(maggio 2007)
DUE LIBRI DUE
Due recenti testi ci permettono di riflettere sulle dimensioni dell’educazione interculturale in una stagione, come la attuale, in cui la scuola pare voglia nuovamente rimettersi in gioco, seppure tra mille contraddizioni e mille stanchezze.
Un invito a non abbandonare mai le dimensioni della riflessione, del gioco, del paradosso senza le quali ogni esperienza formativa perde di significato riducendosi a puro funzionalismo tecnologico che nega ogni crescita e ogni futuro.
Buona lettura
|
Davide Zoletto
Straniero in classe. Milano, Cortina editore, 2007 |
Davide Zoletto è un filosofo nato e cresciuto sulle frontiere del nord est,
dove l’Italia declina, protesa tra Austria e Slovenia. Allievo a Trieste di
Pier Aldo Rovatti (con cui ha scritto un libricino stupendo - La scuola
dei giochi, Bompiani 2005) ha lungamente studiato due fra i più geniali
filosofi del ‘900, Bateson e Derida, cui ha dedicato due densi saggi (Pensiero
e scritture del doppio legame, Trieste EUT 2001; e Il doppio legame.
Bateson, Derrida, Milano, Bompiani 2005).
Da anni è redattore della rivista filosofia Aut Aut per cui ha curato il n.
312 (Gli equivoci del multiculturalismo) di cui abbiamo lungamente
parlato anche in questa rubrica ed il più recente (marzo 2006) Gayatri
Chakravorty Spivak. Tre esercizi per immaginare l'altro
Chi è straniero in classe?
La domanda da porsi, aprendo lo studio di Zoletto, è: Chi lo straniero
in classe? Ben strana domanda, si dirà. Lo straniero è lo straniero, è
l’altro, è chi viene da lontano, è colui per il quale la nostra scuola
organizza protocolli di accoglienza, percorsi di apprendimento di italiano
come L2 , laboratori pseudo interculturali, ecc…
Insomma: noi sappiamo chi è lo straniero. E’ colui che si erge di fronte a
noi, colui che attraversa frastornato le nostre classi, colui che deve
entrare in mondo per lui nuovo ma per noi notissimo. E noi gli faremo da
guida, novelli Virgilio.
Ebbene…. tenete a mente la domanda perché alla fine del libro la risposta
non sarà poi così scontata.
I capitoli del volume si stagliano infatti come un percorso di frontiera
dove ad ogni passo sembra di intravedere le stazioni della dogana con le
guardie ad interrogare ed a chiedere il passaporto. Accoglienza, prima
conoscenza, inserimento, italiano come L2, curricoli, territorio: in ogni
passaggio l’indagine di Zoletto evidenzia che "
L’intercultura e le sue tecniche
In questi anni la pedagogia italiana ha lungamente riflettuto sulla
dimensione plurale ed interculturale della scuola entro una società
multiculturale.
Tuttavia, ben presto le riflessioni si sono concentrate sulle tecniche della
intercultura (spesso anche mal declinata e mal concepita) tralasciando di
sottoporre ad analisi il senso delle tecniche stesse e l’orizzonte entro cui
queste sono adoperate.
In questo modo è sfuggito il fatto che spesso le tecniche, pur validissime,
se inserite in contesti e scenari di matrice omogeneizzante non possono che
portare a risultati paradossali e contradditori.
Ha così ragione Zoletto quando scrive che "
Una pedagogia dell’ospitalità?
Da dove può nascere, allora una pedagogia dell’ospitalità?.
In primo luogo dal sentirsi spaesati. La relazione con gli alunni stranieri
è infatti essa stessa sempre spaesante per gli insegnanti e gli educatori.
E proprio assumendo questo spaesamento l’ospitalità può diventare qualcosa
di più che la semplice risposta ai bisogni agli allievi stranieri: "
Verso una società plurale: da costruire assieme.
Il documento del Ministero sulle nuove indicazioni nazionali sottolinea che
La promozione e lo sviluppo di ogni persona deve stimolare in maniera vicendevole la promozione e lo sviluppo delle altre persone: ognuno impara meglio nella relazione con gli altri. Non basta convivere nella società, ma questa stessa società bisogna crearla continuamente insieme.
Si tratta di una riflessione fondamentale: Non basta convivere assieme,
occorre creare assieme, ogni giorno, il contesto, la società, la classe in
cui vivere assieme.
E per farlo nessuno può pensarsi come una volta per tutte già a casa
propria.
Occorre sperimentare il difficile percorso del divenire stranieri, dello
straniamento. Perché solo in questo modo sarà possibile costruire qualcosa
di nuovo assieme.
Per questo, alla fine del libro, spesso l’unico straniero in classe risulta
essere l’insegnante.
Come il Robinson i Defoe sull’isola che credeva deserta e di cui si sentiva
padrone.
Alba Bonelli,
Brunella Cassi, Anna Del Prato, Susanna Siviero
L’OTTOVOLANTE con la collaborazione di Onelia Buschi e Marilia Pifano Prefazione di Sergio Manghi Milano, UNICOPLI 2007 |
L’Ottovolante è il nome di un gioco; un gioco da fare a scuola con un’intera classe. Un gioco inventato e sperimentato per diversi anni da un gruppo di amiche insegnanti che, una volta in pensione, hanno voluto continuare ad interessarsi di scuola, mettendo a frutto l’esperienza di tanti anni di insegnamento appassionato. Libere dai vincoli che il sistema scolastico necessariamente impone ed insieme consapevoli dei bisogni dei ragazzi e dei colleghi insegnanti, le autrici hanno intrapreso con entusiasmo un cammino di ricerca di cui non si vede una fine prossima, riuscendo ad elaborare uno strumento ludico complesso, divertente e formativo, continuamente in fieri, capace di rimescolare le dinamiche relazionali di classe valorizzando tutti i ragazzi, soprattutto quelli che per i motivi più svariati vivono la scuola in condizioni di marginalità. Per stare tutti bene a scuola, è necessario mettersi davvero in gioco, inventare ed inventarsi, facendo tesoro delle differenze.
Un testo che, proprio perché presenta un gioco, è nello stesso tempo una richiesta alla scuola ed ai processi formativi di correre il rischio di mettersi in gioco e di farlo all’infinito, utilizzando tutti i propri sensi e le molte intelligenze (le carte del gioco sono infatti riferite a giochi di parole, giochi di disegno, giochi di mimo, giochi visivi, giochi sensoriali, giochi di abilità corporea, giochi di curiosità) per continuare ad inventare giorno dopo giorno nuovi giochi. Per continuare a stupirsi ed a stupire nel gioco delle differenze che diventano convialità.
Aluisi Tosolini