(14.10.2007)
Linee guida
sull’educazione alla pace ed educazione interculturale
Il 4
ottobre, ad Assisi, il ministro Fioroni ha firmato, assieme al Ministro
Generale dei Frati Minori Conventuali ed al Custode della Basilica di San
Francesco, un documento intitolato Linee guida
sull’educazione alla Pace ed ai diritti umani.
Durante l’estate, inoltre, la sottosegretaria Letizia De Torre ha più volte
presentato, in diversi convegni di grande interesse, un documento elaborato
dall’Osservatorio del Ministero sull’Educazione Interculturale e non ancora
reso formalmente pubblico perché non firmato dal ministro Fioroni. Il titolo
provvisorio del testo è
La via italiana per
la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri.
Ma
vediamo il contenuto dei due documenti.
Il
documento, come dicevo, è stato firmato ad Assisi e poi consegnato al mondo
della scuola con la
nota n. 4751 del 4 ottobre 2007.
La storia della sua stesura è piuttosto interessante. Il documento nasce
infatti dalla attenzione che alcuni movimenti e soggetti stanno in questi
anni dedicando al tema dell’educazione alla pace ed ai diritti umani. In
particolare il Ministro aveva preso l’impegno, il 17 marzo 2007, nel corso
del
Terzo Meeting Nazionale delle scuole di Pace (organizzato dal
coordinamento nazionale degli enti locali per la pace) di pubblicare un
documento contenente alcune linee guida sull’educazione alla pace ed ai
diritti umani. Lo stesso giorno, ad Ancona, Fioroni firmò anche un
protocollo di intesa tra Ministero della Pubblica Istruzione e Coordinamento
enti locali per la pace che prevede un impegno reciproco per la diffusione
dell’educazione alla pace ed ai diritti umani nel sistema formativo
italiano. Nella stessa occasione furono presentate le linee guida per
l’educazione alla pace elaborate nel corso di una ricerca-azione durata due
anni e realizzata nelle scuole della Regione Marche con il supporto
dell’assessorato all’istruzione e l’USR e che in parte solo alla base del
documento presentato ad Assisi il 4 ottobre.
Il documento ministeriale, frutto anche della consultazione di molti altri
soggetti ed enti, è davvero molto interessante e si presenta come una
importante novità nello scenario pedagogico italiano.
Il documento
La struttura del documento è complessa. Dopo aver ricordato in premessa alcune risoluzioni delle Nazioni Unite ( in particolare la risoluzione ONU 53/25 del 10 novembre 1998 che proclama per il 2001-2010 il “Decennio Internazionale per una Cultura di Pace e Nonviolenza per le Bambine e i Bambini del Mondo”, la “Dichiarazione per una Cultura di Pace” dell’ONU del 13 settembre 1999 ed il collegato Piano d’Azione per la Cultura della Pace) il testo entra subito nel merito offrendo tre definizioni di pace:
Si tratta di tre paragrafi di ampio respiro che danno sostanza ad una delle idee centrali del documento Cultura persona società della Commissione Ceruti (l’idea di cittadinanza glocale, connessa alla “comunità di destino” che è oggi l’umanità nel tempo della globalizzazione) ma anche alle indicazioni per la scuola di base ed al documento sugli assi culturali per il biennio che fanno delle competenze di cittadinanza uno dei propri cardini.
Le tre definizioni trovano il loro minimo comune denominatore nel concetto di “pace positiva”, ovvero nella concezione della pace intesa non solo come assenza di guerra ma, al contrario, come pienezza dei diritti.
E’ questa la pace che si può insegnare e che si può apprendere a scuola. Ed è per questo che l’educazione alla pace deve costituire uno dei fondamenti del piano dell’offerta formativa, dell’identità di ogni istituto scolastico.
La scuola come luogo di pace
Diventa
così “fondamentale che la scuola sia un luogo di pace, un luogo dove si
apprende il valore della pace, dove si vive e si cresce in pace ovvero nel
riconoscimento e nel rispetto dei diritti umani”.
