(24.08.2005) Siamo tutti un po' così.... meticci... bastardi
Lintervento a tutto campo di Marcello Pera al Meeting di Rimini è al centro,
questi giorni, di accese discussioni, dibattiti, prese di distanza.
Tra i tanti temi affrontati dal Presidente del Senato (e quindi seconda carica
istituzionale della Repubblica) il nucleo duro del discorso si è incentrato sulle
questioni del multiculturalismo ed in parte su quello del relativismo.
Rispetto al primo tema Marcello Pera ha sostenuto che "non cè
altra strada: o ci impegniamo a integrare gli altri facendoli diventare cittadini della
nostra civiltà la nostra educazione, la nostra lingua, la coscienza della nostra
storia, la condivisione dei nostri principi e vaori oppure la partita
dellintegrazione è perduta". E qui affondo: limmigrazione
incontrollata dà luogo ad una popolazione di meticci.
LOccidente, stando a Pera, attraversa una gravissima crisi morale mentre "i
nemici esterni hanno dichiarato una guerra santa, come dicono i terroristi islamici".
Di fronte a simili affermazioni si può essere tentati di buttarla sullironia, come
ha fatto, stupendamente, Gian Antonio Stella su Il corriere della sera del 23
agosto sottolineando come per Pera il principio di non-contraddizione non abbia poi un
gran valore
Pera, scrive Stella, "ha offerto ai suoi critici tutte le
prove per accusarlo, carta canta, di aver detto tutto e il contrario di tutto, a
seconda di come gli girava al momento. Fedele, in fondo, solo all'idea che aveva proposto
anni fa a un giornale. Quella di avere una rubrica dove "scrivere ciò che mi passava
per la testa". Propose pure il titolo: "Discorsi a Pera"").
Oppure, come Gad Lerner, ricordare che si è meticci.
Oppure, come molti altri, condannare il discorso del Presidente del Senato segnalando la sua pericolosità, oltre che la sua rozzezza.
Unaltra possibilità è quella di prendere comunque sul serio, non fosse altro per amore di argomento, le affermazioni di Pera che, comunque la si pensi, un ruolo lo svolgono: sdoganano la paura e la chiusura che alberga nelluniverso profondo, nella zona oscura, di molte persone in Italia e non solo.
Certo, si tratta di una operazione dubbia e che non sattaglia né ad una alta carica istituzionale e men che meno ad un cultore di Popper. Ma forse Pera ha da tempo abbandonato il grande maestro della società aperta e i suoi nemici.
Il meticcio come bastardo
Il cuore dellargomento di Pera può esser ravvisato nel concetto di meticcio.
Il meticcio come ciò che è impuro, che è misto, che è frutto di due culture, due
storie, due o più mondi. Il meticcio, per dirla tutta ed usando il linguaggio che in
genere si adopera per le razze dei cani, come il bastardo.
Pera in sostanza addita il pericolo, per lEuropa, di imbastardirsi, di perdere la
sua purezza.
E qui nasce una prima domanda: che cosa è lidentità europea o occidentale che dir
si voglia? Quali sono i suoi caratteri fondamentali?
Non è certo qui il caso di tentare una risposta a tale domanda. Si tratta tuttavia di una
domanda a cui non è possibile sfuggire.
Un gioco per capire
Propongo un gioco. Divertente e terribile come tutti i giochi veri.
Chi legge provi solo per un istante a chiudere gli occhi e ad elencare, dentro di sé,
cinque tratti della identità "occidental-europea. Successivamente provi a
ricostruire, per ognuno di essi, il percorso che lo ha contraddistinto, le vicende
storico-culturali che lo hanno prodotto. Credo non sarà difficile accorgersi come ciò
che ognuno di noi chiama "Europa" o Occidente è figlio di una pluralità di
percorsi, di un continuo intreccio, di fili che si snodano luno sullaltro. In
sostanza la nostra stessa "identità" è frutto di un laborioso e faticoso
percorso di continua ricerca che è un percorso di meticciamento.
La nostra è una identità plurale e la sua ricchezza consiste proprio nel riuscire a far
convivere al proprio interno una molteplicità di punti di vista.
Ora si pensi di continuare il gioco e si ipotizzi di confrontare con altre i tratti della
identità europea precedentemente identificati. Io credo che difficilmente si resterà
fermi a 5 e che invece, come in una mappa concettuale, si potrebbe assistere ad un aumento
vertiginoso di tratti distintivi.
E, ancor più stupefacente, con molta probabilità ognuno di noi non faticherebbe a
riconoscere che i nuovi elementi costituiscono anche a parer nostro, seppure non da noi
precedentemente considerati, elementi importanti della nostra "identità".
Un gioco interessante.
Che segnala, nel contempo, lerrore in cui cade colui che pensa come Marcello Pera:
avere lo sguardo rivolto solo al passato, allindietro, e non invece anche al
presente ed al futuro.
Se guardiamo solo indietro, infatti, corriamo il rischio di pensare la nostra attuale identità come un dato di fatto, come una realtà solida che non ha vissuto alcun mutamento ed alcun conflitto nel corso del tempo. Così non è, anzi.
