(14.01.99)
Facciamo il punto ...(*)
di Andrea Bagni
(*) l'articolo che qui proponiamo è in corso di pubblicazione sulla rivista Ecole. Ringraziamo l'autore dell'articolo e la direzione della rivista per la gentile autorizzazione ad utilizzarlo per le nostre pagine.
Compito ingrato scrivere, così a inizio danno, dello stato dei lavori nel frammentato cantiere scolastico.
Sono tante le zone in cui si lavora, poche quelle portate a un qualche compimento e nellinsieme non è che sia facilissimo riconoscere un disegno complessivo forse nemmeno entusiasmante la ricerca: limpressione è che la scuola reale costituisca un altro pianeta e abbia tuttaltri problemi.
Comunque linnovazione scende dallalto per molti rami che hanno velocità diverse: quelli che passano dal parlamento, rallentano assai.
1. Per cercare una logica e un filo conduttore conviene forse patire
dal "consolidato", cioè dalla riforma dellesame di maturità. Si
è infatti cominciato dalla fine.
In dicembre, a tempo di record, il ministro ha comunicato le materie oggetto della seconda
prova e quelle cui saranno assegnati commissari esterni. La famosa terza prova sta
nascendo presso il sito del CEDE, per ora per la verità distante anni luce dalla
didattica concreta di scuola; anche le prove suggerite come possibile alternativa al
vecchio "tema" ditaliano sembrano fatte apposta per farlo rimpiangere: una
serie infinita di domande di "comprensione del testo" anguste o piattamente
nozionistiche, spesso straordinariamente banali.
E nelle scuole per forza di cose si torna a discutere di valutazione. Malissimo.
Provveditori e ispettori hanno "istruito" presidi e "referenti
docenti", che a loro volta hanno convocato in aggiornamenti paraobbligatori gli
insegnanti delle classi "terminali".
Limpressione è che a partire da un aspetto anche piuttosto marginale della riforma,
il sistema dei crediti scolastici e formativi, la burocrazia ministeriale stia in
realtà cercando di introdurre una sorta di riforma della didattica, e poiché si deve
valutare sulla base di conoscenze-competenze-capacità (ma davvero qualcuno sente
il bisogno di queste formulette a scuola?), intorno alle mitiche "TRE-C"
bisognerebbe costruire fin dallinizio prove e misure, magari con un voto specifico
per ogni voce, da combinare poi nella valutazione sommativa. Insomma dalle medie ai
crediti, dai punteggi ai punti, dalle prove strutturate alloggettività: tutto
preciso e calcolabile. Lantico "sogno" pedagogico che ritorna, che non
muore mai
Inoltre la terza prova sembra obbligare i consigli, per non discriminare gli studenti
privatisti, ad esplicitare fin da novembre contenuti, metodi, tipologie di prove e
percorsi interdisciplinari: il risultato rischia di essere un ulteriore irrigidimento
della didattica delle classi finali (senza considerare che la presenza di commissari
esterni magari di scuole vicine cioè "rivali" continuerà a
frenare la possibilità di svolgere programmi "troppo particolari" perché
non-si-sa-mai-chi-viene).
2. Intanto le conferenze provinciali hanno definito i piani per il dimensionamento
ottimale degli istituti futuri autonomi; le regioni alla fine di febbraio decideranno in
merito. Si sono contati gli studenti, confrontati con i minimi e i massimi autorizzati
(soprattutto con i minimi, ai massimi si può sempre derogare
); si sono decise
soppressioni, accorpamenti, orizzontalizzazioni e verticalizzazioni. Altri calcoli. Da
vedere quanto coerenti rispetto a unidea di scuola (costruzione di sapere,
relazioni, ricerca) e quanto invece mere "razionalizzazioni" di spesa o
dingegneria organizzativa.
Bisogna certo stare attenti a non "ideologizzare" troppo intorno al mosaico
delle iniziative di riforma, ma la filosofia di fondo pare una sorta di decentramento-tecnicizzazione
dellistituzione scolastica. E anche del fare scuola. La stessa autonomia didattica
che dovrebbe essere il cuore di ogni processo formativo, nel senso della libertà,
reversibilità e "leggerezza" del lavoro sul sapere nei rapporti di classe
rischia paradossalmente di rovesciarsi nel suo contrario, una volta assegnata tutta
(e codificata, programmata, integrata funzionalmente) a livello distituzione
scolastica complessiva. Perdipiù sembra che il nuovo contratto preveda che i progetti
formativi dei singoli istituti debbano essere approvati dai nuclei provinciali di supporto
allautonomia, con una assai bizzarra nozione di supporto e una concezione
"sotto tutela" dellautonomia stessa.
3. Integrato è unaltra delle parolette magiche che
pullulano nel lessico della riforma.
Oltre allormai esplosa discussione sulla parità fra pubblico e privato, si
ripropone con forza nel "nuovo patto sociale" firmato nel dicembre scorso un sistema
integrato di istruzione e formazione professionale.
Chiaro che quelle 52 pagine che rinnovano i famosi "accordi di luglio" sono,
soprattutto laddove si parla di formazione e occupazione, un semplice annuncio di vaghe
(non buone) intenzioni, assai poco significative. Ma linsistenza su questo
vocabolario segnala un modo di guardare alla scuola quasi esclusivamente tecnico
organizzativo e alla fine astratto. Manca una riflessione seria su che cosè la
formazione professionale oggi e che senso ha nella nuova società postfordista (e forse
postlavorista); e si finisce per cercare di riproporla, magari addirittura per
lespletamento dellobbligo (altro antico sogno democristiano) quando di fronte
al crescente bisogno anche confindustriale di una più diffusa e profonda formazione di
base, andrebbe spostata in avanti nei percorsi e nettamente subordinata alla scuola.
