(25.10.1999)
ANCORA SUI MEDIATORI CULTURALII mediatori culturali: oltre il pragmatismo un po di teoria
Enciclopaideia: uguaglianza e differenza. Una polarizzazione insanabile
Gli ambiti di un proficuo intervento della figura del mediatore.
Le competenze del mediatore culturale come operatore pedagogico
Andare oltre l'improvvisazione
Qualche settimana fa, ad un convegno, sono stato gentilmente presentato allassessore allIstruzione della città dove mi trovavo. "Ah, Tosolini - dice lassessora - .. ho già sentito il suo nome". E con gentile ironia aggiunge: "...non so dove: ma probabilmente ne ho sentito parlare non bene". Incasso con cortesia e aggiungo: "forse per via del centro Interculturale". Non lavessi mai detto: "Ah si, - è partita lancia in resta - bravi quelli del centro interculturale! Vogliono farmi pagare 40.000 lire allora i mediatori culturali! Ma che ci vuole, dico io: mettete insieme tutti i bambini provenienti dal Maghreb e insegnamoli litaliano. In quindici giorni è fatta....". Non ho retto oltre e mi sono gentilmente lasciato scivolare verso la vetrata abbandonando lo sguardo oltre le finestre, verso le brume di una pianura dolcissima alla vista ma così arida e spigolosa nella dura realtà di ogni giorno.
I mediatori culturali: oltre il pragmatismo un po di teoria
La figura deI mediatore interculturale o culturale, o linguistico-culturale è da
alcuni anni al centro della discussione dellazione educativa e sociale di matrice
interculturale.
Molte amministrazioni locali ne hanno fatto una bandiera, altre lo ritengono inutile. In
ambito scolastico alcuni ne vedono lassoluta utilità mentre altri lo ritengono
assolutamente inutile quando non sostitutivo dellinsegnante.
Dopo anni di sperimentazione è giunto dunque il tempo di provare a fermarsi a riflettere
organizzando i dati sin qui emersi in una proposta teorica. Magari con qualche ausilio
proveniente da studi comparativi sulle realtà e le esperienze di altri paesi.
In Italia pochi hanno tentato unoperazione di sintesi di questo tipo. Tra questi
certamente Graziella Favaro del Centro COME di Milano (in particolare per quanto riguarda
i mediatori linguisitici. Ne abbiamo già parlato recensendo il volume "Bambini stranieri a
scuola").
Uno studio più ampio è stato invece compiuto da Massimiliano Tarozzi che, sotto la guida
di Piero Bertolini, ha dedicato al tema dei mediatori culturali il proprio dottorato di
ricerca.
Ne è uscito un volume edito da CLUEB (Bologna, 1998) titolato
"La mediazione educativa. Mediatori culturali tra uguaglianza e differenza"La scuola di Bologna, dunque. Lapproccio fenomenologico - ermeneutico che si richiama a Piero Bartolini ed al gruppo di Enciclopaideia (tra le molte opere: Postprogrammazione di Gabriele Boselli e Nel tempo della pluralità. Educazione interculturale in discussione e ricerca a cura di Duccio Demetrio. In quest ultimo volume Tarozzi si era già cimentato in un saggio di Pedagogia Interculturale ove, malgrado una partenza molto critica e allattacco, si trova comunque costretto a inserire tra le direzioni intenzionali originarie - tanto care allimpianto fenomenologico - proprio quella dimensione interculturale che nella precedente riflessione fenomenologica era assente, cfr. Corso di pedagogia di scienze delleducazione curato da Bertolini per Zanichelli).
Enciclopaideia: uguaglianza e differenza.
Una polarizzazione insanabile
Il saggio di Tarozzi è certamente composito nella sua pretesa di abbracciare unampia parte delluniverso. Si va così da un interessante studio dellapproccio interculturale in Gran Bretagna ad un interessantissimo affondo epistemologico (cap. 2: Questioni di epistemologia interculturale. Il Padradigma fenomenologico e lesigenza della mediazione), da una analisi della figura del mediatore culturale tra realtà e progetto (cap. 3, con analisi dellesperienza francese oltre che britannica) ad una ricerca qualitatativa ed auto/biografica sulla figura del mediatore culturale (cap. 4).
