(26.05.2003)
Immigrati in
Italia:
i dati del pre-rapporto Caritas 2003
2.395.000 sono gli immigrati residenti in Italia allinizio del 2003. Questi i dati forniti dalla Caritas Italiana che ha anticipato una parte del dossier immigrazione 2003 che uscirà, come ogni anno, ad ottobre.
Si tratta di 800mila persone in più rispetto al 2002 e ciò è evidentemente spiegabile con lentrata in vigore della legge Bossi-Fini e del correlato processo di regolarizzazione.
In totale le domande di regolarizzazione presentate sono state 702.101, così suddivise:
Nord ovest: 233.943;
Nord Est 132.291;
Centro 203.852;
Sud 111.216;
Isole 20.854.
Lincidenza sul totale della popolazione italiana è del 4,2%, un punto in meno rispetto alla media europea.
E tuttavia inesatto dire che la popolazione immigrata è aumentata in un anno dell11% solo in forza dei nuovi ingressi: probabilmente in circa la metà dei casi (152.533 soggiornanti in più rispetto al 2001) si è trattato di registrazioni tardive di persone che erano già presenti.
Le dinamiche regionali.
Nel confronto tra il numero di soggiornanti di fine 2001 e fine 2002 si rileva che:
- Valle dAosta, Lazio, Campania, Sicilia, Sardegna si collocano al di sotto della
media daumento:
- Piemonte, Lombardia, Molise, Basilicata con un aumento del 10-13% si collocano nella
media (+1%)
- Trentino Alto Adige, Friuli, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Calabria si
collocano oltre la media
- Campania e Puglia sono in diminuzione
Il forte impatto occupazionale dei lavoratori immigrati.
Nel 2002, un anno occupazionalmente tuttaltro che favorevole, secondo i dati INAIL le assunzioni dei lavoratori extracomunitari regolarmente soggiornanti sono passate a 659.847 nel 2002 (192.543 in più rispetto allanno precedente, quando erano 467.304) e incidono sul totale delle assunzioni per l11,5% (due punti in più rispetto al 2001).La forbice risulta molto allargata tra le diverse aree del paese e si va dal 4% del sud al 17,7% del Nord Est con punte elevatissime come nel caso di Bolzano 33% - e Trento 26%).
Cittadini stranieri imprenditori
I cittadini extracomunitari iscritti alle Camere di Commercio come titolari di imprese
sono 54.785. Di queste 17.000 sono imprese artigiane.
Osservando la diffusione delle imprese possiamo notare che il grosso delle stesse è
collocato a Milano (oltre 9000 imprese) e Roma (circa 5000 imprese).
A livello di nazionalità i dati raccolti da Union Camere e dalla Caritas segnalano una
forte presenza di marocchini (17.916 imprese, pari al 20% del totale) e cinesi (10.039,
pari all11,2 delle imprese totali)
I settori in cui si svolge limprenditorialità artigiana sono i più vari: si va dal
commercio al dettaglio (28%) allimpiantistica e alle costruzioni (19%). Tuttavia le
stesse tabelle della Caritas sono costrette a segnalare alla voce "altri
settori" ben il 41% delle imprese.
Il caso dei mediatori culturali
Alla voce "altri settori" sono inseriti anche i mediatori culturali. Al loro riguardo la Caritas segnala con forza il ritardo delle istituzioni italiane. Scrive infatti il rapporto:
"Una peculiare forma di imprenditoria è quella della mediazione culturale, che immigrati particolarmente preparati esercitano per far conoscere le loro culture e fungere da raccordo con il paese di accoglienza. La funzione è ad alta utilità sociale, specialmente quando i protagonisti sono in grado di ideare e condurre progetti, anche se non sempre sono sostenuti in questa loro propensione e sono spesso utilizzati come semplici esecutori raccordati a strutture pubbliche o associative italiane. Questi pionieri dellintegrazione faticano ad essere considerati su un piano di pari dignità, ad essere riconosciuti nella loro professionalità e ad essere valorizzati in accordo con le loro associazioni. ( ) Il discorso sullimprenditoria immigrata andrebbe utilmente esteso anche ai mediatori culturali"
Il dato di fondo: lassenza di una politica interculturale.
Il pre-rapporto della Caritas segnala dunque, come del resto fa ormai da diversi anni, che il dato di fondo è il seguente: i processi migratori stanno assumendo una portata sempre più strutturale nella società italiana anche se la richiesta di lavoratori immigrati non sempre trova un corrispettivo nella programmazione ufficiale e governativa. Il che spinge da un lato allimmigrazione clandestina e dallaltro ad una sorta di programmazione a posteriori (così infatti si possono definire le regolarizzazioni).
Il secondo elemento su cui insiste la caritas è che la presenza di un immigrato ogni 25 persone richiede una più consapevole politica da parte di tutti i poteri locali e centrali. Ciò significa investire maggiormente nelle politiche sociali (ed abitative in primo luogo) e nelle politiche culturali.
Per maggiori indicazioni si veda il sito www.caritasitaliana.it
Aluisi Tosolini