4. Se poi si va a vedere il disegno di legge unificato di riforma
degli organi collegiali, limpressione di un processo di
tecnicizzazione burocratica della scuola si fa ancora più forte. A parte che il testo che
sta circolando (vedi: www.eponet.it/pavonerisorse) ha passaggi difficilmente
comprensibili non si capisce bene nemmeno se gli studenti permangono nei consigli
di classe che diventano "articolazioni del collegio docenti" è tutto il
progetto ad essere attraversato paradossalmente da una delega amplissima al regolamento
distituto (perfino la permanenza in carica del consiglio dellistituzione)
e insieme da un proliferare di staff, coordinatori, comitati (centrale naturalmente quello
di valutazione), organismi di coordinamento dei coordinatori etc. Aleggia lansia,
qui come altrove, di creare una qualche struttura gerarchica che permetta di
premiare i migliori fra gli insegnanti e garantire la qualità della scuola (poi pubbliche
o private non farà differenza).
Sono state anche scelte in dicembre le cento scuole che sperimenteranno questanno un
sistema di valutazione della qualità degli insegnanti. Molti istituti hanno chiesto di
partecipare spesso con la ragionevole intenzione di limitare i danni, tuttavia il problema
di come costruire una valutazione oggettiva, non discrezionale e non puramente
quantitativa o esterna alla didattica di classe (tipo presenza in commissioni,
aggiornamenti o attivazione di progetti), non si risolve semplicemente delegandolo alle
singole scuole. Ma forse il giochetto ministeriale non è privo di astuzia: alla fine il
tutto risulterà una decisione liberamente assunta dalla base
Daltra parte i presidi, dopo essere diventati dirigenti, nellapplicazione
della legge 626 sulla sicurezza, diventano addirittura "datori di lavoro".
Allora ben vengano le RSU distituto (che chissà se saranno state elette,
finalmente, in gennaio) ma con la consapevolezza che di presidi di scuola si tratta
(caratterizzata da organi collegiali di governo e lavoro dipendente ma non subordinato) e
non di imprenditori qualunque. Nellinteresse stesso dei presidi, da non ridurre a
manager o impersonali gestori di sistemi complessi, lontani da bambini e bambine, ragazzi
e ragazze.
5. Alla fine il grande progetto presente-assente nel cantiere berlingueriano finisce per rimandare al documento del gennaio di due anni fa, sulla riforma dei cicli. Lì, più che nello stringato disegno di legge, era già evidente un approccio fortemente professionalizzante alla scuola, insieme allanticipazione delle scelte dindirizzo formativo per i giovani. Lì anche un modello di integrazione scuola-lavoro fondato sulla segmentazione della didattica e la flessibilità "componibile" della formazione, a immagine e somiglianza del mercato del lavoro postscolastico; quando sarebbe necessario piuttosto il contrario: una formazione aperta ma solida e dai ritmi anche lenti, per gestire la mobilità o meglio la precarietà del lavoro, il tempo reale della comunicazione. Gestirla attraverso lapertura delle biografie e non linfinità adattabilità agli uffici di collocamento. Una formazione certo non solo libresca e "verbale" ma capace di riconoscere corpi mani emozioni; comunque cosa del tutto diversa dal fare esperienze variegate di assaggi di un po di tutto, studiando da lavoratori ultrasubalterni (perfino nel tempo della riproduzione) o da consumatori "dipendenti" di giochetti e supermercati.
6. Però attraverso gli istituti circola anche altro. Sotto il cantiere, negli interstizi del sistema, vivono bene o male esperienze dinsegnamento ad esempio quelle che hanno trovato espressione nello strano movimento che ha prodotto Buone notizie dalla scuola e che si è dato un nuovo appuntamento a Roma per il 13-14 febbraio - nelle quali è contenuta unaltra teoria, che per essere spesso senza voce "ufficiale" non è meno profonda; una possibile grammatica intrecciata con la vita, le relazioni, la politicità della scuola, per una possibile riflessione sulla formazione né di famiglia né di mercato né di controllo tecnico del processo. Lidea di scuola come ambiente leggero, pubblico, "biologico" di formazione. Luogo di costruzione di sé e del mondo.
E poi il 19 dicembre c'è stata la manifestazione contro il finanziamento della scuola privata cresciuta intorno allappello di Critica Liberale. Non si è trattato, mi sembra, di una manifestazione solo di addetti ai lavori: quella specie di felicità pubblica che si sentiva (anche oltre il semplice piacere del ritrovarsi, pure tuttaltro che da disprezzare di questi tempi), era il segno di un grande amore civile e diffuso verso la scuola; per un luogo della società dove accanto a irreggimentazione, controllo, trasmissione burocratica di contenuti e voti continua ad esistere ed essere percepita una dimensione più libera della crescita personale, non misurabile solo in termini di valore aggiunto alla fine del processo, ma come valore duso di un sapere individuale e condiviso, che ha senso (anche economico) perché è "gratuito" e si costruisce in un confronto aperto, attraverso il riconoscimento reciproco di ragazzi e ragazze, di uomini e di donne. Un incontro e anche un conflitto fra generazioni intorno ad una tradizione, un sapere ed un ethos che è bene continuare a costruire e difendere, se non altro come possibilità e come orizzonte, anche contro lesistente.