(30.04.2000)
La testa ben fatta.Un libro di Edgar Morin
Da diverso tempo intendevo suggerire ai lettori - compagni di viaggio di Pavonerisorse il
volume che Edgar Morin ha dedicato alla riforma dei saperi. Si tratta infatti di una
riflessione estremamente interessante sul senso del fare educazione oggi.
Il testo è appare una meditazione che si avvolge attorno a tre frasi, una di Eliot, una di Pascal ed una di Montaigne.
Eliot:: "
Dovè la conoscenza che perdiamo nellinformazione? Dovè la saggezza che perdiamo nella conoscenza?" A dire che oggi la sfida è la Babele di informazioni frammentate che servono solo per scopi tecnici ma che non riescono a fornire alcun senso complessivo, alcuna direzione, alcuna saggezza.Pascal:
"Dunque, poiché tutte le cose sono causate e causanti, aiutate ed adiuvanti, mediate ed immediate, e tutte sono legate da un vincolo naturale e insensibile che unisce le più lantane e le più disparate, ritengo che sia impossibile conoscere le parti senza conoscere il tutto, così come è impossibile conoscere il tutto senza conoscere il tutto?"Montaigne:
"E meglio una testa ben fatta che una testa ben piena".E la sfida della ipercomplessità, la sfida di una terra divenuta per ogni uomo comunità di destino anche se ognuno di noi fa una enorme fatica a percepire che "tutto si connette", che tutto è tessuto insieme.
Le sfide
Secondo Morin linsegnamento/educazione è oggi di fronte a tre sfide:
Raccogliere queste sfide significa procedere ad una "riforma dellinsegnamento che deve condurre alla riforma di pensiero e la riforma di pensiero deve condurre a quella dellinsegnamento" (pag. 13). Una proposta non programmatica ma paradigmatica.
La testa ben fatta
Ma come è una testa ben fatta? Morin sostiene che una tale testa è caratterizzata non dallaccumulo del sapere quanto piuttosto dal poter disporre allo stesso tempo di:
a) una attitudine generale a porre e a trattare i problemi
b) principi organizzatori che permettano di collegare i saperi e di dare loro senso.
La testa ben fatta va dunque al di là del sapere parcellizzato (e quindi al di là delle "discipline") riconnettendo sapere umanistico e sapere scientifico, mettendo fine alla separazione fra le due culture consentendo così di rispondere alle sfide poste dalla globalità e dalla complessità delle vista quotidiana, sociale, politica, nazionale e mondiale.
Si tratta cioè di "far convergere (sulluomo) le scienze naturali, le scienze umane, la cultura umanistica e la filosofia nello studio della condizione umana. Allora si potrebbe giungere a una presa di coscienza della comunità di destino propria della nostra condizione planetaria, in cui tutti gli umani sono messi a confronto con gli stessi problemi vitali e mortali" (pag. 44).
Si tratta di apprendere a vivere, di apprendere a trasformare le informazioni in conoscenza e la conoscenza in sapienza. E apprendere a vivere significa affrontare lincertezza (attrezzarsi - direbbe Salvatore Natoli - per dominare il caso, per portarsi allaltezza dellimprobabile rinunciando ad ogni pretesa di totalità disponendoci al viaggio, al transitare).
E apprendere a vivere è, da ultimo, apprendere a diventare cittadini, e cittadini "glo-cali": cittadini del proprio villaggio ma anche contemporaneamente del mondo fattosi villaggio.
Le proposte di Morin sono molteplici, espresse sempre con lucidità e poesia.
Ad esempio: quale viatico per imparare a vivere nellincertezza?
Il pensiero che interconnette
Si tratta dunque di coltivare il pensiero che connette e interconnette secondo sette principi:
Secondo Morin la riforma del pensiero è anche riforma "etica": del resto il pensiero che connette, proprio perché connette, è anche un pensiero ed una azione solidale: "Un modo di pensare capace di interconnettere e di solidarizzare delle conoscenze separate è capace di prolungarsi in una etica di interconnessione e di solidarietà fra umani" (pag. 101).
Il mestiere (e larte) dellinsegnare
Quale insegnante è prefigurato da questo mutamento di paradigma? Morin ne traccia un preciso identikit.
I tratti essenziali dellinsegnante sono (pag. 106):
Sono questi i punti necessari per uscire dal pensiero chiuso e parcellizzato, ripiegato su se stesso, sul proprio sempre più minuscolo pezzetto di puzzle.
E qui sta anche il ruolo chiave della riforma del pensiero e dellinsegnamento: si tratta di una necessità democratica. Formare cittadini capaci di affrontare i problemi del loro tempo; frenare il deperimento democratico che è suscitato in tutti i campi delle politica dellespansione dellautorità degli esperti, degli specialisti di tutti i tipi che limita progressivamente la competenza dei cittadini.
Un libro su cui discutere. Attualissimo come attualissime ed urgenti sono le sfide cui siamo chiamati a far fronte.
Edgar Morin, La testa ben fatta. Riforma dellinsegnamento e riforma del pensiero, Milano, Cortina Editore, 2000