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In realtà dopo lo stanziamento dei fondi nella Finanziaria 2001 è calata una spessa cortina di silenzio sulle vicende contrattuali e ancora brancoliamo in una fitta nebbia. Un altro mese di sfibrante attesa, svanito in un nulla frustrante, privo di voci, mentre la gestione quotidiana negli istituti autonomi rischia di diventare insostenibile in questa interminabile ed incerta fase di transizione. Da una parte il drastico dimezzamento dei fondi ministeriali rispetto ai finanziamenti dello scorso anno che strangola i bilanci scolastici già asfittici. Non credo che si sia protestato a sufficienza nelle sedi istituzionali per questa prospettiva contraddittoria di autonomia senza risorse, per questa pretesa di celebrare le nozze con i fichi secchi sulle nostre spalle! Non credo che si sia protestato a sufficienza, inoltre, per la confusione e le incoerenze che sperimentiamo sui luoghi di lavoro tra diversi istituti normativi non ancora previsti o rinnovati (come nel caso degli organi collegiali) e vere e proprie disposizioni capestro (come nel caso dei flussi di cassa). La recente iniziativa di raccolta di firme promossa in proposito da Pavone Risorse è quanto mai meritoria. Dall'altra parte la perdurante frustrazione della nostra categoria si materializza nello scarto sempre più evidente fra la mole crescente degli impegni, dei doveri e delle responsabilità connesse alla figura dirigenziale che ci è stata riconosciuta sul piano giuridico dal 1° settembre scorso e la mancanza del Contratto che si traduce in un'intollerabile magrezza delle nostre retribuzioni rispetto al nuovo ruolo che esercitiamo.
Ciò che sconcerta non è soltanto l'intollerabile ritardo dell'avvio delle trattative che, dopo oltre un anno dalla data prevista, non vedono ancora in campo l'indispensabile atto d'indirizzo del Governo all'Aran. Le notizie di questi ultimi giorni ci informano che in attesa di questo documento le parti interessate si incontreranno, comunque, per definire alcuni istituti contrattuali e normativi. Le stesse notizie ci informano scarnamente che l'ANP - unico fra i Sindacati di categoria - ha presentato ufficialmente in Parlamento una proposta di emendamento alla Finanziaria che prevede l'aumento dello stanziamento per il nostro contratto da 200 a 300 miliardi. Ricordo che quest'ultima cifra è quella che permetterebbe di conseguire l'equiparazione del trattamento economico (al minimo) con le retribuzioni delle altre dirigenze del pubblico impiego.
Preoccupano sia l'ambiguità sia l'inerzia dei sindacati Confederali e dello Snals sul Contratto dei dirigenti. Nei loro siti web, con la parziale eccezione della CGIL, non compaiono tracce significative delle nostre istanze. Essi sono impegnati ad organizzare lo sciopero generale del 7 dicembre ma ancora una volta saranno preminenti le rivendicazioni dei docenti e verrà eclissata la specificità delle nostre posizioni. Anche questo sciopero si configurerà come lo sciopero degli insegnanti. Anche questo sciopero non sarà lo sciopero dei dirigenti scolastici. E se allo sciopero dei Confederali e dello Snals del 9 ottobre parteciparono poco più del 10% dei presidi e dei direttori didattici italiani a questo del 7 dicembre ne aderiranno probabilmente ancora meno. Ancora una volta l'ANDIS assumerà la posizione pilatesca di lasciare libertà ai propri iscritti di adesione allo sciopero ( si veda, in proposito, quel capolavoro di ambiguità costituito dal documento in occasione dello sciopero precedente).
Ci siamo chiesti più volte le ragioni di questi ritardi inammissibili, di queste assenze, di questo "assordante silenzio", di questa diffusa incertezza. Il motivo ormai è evidente: il nostro Contratto è sotto ipoteca. Sconta una specie di peccato originale, cioè il grave condizionamento di essere collegato, per inestricabile destino, al Contratto dei docenti. Finché non conosceremo l'evoluzione e l'esito del Contratto del comparto scuola non possederemo fondate previsioni sulla conclusione del Contratto dei dirigenti. Dovrebbe essere chiaro per tutti che i ritardi del Governo non sono tecnici ma di natura politica. Al Ministro della Funzione Pubblica basta una mezza giornata e non un anno per scrivere l'Atto di indirizzo all'ARAN per definire le coordinate giuridiche ed economiche del nostro Contratto. I comportamenti del Governo, invece, obbediscono ad una manifesta logica o tattica della dilazione. Siamo ancora sostanzialmente al punto di partenza perché un consistente aumento retributivo riconosciuto ai DD.SS. produrrebbe un effetto a spirale e avrebbe un inevitabile effetto di trascinamento (e di contestazione) sulle rivendicazioni salariali dei docenti.
La stessa ipoteca vige nel versante sindacale. Un amico dirigente scolastico mi ha confidato di recente che è stato invitato informalmente dal segretario provinciale del proprio sindacato autonomo a sciogliere l'iscrizione perché vuole "mani libere" nella rappresentanza degli interessi dei docenti. Si sono mai chiesti i colleghi direttori e presidi per quale arcano motivo nei documenti ufficiali e nelle piattaforme rivendicative delle OO.SS confederali e dello Snals non sia mai stata formalmente precisata la cifra esatta degli aumenti da rivendicare ma si sia sempre citata una indefinita equiparazione alle retribuzioni degli altri dirigenti del pubblico impiego? Si provi ad immaginare quante tessere verrebbero stracciate se i Sindacati dei docenti sostenessero davvero le legittime istanze dei dirigenti e scrivessero nero su bianco in documenti ufficiali che occorrono 25 milioni annui lordi di aumento per equiparare al minimo le nostre attuali retribuzioni con quelle delle dirigenze del pubblico impiego e se, soprattutto, minacciassero specifiche iniziative di lotta per realizzare questo risultato. Tutto ciò è stato fatto solo dall'ANP, che non sconta, però, alcuna ipoteca perché nella sua natura di sindacato figura una specifica e coerente tutela degli interessi dei DD.SS e non teme, quindi, di dover fare equilibrismi nella rappresentanza di interessi divergenti o, comunque, in conflitto.
In questa fase è necessario che i DD.SS. prendano consapevolezza della presenza vincolante di queste ipoteche che condizionano l'operato del Governo e dei Sindacati dei docenti e che si pongano nelle condizioni di svincolarsi dalle tradizionali appartenenze ideologiche che nel passato li spingevano in gran parte ad iscriversi ad un sindacato indifferenziato. Si pone, in altri termini, un delicato problema di rappresentanza degli interessi dei DD.SS. che sarà sempre più evidente ed esplicito quando, con le elezioni delle R.S.U. previste nel prossimo dicembre, il dirigente scolastico titolare delle relazioni sindacali all'interno dell'Istituto sarà identificato dai docenti, fatalmente ed oggettivamente sul piano giuridico, come controparte. Ipotesi, per inciso, che non deve spaventare ma che rientra nella normale e fisiologica dialettica delle relazioni sindacali nei luoghi di lavoro.
Insisto nel sostenere che occorre che i DD.SS. sappiano organizzarsi nella tutela di legittimi interessi, se non vogliono essere penalizzati e se intendono rifiutare di subire l'eventuale corporativismo di altri, scenario ed ipotesi purtroppo non lontani dal realizzarsi nelle attuali, incerte vicende contrattuali