(26.10.2004) Tramonta la stagione delleducazione interculturale?
Da oltre un mese, in sostanza dallinizio dellanno scolastico, i media più attenti, in particolare i quotidiani ed i settimanali, stanno dedicando una significativa attenzione alle problematiche delle scuole multiculturale.
Il tutto avviene sia in concomitanza dellapertura dellanno scolastico e della pubblicazione dellannuale rapporto statistico del ministero dellistruzione sugli alunni stranieri nelle scuole italiane che in presenza di alcuni fatti specifici. Tra questi
Insomma, niente di nuovo sotto il sole, si potrebbe dire.
Il rapporto sugli alunni stranieri
E invece almeno una cosa nuova esiste e merita una attenta riflessione.
Si tratta dellintroduzione che il ministro Moratti ha firmato in apertura del rapporto annuale sulla presenza di studenti stranieri nel sistema formativo italiano.
Il rapporto può essere letto e scaricato dal sito del Miur .
Nella sostanza il rapporto (che in realtà riporta dati riferiti allanno scolastico
2003/2004) ribadisce la linea di tendenza emersa in questi anni e si conferma strumento
puntuale ed utilissimo per seguire le trasformazioni della scuola italiana. Questo anno
poi si è arricchito di nuovi elementi di riflessione:
il
mito della nuova america" comprendente 8 province
(Bologna, Firenze, Milano, Modena, Parma, Reggio Emilia, Roma, Trieste) caratterizzate da
un alto livello di ricchezza e di qualità della vita (cfr. figura 21).
Le parole del Ministro Moratti
Ma la novità, dicevo, sta nella presentazione a firma del Ministro.
In avvio il testo prende atto che stiamo assistendo ai seguenti fenomeni (il testo in
corsivo è a firma del Ministro):
1. Laumento progressivo negli ultimi anni del numero di alunni stranieri, 282.683 con una percentuale del 3,5% sul totale della popolazione scolastica, pone laccento sul carattere di stabilità e sulla presenza di nuclei familiari. Prefigura una dimensione multicolore della nostra scuola futura, come già avvenuto in altre società.
2. È una percentuale ancora inferiore a quella di altri paesi di più lunga e consolidata esperienza di integrazione culturale come Francia, Inghilterra, Germania e Svizzera. Ma anche di paesi dellarea mediterranea e di recente immigrazione come Spagna e Portogallo.
3. Tuttavia la bassa percentuale dellItalia è rappresentata da una grande quantità di differenze: sono ben 191 i paesi di origine degli alunni stranieri, distribuiti in gran parte in province e città anche piccole del Centro e del Nord Italia. Un tessuto economico e sociale multiforme e policentrico, sostenuto da piccole e medie imprese, da specializzazioni locali, spiega le ragioni di una presenza così diffusa e variegata.
A fronte di questa situazione le azioni che il MIUR sta mettendo in essere sono, secondo il Ministro, le seguenti:
A. Si sta sviluppando un impegno ai diversi livelli, centrale e periferico, per monitorare e conoscere il fenomeno dellimmigrazione, ma anche per approfondirne e diverse implicazioni, per gestire i mutamenti prodotti da questa nuova presenza, per mettere a punto e divulgare buone pratiche e protocolli di accoglienza.
B. Il Ministero, con listituzione del nuovo ufficio per lIntegrazione degli studenti immigrati, intende mettere a sistema gli interventi a sostegno dellintegrazione, supportare ed incrementare le attività a favore degli alunni stranieri già predisposte dalle scuole, costruire modelli e strumenti di utilità per tutto il sistema scolastico ed attivare un confronto con altre esperienze in campo internazionale.
C. La scuola intende giocare un ruolo da protagonista, dintesa con le agenzie educative del territorio, gli enti locali, il mondo del volontariato, consapevole di costituire un laboratorio privilegiato di inclusione sociale, un ambito importante di incontro, di confronto e di scambio.
In estrema sintesi:
A. stiamo monitorando la realtà e cercando di costruire modelli
"a sostegno dellintegrazione"
B. abbiamo aperto un "ufficio per lIntegrazione
degli studenti immigrati"
C. vogliamo che la scuola sia un "laboratorio
privilegiato di inclusione sociale"
A questo punto risulta di grande interesse sapere che cosa si
intende sia per integrazione che per inclusione sociale.
A quale modello di integrazione ci si riferisce? Che cosa significa inclusione sociale? Si
tratta della proposta di Habermas oppure inclusione è un sinonimo di assimilazione? Si
tratta di un dibattito molto importante e certo non solo teorico che più volte è stato
affrontato anche su questo sito (segnalo solo, ad esempio, la voce integrazione
del glossario interculturale e la discussione della proposta di Habermas ). Si tratta
infatti di comprendere e definire lorizzonte complessivo in cui ci si muove,
lorizzonte entro cui si collocano le azioni che, a seconda del diverso paradigma in
cui si collocano assumono significati molti diversi e, incerti casi, persino opposti.
