(22.08.2012)
Quale futuro
per la scuola e per le scuole?
di Marco Barone
Parlerò ancora di
scuola non solo perché è il campo ove cerco giorno dopo giorno di conferire il
mio piccolo infinitesimale contributo per salvare la dignità sia del personale
scolastico che dell'idea , ora astratta, di scuola pubblica, ma anche perché la
scuola è l'essenza della democrazia.
Un Paese senza una scuola statale pubblica attiva e funzionante è un paese privo
di democrazia.
I primi collegi dei docenti sono già, in molte città italiane, calendarizzati.
Tra Lucifero e Beatrice per molti docenti il rientro formale a scuola è alle
porte, mentre per il personale ATA l'anno scolastico 2012/13 è già iniziato da
qualche giorno.
Vorrei parlare di un futuro per la scuola italiana.
Ma in verità, visto il quadro sociale, economico e normativo esistente, parlerò
di quale declino per la scuola pubblica italiana.
Un caos totale è alle porte.
Nomine in ritardo, scuole che ancora non sono a conoscenza del loro futuro
dirigente scolastico, reggenza o incarico di titolarità?
E questo dilemma è presente in molte realtà, anche in scuole a rischio, che
meriterebbero un percorso di continuità, di attenzione particolare, piuttosto
che veder riconosciute indennità di reggenza anche rilevanti, ma nessun
dirigente con la volontà di esercitare in quel dato luogo la titolarità.
Certo la colpa non è dirigenziale ma dello Stato che non dedica la giusta
attenzione a tale problematica ed abbandona i suoi dirigenti, che vorrei
ritornassero ad essere presidi e non manager, alle scelte individuali.
Eppure le scuole con posti vacanti a rischio in Italia non mancano mica ed
governo da un lato dice di voler investire nella dispersione scolastica, oppure
nel territorio a rischio, ma dall'altro la maggior parte di queste scuole
vedranno ogni anno mutare i dirigenti e spesso anche il personale docente.
La continuità è determinante sia per la conoscenza del territorio, sia per
realizzare un riferimento stabile per i genitori e gli studenti che per il
territorio ivi considerato.
Ma così non è.
Altro caos è certamente dato dalla mancanza di dialogo tra i vari ministeri, il
MIUR con il MEF od il dipartimento della Funzione Pubblica, vedi il caso delle
assegnazioni provvisorie o utilizzazioni, con i sindacati classici, che non sono
più in grado di far sentire la propria voce, una voce destinata a diventare solo
espressione di un silenzio di mera impotenza.
Perché il ruolo del sindacato, mi riferisco a quelle realtà che hanno il potere
di contrattare, potere che non è stato neanche difeso e rivendicato come nel
caso della deprecabile vicenda del personale così detto inidoneo, è solo quello
di divulgatore di notizie, tanto anche se il sindacato non è d'accordo i
provvedimenti normativi arrivano ugualmente.
Una scuola che è caratterizzata da un caos normativo incredibile, normativa
contro normativa, ma specialmente dalla settorializzazione, troverai docenti
precari lottare e rivendicare un diritto, i perdenti posto altro diritto che si
scontra con quello rivendicato dai precari, e così via dicendo.
Questo è un dramma, perché fino a quando ciascuno guarderà solo alla propria
posizione individuale,al famoso orticello di casa, e non guarderà al problema
complessivo, la categoria si dividerà in varie sotto-categorie, sempre più
divise e deboli, contrastanti e facilmente attaccabili e difficilmente
difendibili.
Insomma il punto è: chi difendere?
La scuola pubblica da difendere non esiste più.
La scuola pubblica deve essere costruita, edificata ex novo e si deve partire
subito unendo tutte le problematiche, da quella degli inidonei, a quella del
precariato, da quella dei perdenti posto o personale in esubero a quella delle
classi di concorso soppresse, dalle scuole a rischio alle pluri-reggenze, solo
in questo modo, unendo tutte le componenti sociali che vivono quotidianamente la
scuola, senza dimenticare non gli utenti, come vorrebbe il governo, ma coloro
che sono soggetti attivi nella costruzione della scuola, genitori e studenti,
per l'edificazione di una scuola pubblica degna di tal nome.
Se la scuola rappresenta nell'immaginario collettivo il termometro di un Paese,
ebbene la scuola Pubblica italiana ha una febbre alta, talmente alta che rischia
di farla perire da un momento all'altro.
Ed allora essendo un corpo malato deve essere certamente curato, ma con cure
degne di tal nome e non con un telo drappeggiante intorno al corpo, volto a
celare il corpo malato.
Non abbiamo bisogno di ministri che per proprio spirito di protagonismo devono
macchiare la scuola con marchi e riforme autoreferenziali.
No. Così come credo sia una sconfitta per tutti, per lo Stato prima di ogni
cosa, che la scuola sia diventata una macchina di ricorsi giudiziari e per molti
soggetti anche fonte di lucro.
Non è nelle aule di un Tribunale che si devono risolvere i problemi.
I problemi devono diventare il problema.
E se problema esiste, esisterà anche una soluzione, che dovrà diventare la
soluzione.
Altrimenti il rischio concreto è il declino irreversibile della scuola pubblica.
Probabilmente ciò è voluto da tempo, per favorire la logica della concorrenza e
del mercato, per far entrare i privati ed il business nelle scuole italiane nel
nome di quel sistema che giorno dopo giorno fomenta illusioni e disperazioni,
suicidi e crisi individuali e collettive che rendono l'individuo più debole ed
egoista.
Ripartiamo, senza perder tempo, dalla solidarietà e dalla coerenza volta ad
edificare la scuola pubblica, coerenza che escluderà per forze di cose chi è
stato complice del presente declino, uniamo i problemi per affrontare il
problema, non esiste alternativa.