Direzione didattica di Pavone Canavese

Educazione interculturale: interventi, documenti e materiali

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(16.03.2004) 

RAPPORTO OCSE-SOPEMI 2003
Tendenze delle migrazioni internazionali

E’ stato presentato il 16 marzo 2004, presso il CNEL a Roma, il 28° Rapporto annuale elaborato dal sistema di osservazione permanente delle migrazioni dell’Ocse.

Il rapporto affrontale grandi tendenze delle migrazioni internazionali: ampiezza, natura e direzione dei flussi, ma anche presenza degli stranieri nel mercato del lavoro e nei diversi settori dell’attività economica.

L’edizione 2003 del Rapporto Ocse-Sopemi, inoltre, descrive le politiche migratorie, in particolare quelle miranti al controllo dei flussi, alla lotta contro l’illegalità, all’integrazione dei migranti e alla cooperazione tra Paesi di origine e Paesi di accoglienza. Sono analizzati anche gli aspetti regionali delle migrazioni e l’evoluzione nei singoli Stati.

Secondo il rapporto è la famiglia la prima causa che spinge ad emigrare. Se le migrazioni alla ricerca di un lavoro appaiono in crescita, quelle per motivi familiari restano prevalenti. Tra i fattori che portano a scegliere il Paese straniero o addirittura la regione di destinazione di un emigrante, infatti, al primo posto figura la presenza di membri della famiglia o di persone con la stessa origine, seguita dalla vicinanza con la patria e dalla situazione economica.

Gli stranieri rappresentano un importante segmento dell’occupazione in molti Paesi Ocse, coprendo, nel 2002, il 15-20% della forza lavoro in Australia, Canada, Nuova Zelanda e Stati Uniti, ma anche in Europa (43,2% in Lussemburgo, 21,8% in Svizzera, 9,9% in Austria, 8,9% in Germania, 8,2% in Belgio, 6,2% in Francia).

Anche l’economia italiana continua ad attirare immigrati. Nel 2001, quasi 232.900 permessi sono stati rilasciati a stranieri arrivati nel nostro Paese, contro i 155.300 dell’anno precedente. I nuovi permessi di lavoro sono stati 92.400, di cui 30.300 stagionali. Sono 1.362.000 gli stranieri regolarmente presenti nel nostro Paese.

Di questi, 803.000 sono venuti per motivi di lavoro e 773.000 risiedono al nord.

La maggior parte (564.000) è costituita da europei, ma crescono gli immigrati provenienti da Paesi extra Ue, soprattutto albanesi (27.900), rumeni (18.700) e marocchini (17.800). Il numero di stranieri espulsi è salito dai 130.800 del 2000 ai 133.600 del 2001. Inoltre, nel 2001, 13.300 persone hanno fatto domanda di asilo e 10.400 hanno acquisito la nazionalità italiana. Tra gli stranieri, infine, le nascite sono aumentate del 22,3%. Questi dati complessivi dell’Ocse vanno aggiornati tenendo presente che nel 2002 sono state presentate nel nostro Paese 704.113 domande di regolarizzazione. Se ai soggiornanti registrati all’inizio del 2003 (1.512.324) si aggiungono i regolarizzati e i minori a carico dei genitori, si arriva a un totale di circa 2,5 milioni di persone.

Lo studio è completato da un approfondimento sul caso del personale sanitario in Africa del Sud, come esempio di mobilità e spunto per proposte in materia di cooperazione internazionale. Il SudAfrica, infatti, è il paese che più di ogni altro vede emigrare verso USA, Canada, Gran Bretagna il proprio personale sanitario. Succede insomma che i costi di formazione del personale sono a carico del Sud Africa mentre l’utilizzo di tale personale avviene nei paesi ricchi del nord del mondo.

Insomma, una fuga di cervelli che non fa altro che impoverire ulteriormente e mettere in crisi un sistema sanitario già duramente provato dalla terribile epidemia dell’AIDS.

Mettere al lavoro i sentimenti

Più in generale, rifacendomi ad una ricerca effettuata dalla Fondazione Andolfi per l’Organismo Nazionale di Coordinamento per le Politiche di Integrazione Sociale degli Stranieri (che fa sempre parte del CNEL) possiamo asserire che almeno in parteil processo migratorio tende a ricostruire le logiche dello sfruttamento nord sud (o ovest est, come dicono alcuni studiosi).

Come infatti non vedere una terribile forma di contraddizione, come sottolineato da alcune critiche del femminismo statunitense, nel fatto che le badanti, bambinaie, colf che si curano dei figli e degli anziani dell’occidente ricco possono farlo solo al terribile costo umano di non badare ai propri figli ed ai propri anziani?

Su questo tema si sofferma il recente volume edito da Feltrinelli e curato da Barbara Ehrenriech e Arlie Russul Hochschilt dal titolo: Donne globali. Tate, colf e badanti.

Un testo che raccoglie 14 saggi che toccano diverse regioni del mondo ed una parte molto particolare del mercato del lavoro legato alle migrazioni.

L’occidente non è più in grado di autoprodurre relazioni di cura e così anche queste (come molti dei lavori più faticosi) sono delegate alle immigrate.

Le quali mettono in gioco non solo la propria manodopera ma un bene molto più prezioso e complesso, i propri sentimenti.

Un tema complesso, intricato, denso, cruciale anche per la scuola che del complesso gioco della relazione, della cura e dei sentimenti fa uno dei suoi elementi centrali.

Un tema che lascia presagire, all’orizzonte, uno strano tramonto.

      Aluisi Tosolini

 

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