Seppure in modo estremamente breve, come del resto impone loccasione, il testo a firma del Ministro chiarisce lobiettivo finale dellimpegno della scuola e della società italiana nei confronti degli alunni del mondo che la abitano.
Obiettivo, scrive il Ministro Moratti, è una scuola delle cittadinanze: europea nella sua ispirazione, capace di contenere le tante identità locali, ma anche di costruire una cornice entro la quale far dialogare la molteplicità delle culture.
Verso la fine della logica interculturale?
Lobiettivo è quindi una scuola delle cittadinanze che si declina su due contrapposti versanti: europea nella sua ispirazione (in linea con lart. 2 comma 1 della legge 53/2003 che nella cittadinanza europea veda il massimo orizzonte possibile per la scuola italiana: " sono promossi il conseguimento di una formazione spirituale e morale, anche ispirata ai principi della Costituzione, e lo sviluppo della coscienza storica e di appartenenza alla comunità locale, alla comunità nazionale ed alla civiltà europea") deve essere capace nel contempo di "contenere" le identità locali e costruire una "cornice entro cui far dialogare la molteplicità delle culture".
Insomma, da un lato si sente lesigenza di non indulgere troppo nelle identità locali (che tuttavia nella legge 53/2003 sono discretamente esaltate) ma anche di non allargarsi troppo: parlando ad esempio di globalizzazione e di necessità di formare un cittadino globale. Globalizzazione e nuova dimensione della cittadinanza sono del resto parole e concetti assenti dallimpianto della riforma: ciò è noto da tempo e costituisce, secondo alcuni, uno dei limiti culturali più vistosi della riforma stessa.
Ma va anche notato che nel testo del ministro, come del resto in tutto il testo del rapporto (fatta eccezione per la bibliografia e per il repertorio di documenti legislativi che, ovviamente, non si possono cambiare) non viene mai utilizzata la parola "educazione interculturale"
E cioè assente quella dimensione che lultimo rapporto
di Eurydice (si veda in questo
sito la presentazione del rapporto) ma anche tutta la legislazione
italiana indica come necessità formativa per tutti gli alunni.
Si tratta di un dato importante per diversi motivi.
In primo luogo va ricordato che la logica interculturale è stata proposta ed introdotta
in Italia proprio dal Ministero dellistruzione a partire dalla Circolare
Ministeriale 205 del 1990. Successivamente anche molte altre leggi e molte altre agenzie
ed amministrazioni hanno utilizzato la stessa dizione cercando di assumere la logica
interculturale.
Si pensi ad esempio agli articoli 36 e 40 della Legge 40/98 che sono rimasti inalterati
anche nella successiva legge Bossi-Fini o allart. 38 del D.L. 286/98 che assumono
specificamente la logica interculturale e che stanno alla base delle leggi che
successivamente molte regioni hanno emanato sullo stesso argomento. Cita, solo come
esempio, la legge n.
5 del 24 marzo 2004 della regione Emilia Romagna ed in particolare
lart. 17 dove vi è una esplicita chiarificazione sul rapporto tra integrazione e
intercultura.
Il rischio è, insomma, che gli enti locali e le agenzie del territorio con cui la scuola intende e deve collaborare si riferiscano ad una logica interculturale che, seppure introdotta in Italia proprio dal mondo della scuola sembra oggi da quello stesso mondo essere abbandonata.
Una riprova di un simile rischio è facilmente ritrovabile nelliter del decreto delegato sulla scuola primaria e dellinfanzia. Il testo finale dellart. 5 così recita: "La scuola primaria, accogliendo e valorizzando le diversità individuali, ivi comprese quelle derivanti dalle disabilità, promuove, nel rispetto delle diversità individuali, lo sviluppo della personalità, ed ha il fine di far acquisire e sviluppare le conoscenze e le abilità di base ..".
Il testo sottoposto al vaglio della conferenza stato regioni era un po più generico e non chiariva di che diversità individuali si trattasse. La conferenza stato-regioni propose, con un emendamento, di inserire e specificare allart. 5 che le diversità a cui ci si riferisce sono le diversità legate allhandicap e alla diversità culturale (con ovvio riferimento agli alunni stranieri). Bene: uno dei pochi (se non lunico) emendamento suggerimento proposto dalla conferenza stato-regioni a non essere stato accolto è proprio questo. Così il testo definitivo dellarticolo 5, seppure in un italiano un po zoppicante (viene ripetuta due volte la dizione "diversità individuali), chiarisce che tra le diversità vanno comprese quelle legate alla disabilità. A favore di questa scelta si possono trovare, a onor del vero, alcune significative argomentazioni. Nel caso specifico, tuttavia, il non accoglimento della proposta riferita alle culture diverse non è legato a nessuna di quelle argomentazioni che, nel caso fossero state presenti, avrebbe segnato in ben altro modo tutto il testo del decreto (solo per esemplificare: il concetto di differenza culturale e di genere avrebbe assunto ben altra valenza allinterno della formazione dellidentità)
Non sarà solo una questione nominalistica?
In secondo luogo, occorre analizzare con grande attenzione il testo
del Ministro per cercare di capire se, seppure anche in assenza di un esplicito
riferimento alla logica interculturale, non ci si trovi in realtà di fronte ad una sua
assunzione sostanziale.