Lassunto di fondo, come scrive Bertolini, sta nella insanabile antinomia della pedagogia interculturale presa tra due dimensioni:
uguaglianza e differenza.Cosa non è il mediatore
1. Il mediatore culturale non è lesperto di intercultura cui demandare tutto cio che concerne leducazione intterculturale e lintegrazione dei bambini non autoctoni2
. Non è pensabile che tutte le funzioni della mediazione siano svolte da una sola persona che peraltro dovrebbe possedere abilità e capacità illimitate.3.
Non è legittimo delegare in toto al mediatore il ruolo di agente, principale o esclusivo, del cambiamento sociale. Questo tipo di aspettativa, che diviene delegam è ancor più preoccupante in quanto indice di immobilismo o di disinteresse.4.
La mediazione cognitiva (ovvero la presenza costante di un mediatore culturale in una classe in cui vi siano molti bambini di etnica minoritaria ad affiancare il lavoro dellinsegnante) è una funzione non solo difficilmente realizzabile ma nemmeno auspicabile. Costruire uno spazio interattivo appropriato, come sostengono Favaro e Demetrio, è compito dellinsegnante, non di altri.5
. Non sembra auspicabile nemmeno la figura del mediatore come informatore, ovvero come colui che entra nelle classi con interventi sporadici per far conoscere la cultura di un determinato paese. E, in sostanza, il rischio di ridurre la cultura alla dimensione foklorica.6.
Il mito della imparzialità. Il rischio è che il mediatore si trovi tirato dalle due parti e di non riuscire a gestire questa difficilissima situazione.Gli ambiti di un proficuo intervento
della figura del mediatore.
1. Situazioni di emergenza. Spesso è il caso del lavoro di interpretariato nei confronti di ragazzi appena giunti da un paese straniero. Ma, trattandosi di situazioni limitate e a termine dovrebbero terminare una volta cessata lemergenza.
2. Funzione di back office. Non sportello e/o assistenza diretta ma consulenza ai responsabili dei vari servizi per tutto ciò che riguarda la fomrazione e laggiornamento degli insegnanti, lacquisto di materiali, lorganizzazione scolastica, le scelte strategiche, ecc.
3. Animazione interculturale. Attualmente questa figura è legata a interventi sporadici di carattere infomrativo. Si tratta di andare oltre giungendo alla figura dellanimatore culturale.
Le competenze del mediatore culturale
come operatore pedagogico
Quali le competenze (gli skills, come li chiama Bertolini in Lesistere pedagogico riferendosi ad ogni operatore pedagogico) del mediatore culturale come operatore pedagogico?
In sintesi:
1.
Consapevolezza dellinfinità del proprio compito. Da qui il senso del limite e dellimperfezione da trasformare in caratteristica positiva, maggiore consapevolezza e responsabilità nei confronti di ogni azione e decisione.2.
Competenza pedagogica: le relazioni che egli instaura sono sempre relazione educative e richiedono conoscenze ed abilità specifiche: tecniche della comunicazione, dellanimazione, della conduzione del gruppo, di identificazione personale, di tipo manageriale.3.
Una buona conoscenza della lingua italiana e di almeno una delle lingue veicolari dei gruppi etnici presenti sul territorio affiancata da buone capacità comunicative.4.
Capacità comunicative: il mediatore dovrà essere un costruttore di relazioni e un manutentore delle stesse.5.
Il mediatore dovrebbe appartertenere alla medesima etnia degli utenti a cui si rivolge6.
Il mediatore è capace di prevenire e di gestire i conflitti (come un diplomatico o un esperto di educazione alla pace)7. Il bagaglio professionale del mediatore culturale è costituito anche da
abilità individuali, sia naturali che culturali che, in quanto soggettive, sono di per sè inclassificabili ma costituiscono anche il tratto distintivo di un soggetto.Andare oltre limprovvisazione
Un identikit preciso, fondato epistemologicamente, frutto di uno studio attento ed approfondito su cui riflettere o con cui, per lo meno, fare i conti.Quello che normalmente non fanno assessori e/o politici e/o responsabili di processi formativi come quella dellaneddoto iniziale.
E si capisce perché poi siamo sempre nellemergenza.
O meglio all' improvvisazione.
Aluisi Tosolini