Direzione didattica di Pavone Canavese

Tuttodirigenti

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(9.01.2003)

L'Associazione si allarga
per fare posto alle Alte Professionalità

L'ANP non delude mai. Parola di ANPista. E' capace anche in tempi mediocri di gettare il cuore oltre l'ostacolo e viceversa e approdare a soluzioni profetiche.

E' il caso dell'allargamento dell'Associazione - così come amiamo ancora chiamarci perché fa trend - alle Alte o Elevate Professionalità, deliberato nell'ultimo congresso di Dicembre.

Non siamo più ANP, ma ANPAP - o ANPEP, se più vi piace -.

Da dove questo gesto generoso, e coraggioso, di chiamare a noi le AP/EP - o "ceti professionali" della scuola, se preferite il lessico del nostro Presidente e ve ne fate spiegare il senso?

L'analisi ricognitiva - nel Documento finale - è di quelle che si accettano per fede, tanta è la lucidità razionale del percorso ricognitivo.

Punto 1: "il modello di direzione monocratico fondato sul ruolo formale e sul rapporto gerarchico di cui abbiamo antevisto la fine …non è più proponibile" (per gli altri).

Punto 2: "I sindacati tradizionali hanno fallito" sul fronte delle AP/EP; e, aggiungo io, hanno fallito in modo particolare i Confederali - e tra questi, indubitabilmente la CGIL scuola -. Loro sono in grado di "offrire solo una magra mancia", mentre noi potremmo affidarli nientemeno che all'On. Aprea e ottenere per loro da lei quello che noi abbiamo ottenuto quando ce l'ha promesso. Cioè miliardi e miliardi in parola. Punto 3 (implicito): i vicari e collaboratori non vedono l'ora di sganciarsi dai loro colleghi ad ogni livello e di fare nicchia con noi per sentirsi più amati e rispettati dagli altri insegnanti e per vivere il loro ruolo con maggiore serenità (la ricostruzione di un collegio docenti può bastare per cogliere la verità di questo assunto).

La strategia è chiaramente rubata - cum judicio - alla sinistra. Potremmo definirla dell'inclusione selettiva o anche della selezione inclusiva. L'importante è creare per le AP/EP - o API'/EPI' - - scenari di speranza, prospettando separazioni a perdere (con il resto della categoria) e nuove aggregazioni a vincere (coi Dirigenti Scolastici). E per noi, come ci ha ricordato il nostro Presidente nella replica al termine del dibattito congressuale, "più visibilità, più potere contrattuale, più peso politico". (Mica ci "allarghiamo" per niente).

Quindi, apertura al mondo della docenza, ma, ovviamente (ci mancherebbe altro), senza sbavature democraticistiche. Dovendo "di necessità (…) delegare funzioni strumentali", la scelta strategica è quella "di circondarsi [mai questa parola ci piacque tanto] di collaboratori di fiducia". E se qualcuno al nostro interno - certamente di doppia tessera - si era "allargato" esageratamente tanto da includervi le varie figure di organizzazione - comprese quelle espresse dal Collegio o sue articolazioni - ha avuto il suo "dimensionamento ottimale".

Ovviamente l'allargamento dovrà avere le sue regole. Sono in grado di comunicarvi in anteprima il Regolamento, per ora segreto, a cui dovranno sottostare le prossime - sia detto affettuosamente - "reclute" della nostra Associazione (sempre a crederci). Questi i primi quattro articoli:

  1. Gli aspiranti sono tenuti a baciare le mani al Dirigente Superiore all'atto dell'iscrizione.
  2. Gli stessi si impegnano a mettere a disposizione del loro dirigente scolastico due pomeriggi settimanali per il lavaggio della sua macchina (o, in alternativa, fargli la spesa o custodirgli il cane. Possono ovviamente scegliere. Ci mancherebbe altro. Si tratta, dopo tutto, di gente che può un domani diventare collega).
  3. Le AP/EP dovranno conservare nel portafoglio foto double face del Nostro Presidente di fronte a Valentina Aprea che sorride e di Valentina Aprea di fronte al Nostro Presidente che sorride.
  1. Per evitare che negli organismi dirigenti i DS siano in minoranza, il loro voto è per testa e vale il doppio, mentre quello dei collaboratori è per età e vale per chi non ha compiuto il 25esimo anno.

Le contropartite sono in ogni caso di grande momento. Nel documento finale si dice chiaramente che al vicario, ad esempio, si garantiscono "prospettive di crescita personale"; con ciò intendendo, con buona approssimazione, nell'ordine: assicurazione di letture importanti, sport formativi e vacanze corroboranti. Per la "crescita professionale", ci adopreremo invece "per la riattivazione fisiologica dei meccanismi di reclutamento ricorrente". E nessuno pensi male.

Come si vede, si prospettano obiettivi strategici di enorme portata che "postulano [per la nostra Associazione] una legittimazione ad agire anche in campo sindacale, in nome e per conto di questi colleghi…" (tanto per dire): che è un modo lineare e semplice per esprimere la lieta novella: la nuova ANPAP/ANPEP sarà il "tool" (traducete come vi pare) "per dare voce [la nostra, ovviamente] alle loro aspirazioni".

Per cogliere la qualità e l'intensità anche emotiva dell'investimento, si legga l'ultimo periodo del punto 3.4 del documento finale: "Anche in questo senso [che ci verrà spiegato fra quattro anni] avrà avuto un significato affiancare, nel motto di questo VI Congresso, un termine per noi carico di storia, con una parola d'ordine nuova, evocatrice, fascinosa, a patto di non svuotarla per il timore del domani: Autonomia e oltre". Dove - provate a rileggerla - c'è il Leopardi dell'Infinito, ma anche, a pensarci bene (ma molto bene), la Moratti della Legge Delega, ovvero dell'oltre l'autonomia. Per un ritorno felix al sano centralismo di un tempo.

PS. Di fronte alla ineffabile politica ministeriale - che ci garantisce sempre più risorse promettenti e prospettive motivanti - e al chiassoso strepitio dei Confederali (e della CGIL scuola in particolare), continua il silenzio coraggioso dell'ANP. Che richiama sempre di più alla mente il divertito comportamento di Totò nel mirabile sketch in cui il grande attore racconta ad un amico di un tale che lo scambia per un certo Pasquale e che lo riempie di botte apostrofandolo in tutti i modi. E lui che "sta al gioco" prendendo, sempre divertito, schiaffi e calci e domandandosi dove quel tale volesse arrivare. E all’amico che gli chiede esterrefatto il perché di tale comportamento, ricordate la battuta finale? "Che me frega. Non sono mica Pasquale".

Aristarco Ammazzacaffè

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