(24.06.2009)
Tra panini e
bibite nelle scuole romane spuntano i preservativi
Quando la sessualità viene
ridotta a genitalità nella nostra società iper-erotica
di Luigi Mariano Guzzo
Piccola precisazione tecnica: non siamo in un centro commerciale. Ci troviamo in una scuola superiore. A destra c’è il distributore delle merendine. A sinistra quello delle bevande. E al centro ci sono i profilattici. In effetti, parliamoci chiaro, agli studenti romani un “palloncino” tra una cola e una pizzetta può sempre essere utile. Magari si può trovare così la giustificazione adeguata per saltare l’interrogazione di latino.
Insomma
l’idea della giunta provinciale romana di munire, dal prossimo settembre, gli
istituti superiori con distributori automatici di profilattici è veramente
d’avanguardia. C’è da chiedersi come mai non sia venuta in mente prima a qualcun
altro. Anzi, a dire il vero, già tempo addietro c’era stato chi aveva avuto il
lampo di genio. Ma abbiamo dovuto aspettare l’anno di grazia 2009 si prendesse
una decisione concreta. Finalmente … la scuola italiana potrà trovare il giusto
equilibrio. I docenti sono stanchi e demotivati, gli studenti sbeffeggiano i
professori ormai pure su internet, le strutture crollano sulla testa dei ragazzi
, però non bisogna preoccuparsi. Da oggi con i preservativi nelle classi tutto
cambierà. Uno solo sarà il motto dei nostri istituti: “libero amore in libera
scuola”. Evvai .
Ma davvero è tutto rosa e fiori? Non proprio. Anzi, per niente.
Andiamo con calma. Il Vicariato di Roma in un comunicato firmato dal cardinale
Agostino Vallini prende subito le distanze dalla iniziativa della provincia
capitolina. Riguardo la decisione dei distributori automatici di profilattici
“la mozione, variamente commentata non può trovare consenso nella comunità
ecclesiale di Roma e nelle famiglie cristiane seriamente preoccupate
dell’educazione dei loro figli”. “Riteniamo –continua il cardinale Vallini- che
la strada maestra resta l’educazione alla responsabilità delle persone,
specialmente dei più giovani, nell’uso della sessualità, che è un dono
dell’amore di Dio; alla valorizzazione del proprio corpo e di quello dell’altro
nell’ottica del dono disinteressato di sé”.
Se veramente a scuola si vuole con serietà affrontare l’educazione alla
sessualità (mi chiedo perché nessuno parli mai però di educazione all’amore o di
educazione all’affettività!) l’idea del distributore di profilattici certamente
non è delle migliori. In questo modo infatti “si equiparerebbe la sessualità
alla sete, al gusto e alla fame, che bisogna sedare come si seda la sete
ricorrendo ai distributori di bibite e di snack. Mentre la sessualità impegna
l’amore e il senso della vita”, come spiega il teologo moralista Mons. Ignazio
Schinella.
Da un lato l’amore e dall’altro la vita. Se la sessualità diventa una pura e
semplice mercificazione egoistica del proprio corpo si svuota delle sue due
proprietà essenziali e diventa immatura, inconsapevole e incosciente. Priva di
significato.
Purtroppo siamo immersi in una società pervasa da una cultura “iper-erotica”.
La televisione e i giornali non fanno altro che parlare di sesso. Persino la
politica non è da meno. In un simile contesto la sessualità risponde soltanto
alla semplice “genitalità”, all’atto sessuale in sé. Eppure, afferma Gimmi
Rizzi nel libro “Voglio imparare ad amare” (Elledici, 2005), “la sessualità non
è questione di tecnica, è invece invito forte ad imparare l’arte di amare.
Mentre la tecnica è qualcosa di meccanico, freddo, sempre uguale, che si impara
velocemente, l’arte è qualcosa di personale, originale, che si apprende solo con
il tempo e con dei maestri”.
Bisogna insegnare ai giovani a prendere confidenza con il proprio corpo e a
relazionarsi con l’altro. Amare significa anche essere temperanti, attendere,
stare calmi, per scoprire la ricchezza della “unicità della donazione sessuale”
in quanto, continua Mons. Schinella, “una consegna sessuale totale impegna una
responsabilità per l’altro partner in modo che non venga mai degradato ad
oggetto o a mezzo dei desiderio di uno dei due”. Si arriva così alla “bellezza
dell’atteggiamento verginale nei confronti di ogni persona, il valore di una
relazione che non si pone come rapporto di possesso, ma di donazione gratuita e
disinteressata”, afferma don Giuseppe Silvestre, teologo e giornalista, nel
volume “Ordine e Matrimonio: sacramenti del servizio sponsale” (Editoriale
Progetto 2000, 2008),
La
decisione della giunta provinciale di Roma quindi non è un problema di essere
cattolici o meno. Di essere bigotti o progressisti. Di essere a favore o contro
i profilattici, senz’altro utili per un rapporto sessuale “sicuro” e “protetto”.
E’ una questione di educazione e responsabilità. La scuola non può far passare
l’idea che per un rapporto sessuale basti acquistare un preservativo come si
compra una bottiglia d’acqua o un panino. Le istituzioni scolastiche non devono
lavarsi le mani davanti la società del “tutto e subito”, delle veline e delle
letterine.
L’atto sessuale implica prima di ogni cosa l’amore che richiede affetto,
sacrificio, responsabilità, pazienza, tenacia e consapevolezza. La solitudine
dei giovani di oggi è causata da una mancanza effettiva di amore (non di sesso).
I ragazzi sapranno pure fare sesso, per un semplice piacere edonistico, ma non
sanno amare. Non riescono così a trovare il senso della vita. “L’uomo non può
vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua
vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non s’incontra con
l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa
vivamente”, scriveva il grande pontefice Giovanni Paolo II nella sua enciclica
“Redemptor hominis” (1979).
Educhiamo quindi, nelle famiglie come nelle scuole, i nostri giovani all’amore
vero per riscoprire lo stupore, la meraviglia e la magia dello schiocco di un
bacio, di una carezza, di due mani che si stringono, di due occhi che si
incontrano. Non è sesso. E’ l’Amore, bellezza!