza dellordine), uno spazio politico ed una bozza di risposta convincente, al complesso movimento di quegli anni, insieme ad altri complessi fattori (infiltrazioni e connivenze fra forze politiche, servizi e parti violente o estreme del movimento, paura del cambiamento forte rappresentato dalla saldatura delle forze cattoliche moderate e progressiste con quelle della sinistra, difficoltà a leggere in termini di complessità i problemi, ecc..) ha spinto molti dei giovani di allora nelle braccia del terrorismo. Spesso giovani di formazione cattolica, con una ipotetica cultura non violenta.
Bibliografia essenziale.