Si tratta pur sempre, dice il testo del Ministro, di costruire una cornice entro la
quale far dialogare la molteplicità delle culture e più sopra si era parlato di incontro,
confronto e scambio.
Insomma, tutto ciò non è intercultura? E se no, dove sta lo
specifico interculturale?
Ritengo che dialogo, confronto, incontro e scambio facciano certamente parte della logica
interculturale ma anche che essi siano condizione necessaria ma non sufficiente della
stessa.
Le differenze che inverano la democrazia e le sfide della complessità
E qui sta lelemento centrale della discussione: la logica
dellintegrazione proposta dal Ministro (fatta di contenimento
e inclusione) presuppone la necessità di
andare oltre la pur necessaria acculturazione per avviarsi verso la costruzione di una
nuova società in cui tutti sono cittadini e costruttori della casa comune, oppure no?
Questa la domanda cruciale: integrazione ed inclusione "avvalorano il significato
delle democrazia" o sono una concessione?
Certo, si dirà, anche lentrare nellorizzonte della cittadinanza indicata da
Habermas è pur sempre, in qualche modo e allinizio del processo, una concessione.
Ma qui, proprio qui sta la radicale differenza tra logica interculturale e logica
dellintegrazione/inclusione. La logica interculturale assume il fatto che i processi
di globalizzazione hanno messo completamente in crisi i concetti di cittadinanza legata al
sangue e/o al suolo e/o comunque allo stato nazionale. Oggi, come scrive Morin, siamo
chiamati a guardare alla realtà (culturale, economica, politica, ecc) a partire dalla
globalità, dal sistema complessivo, e non a partire dal locale o da un singolo elemento
del sistema.
Ecco perché rispetto alla società di domani siamo tutti (italiani e non)
stranieri. E come tali dobbiamo apprendere a relazionarci per costruire assieme una nuova
casa comune i cui confini coincidono con mondo.
Questa è la sfida. E questo che i sostenitori
delleducazione interculturale intendono quando dichiarano che leducazione
interculturale è nullaltro che la forma che leducazione assume nel tempo
della globalizzazione e della post-modernità.
Ed è per questo che il testo del Ministro, seppure segnali la necessità di un rapporto
positivo, dialogante e di confronto, con le altre culture presenti nelle nostre scuole,
risulta a mio modesto parere inadeguato rispetto alla complessità e novità delle sfide
che ci troviamo di fronte.
Insomma, per fare intercultura non basta dialogo ma occorre fare i conti con le nuove
dimensioni della cittadinanza, della democrazia e della responsabilità a livello globale.
La domanda finale riguarda allora il fatto che forse, per la scuola italiana, una
stagione, quella delleducazione interculturale, sta per chiudersi?
Ad ognuno la risposta.
Per facilitare la riflessione allego solo, a chiusura di questo pezzo, il testo che nel
1990 ha dato avvio, in Italia, alla stagione interculturale.
Una lettura istruttiva.
Aluisi Tosolini
CM 205/90 L'educazione interculturale
(VI) La realtà della presenza di stranieri, così come delineata,
rende di particolare attualità una nuova e mirata attenzione della scuola alle tematiche
connesse all'educazione interculturale quale condizione strutturale della società
multiculturale. Il compito educativo, in questo tipo di società, assume il carattere
specifico di mediazione fra le diverse culture di cui sono portatori gli alunni:
mediazione non riduttiva degli apporti culturali diversi, bensì animatrice di un
continuo, produttivo confronto fra differenti modelli.
L'educazione interculturale -si osserva- avvalora il significato di democrazia,
considerato che la "diversità culturale" va pensata quale risorsa positiva per
i complessi processi di crescita della società e delle persone. Pertanto l'obiettivo
primario dell'educazione interculturale si delinea come promozione delle capacità di
convivenza costruttiva in un tessuto culturale e sociale multiforme. Essa comporta non
solo l'accettazione ed il rispetto del diverso, ma anche il riconoscimento della sua
identità culturale, nella quotidiana ricerca di dialogo, di comprensione e di
collaborazione, in una prospettiva di reciproco arricchimento.
E' qui da sottolineare che l'educazione interculturale, pur attivando un processo di
acculturazione, valorizza le diverse culture di appartenenza. Compito assai impegnativo,
perchè la pur necessaria acculturazione non può essere ancorata a pregiudizi
etnocentrici. I modelli della "cultura occidentale", ad esempio, non possono
essere ritenuti come valori paradigmatici e perciò non debbono essere proposti agli
alunni come fattori di conformizzazione.
Ogni intervento che si colloca su questo piano tende così, anche in assenza di alunni
stranieri e nella trattazione delle varie discipline, a prevenire il formarsi di
stereotipi e pregiudizi nei confronti di persone e culture ed a superare ogni forma di
visione etnocentrica, realizzando un'azione educativa che sostanzia i diritti umani
attraverso la comprensione e la cooperazione fra i popoli nella comune aspirazione allo
sviluppo e alla pace.