Uno sguardo rivolto al solo passato
Si tratta di un pensiero che, in sostanza, potremmo definire fondamentalista. Un
pensiero che chiude lidentità in un recinto e la assolutizza mediante la rimozione
del percorso che essa ha compiuto per giungere sino ad oggi. Si tratta di una costruzione
mito-poietica, come dicono gli antropologi, che non ha nulla a che fare con il quotidiano
negoziare che ognuno di noi compie entro la società in cui vive.
In secondo luogo dimentica che ad incontrarsi e/o a scontrarsi non sono mai le culture ma
le persone. E le singole persone, come ci insegna il gesuita Michel de Certeau, inventano
continuamente il quotidiano mediante strategie sempre più complesse ( di de Certeau,
morto nel 1986, leditore Cortina ha dato recentemente alle stampe un volume da
titolo molto significativo: La scrittura dellaltro).
Pensare che ad incontrarsi e/o a scontrarsi siano le culture è una mistificazione
ideologica molto pesante, soprattutto per quanti da sempre tessono le lodi delle persone,
dei singoli, e della libertà dellindividuo salvo poi essere i primi,
guarda
guarda, a rinchiudere questi singoli dentro strutture che negano proprio la così
tanto vantata libertà dellindividuo.
Rivolgere la lanterna verso il futuro .
Il nostro problema, il dilemma che vive ogni società nel tempo globale, ha a che fare
con il futuro, piuttosto che con il passato.
E il dilemma delle società multiculturali, come ha ben messo in evidenza
recentemente Gilles Kepel argomentano sulla crisi del modello inglese di
"integrazione" (il cosiddetto Londonistan).
Un dilemma che Pera sembrerebbe voler affrontare assolutizzando le radici (alcune
delle radici!) di quella che considera lidentità occidentale.
Dimenticando, in questo, proprio la lezione di Papa Benedetto XVI che, da Cardinale, ha
sostenuto più volte che la multiculturalità è "una sfida da raccogliere".
Di più: "L'interculturalità mi pare oggi costituisca una dimensione
indispensabile per la discussione intorno alle questioni fondamentali sull'essere uomo,
discussione che non può essere condotta né solo all'interno del cristianesimo né solo
nell'ambito della tradizione occidentale della ragione".
E a Colonia, prima dell'incontro con i musulmani, ha spiegato che secondo lui lislam
moderato esiste ed anzi: "L'area culturale islamica è caratterizzata da analoghe
tensioni: dall'assolutismo fanatico di un Osama Bin Laden fino agli atteggiamenti che sono
aperti a una razionalità tollerante, si dispiega un ampio arco".
Insomma
. anche lIslam è meticcio, così come ogni altra cultura.
Ed è allora qui che si colloca la sfida, culturale e sociale insieme, che abbiamo
davanti. Si tratta non tanto di preservare una inesistente purezza quanto di fare i conti
con la propria storia ed incamminarsi, a partire da questa storia, verso un futuro che non
può che essere figlio dellintrecciarsi di una pluralità di storie, di vicende, di
valori, di significati che si confrontano, configgono persino.
ricordando la lezione di Metide
Forse varrà la pena, chiudendo, raccontare una storia
E la storia di Metide. Il concetto di meticcio ha infatti forti legami con una
figura della mitologia greca, Metide appunto,la prima sposa di Zeus. Metide era la
personificazione della prudenza, la più saggia tra gli dei e i mortali. Quando rimase
incinta, Urano e Gea consigliarono Zeus di ingoiarla, in quanto il figlio che avrebbe
messo al mondo avrebbe potuto detronizzarlo, perché avrebbe unito in sé la saggezza
della madre e la potenza del padre. Seguendo il consiglio, Zeus la divorò e fu lui a
mettere al mondo una figlia: Atena, che uscì tutta armata dalla testa del padre.
Inizialmente dea della guerra Atena ebbe anche molte altre attribuzioni: alcune città la
considerano la dea della pace, in altre è la protettrice degli artigiani, in altre ancora
personifica la virtù della saggezza dello spirito e la ragione da cui nasce il coraggio.
Proprio quel coraggio che sarebbe necessario utilizzare quando si parla di meticci e di
società meticcia. Perché per pensare ed edificare una società multiculturale e plurale
occorre proprio la saggezza e la ragione di cui era portatrice Atena, figlia di Metis.
Il cui animale preferito era la civetta, che rappresenta la filosofia e che per Hegel si
alza al tramonto su Atene.
Ecco, forse da un filosofo come Pera ci si poteva attendere almeno un po di
filosofia
.
Ovvero quella ricerca mai conclusa della verità che io, nel gioco che vi ho inviato a
fare, avevo messo tra le cinque caratteristiche fondamentali dellidentità
dellOccidente.
Ricerca continua senza mai avere la pretesa di chiudere la verità nei nostri deboli
recenti.
Quando ciò succede inizia la violenza.
Questo ci dice la civetta che ancora a oggi si alza al tramonto sulle nostre teste
Aluisi Tosolini