(02.11.2005).
Per facilitare la lettura, alcuni grafici e tabelle possono essere scaricati
L’Italia cambia. Sotto i nostri occhi. E cambia velocemente, spesso più
velocemente della nostra capacità di gestire e governare il cambiamento.
In ottobre due tradizionali appuntamenti ci regalano, ormai da anni, la
fotografia del mutamento.
Si tratta del
Dossier Caritas sull’immigrazione
(giunto ormai al suo XV anno) e del
Rapporto sugli alunni non italiani
nelle scuole curato dal MIUR.
"Nel 1970 - scrive il dossier Caritas - gli immigrati in Italia erano 144.000, meno degli italiani che in quell’anno avevano preso la via dell’esodo (152.000): continuavamo ad essere il primo paese esportatore di manodopera in Europa. A 35 anni di distanza la situazione è radicalmente cambiata, e anche l’Italia: oggi gli stranieri regolarmente soggiornanti sono 2 milioni e 800 mila, all’incirca lo stesso numero di Spagna e Gran Bretagna. Nell’Unione Europea veniamo subito dopo la Germania (7,3 milioni) e la Francia (3,5 milioni), mentre insieme alla Spagna siamo lo Stato membro caratterizzato da ritmi d’aumento più consistenti".
Alcune città più di altre stanno trasformandosi: la provincia di Roma raggiunge 340.000 presenze, Milano 300.000; con 100.000 troviamo Torino e Brescia e con 50-70 mila seguono Padova, Treviso, Verona, Bergamo, Modena, Firenze, Napoli. Altre province, in particolare al sud, vedono un numero limitato di presenze: 2.000 soggiornanti a Caltanissetta e a Nuoro, 1.000 a Isernia, Enna, Oristano. L’incidenza media sulla popolazione è del 4,8% e i motivi del soggiorno confermano un netto desiderio di inserimento stabile (9 immigrati su 10 sono in Italia per lavoro o per ricongiungimento familiare).
La scuola: 4,2% di alunni non italianiUna incidenza media molto simile è leggibile anche a livello scolastico dove
gli alunni non italiani sono passati dai 50.000 del 1995/96 ai 360.000 dell’anno
scolastico 2003/04 raggiungendo la media nazionale del 4,2%.
Anche in questo caso si verifica la distinzione tra aree geografiche del paese
con una scarsa presenza nel sud e nelle isole ed una presenza molto più marcata
nel centro nord.
La figura 23, tratta dal Rapporto MIUR 2005, rende visivamente il dato
sottolineando come siano ben 5 le regioni italiane dove la presenza di alunni
non italiani si colloca tra il 5 ed il 9% della popolazione scolastica.
Per quanto riguarda le province e le città con una presenza di alunni non italiani percentualmente più rilevante il rapporto del MIUR presenta i seguenti dati:
Da ovunque: quando il mondo si fa piccolo
Per quanto riguarda la provenienza degli alunni la figura 16, tratta sempre dal rapporto del MIUR, evidenzia come circa la metà degli alunni siano di provenienza europea (dove spiccano i 60.000 ragazzi albanesi) mentre un quarto proviene dall’Africa, in particolare dal nord Africa e specificamente dal Marocco (52.000 studenti).
In Italia sono presenti ben 187 cittadinanze, praticamente il mondo intero. Le dieci cittadinanze non italiane più rappresentate sono le seguenti:
L’evoluzione della scuola interculturale in ItaliaAltrettanto interessante è analizzare la distribuzione degli alunni non
italiani per ordine e grado di istruzione.
Le tabelle 6 e 7, riprese dal rapporto MIUR, evidenziano la diversa
distribuzione (in dati assoluti e percentuali) a partire dal 1997. Il dato
interessante è quello percentuale perché segnala una lieve ma costante
diminuzione a livello di scuola primaria, un dato sostanzialmente costante alle
scuole secondarie di I grado ed un aumento alle scuole secondarie di secondo
grado.
Il che sta a significare, come mette in evidenza in più punti il Rapporto
Caritas, che il processo migratorio in Italia si sta sempre più caratterizzando
per stabilità e permanenza.
E ciò sebbene in Italia, scrive la Caritas, non manchino iniziative
mirate a favorire l’inserimento socio-culturale degli immigrati, si registrano
ancora condizioni di esclusione sociale che, a vario livello, ostacolano e
rallentano l’accesso al mondo del lavoro, alla scuola, all’alloggio, alle
strutture socio-sanitarie, alla partecipazione alla vita pubblica.
L’aumento di alunni alle scuole superiori, vero nuovo fronte dell’educazione
interculturale in Italia, segnala tuttavia una distribuzione degli stessi molto
difforme da quella degli studenti italiani. In particolare gli studenti non
italiani che frequentano gli istituti professionali sono percentualmente il
doppio rispetto agli italiani ma solo la metà rispetto agli iscritti ai licei,
come ben descritto dalla figura che segue, ripresa sempre dal Rapporto MIUR.
In questo caso il problema non può certo essere solo un mancato o erroneo
orientamento, magari correlato ai bisogni immediati delle famiglie. Forse qui
agisce una forma di stereotipo e di pregiudizio che seleziona la carriera
scolastica dei figli degli immigrati.
Concludendo questo rapido excursus, e rimandando alla lettura integrale del dossier Caritas e del Rapporto Miur, può essere interessante segnalare un dato messo in evidenza dalla Caritas.
Si tratta del dato riferito alle nascite di bambini non italiani negli ultimi 5 anni.
Per un verso la tabella ci dice come, a livello demografico, la popolazione italiana cresce solo grazie ai bambini non italiani. Ma il dato ci permette anche di comprendere con estrema facilità quanti saranno, come dato minimo, gli alunni figli di non italiani che nei prossimi anni frequenteranno la scuola italiana.
Prendiamo ad esempio l’anno 2000 e quindi i bambini che il prossimo anno frequenteranno la classe prima della scuola primaria. Ed abbiamo un significativo 4,8%. Che diventerà l’8,6% fra cinque anni. Se poi volessimo analizzare nel dettaglio potremmo con facilità identificare città e territori dove la percentuale di nascite di bambini non italiani è ben più alta, lasciando così ipotizzare una scuola sempre più abitata da alunni non italiani.
Ma, e su questo ma mi fermo…. i bambini "stranieri" nati in Italia da
genitori immigrati saranno ancora da considerarsi stranieri? O solo non
italiani? O nuovi italiani?
E cosa vorrà dire educazione interculturale in questo caso?
Sarà ancora Italiano come L2? O richiederà ben altri cambiamenti?
Ne riparleremo.
Intanto segnalo solo che l’VIII Incontro Nazionale dei Centri Interculturali
italiani, tenutosi a Reggio Emilia nei giorni 20 e 21 ottobre aveva per oggetto
proprio le seconde generazioni.
Aluisi Tosolini