E qui il documento si fa molto esplicito ed interessante. Vale la pena
leggere per intero il paragrafo:
E quando diciamo scuola, pensiamo a tutta la comunità scolastica: in primo
luogo gli studenti, da cui molto ci si aspetta ed a cui molto si
chiede in termini di maturazione personale e di condivisione degli sforzi
che l’istituzione fa per la loro crescita; pensiamo alle famiglie,
chiamate a maturare la condivisione delle finalità educative della scuola
con entusiasmo e lealtà, rinunciando a residuali e distruttive tentazioni
egoistiche; pensiamo ai collaboratori scolastici, da sempre il
“biglietto da visita” delle scuole, chiamati a creare in ogni spazio
dell’edificio il clima giusto ed a trasmettere con il proprio lavoro il
senso del rispetto per le cose e le persone; pensiamo al personale
amministrativo, chiamato a gestire compiti e ad organizzare lavori che
l’autonomia scolastica vuole sempre più complessi e trasparenti; pensiamo ai
docenti, chiamati ancora una volta a dare il meglio di sé come
educatori e come persone portatrici di valori, ben sapendo che a loro la
società già chiede molto pur non essendo sempre disposta a restituire quanto
riceve; pensiamo ai Dirigenti Scolastici, impegnati a dare gambe e
respiro ad un.autonomia scolastica che . se è foriera di grandi potenzialità
e possibilità educative richiede loro un impegno ed una fatica prima
sconosciuta ai vecchi capi di istituto.
Una scuola di pace è, infatti, una scuola che riflette su sé stessa e che si ripensa. Tutti, dal dirigente scolastico agli insegnanti, dagli studenti, ai collaboratori e ai genitori devono rispondere alla domanda: cosa possiamo fare per trasformare la nostra scuola in un luogo di pace?
È quindi necessario che si pensi
alla pace in tutti i momenti della vita scolastica:
• dal momento in cui si organizza l’accoglienza degli studenti;
• all’accoglienza e l’integrazione dei ragazzi non italiani nelle scuole;
• all’attivazione di percorsi specifici necessari al rispetto delle pari
opportunità;
• alla quotidiana gestione delle relazioni all’interno della scuola;
• alla costruzione comune del sapere e della cultura come processo di
cittadinanza;
• alle scelte didattiche volte a dare spazio e cittadinanza alle culture;
• alla cura della partecipazione alla vita scolastica delle varie componenti
(studenti, genitori, docenti, territorio, ecc.);
• alla cura per l’orientamento e le iniziative di contrasto alla dispersione
scolastica;
• al momento in cui i problemi esplodono e devono essere affrontati con
strumenti di pace.
Una cultura di pace, che ha anche lo scopo di preservare le future generazioni dallo spettro della guerra, si raggiunge attraverso l’interiorizzazione dei valori e l’acquisizione di atteggiamenti e comportamenti che riflettano e ispirino interazione sociale e condivisione. Il rispetto per la differenza, la tolleranza, il dialogo e la cooperazione, in un clima di fiducia e comprensione reciproca, è il presupposto per favorire la coesione sociale e lo sviluppo di unʹeconomia fondata sulla conoscenza. Anche lo studio di talune discipline, quelle più propriamente impegnate nella ricostruzione del senso della comunità (la Storia, l’Educazione Civica, la Letteratura e, per i più grandi, il Diritto, la Filosofia, la Storia dell’Arte, l’Economia, le Scienze naturali.) sono chiamate a connettere la dimensione personale dei conflitti vissuti dai ragazzi e le modalità di trasformazione nonviolenta da loro sperimentate, con dimensioni più ampie come i conflitti tra popoli o tra Stati, il disvelamento dei processi macroeconomici, le contaminazioni artistiche, la testimonianza letteraria, la tutela dell’ecosistema, favorendo così negli studenti prospettive nuove nella capacità di lettura della realtà globale e nella immaginazione di soluzioni alternative a quelle regressive (o patologiche) della guerra e della violenza.
Il pluralismo e il dialogo culturale sono oggi strumenti preminenti per arginare e scoraggiare fenomeni di estremismo e fanatismo e per favorire la coesistenza pacifica e l’arricchimento reciproco. La cultura, quella strutturata e finalizzata alla realizzazione della persona è propria della Scuola (ed è così diversa dalla casualità, dal relativismo scientifico e morale, dalla superficialità di tanta .pseudocultura. che circola con ogni mezzo, tra i nostri ragazzi) ed è una delle poche carte (ma una carta forte, piena di significati) che abbiano oggi per superare e vincere anche i tanti “fondamentalismi” che inquinano la nostra coscienza civile.
Un capitolo specifico è poi dedicato ai docenti, chiamati a tradurre in competenze specifiche il percorso di educazione alla pace, ai diritti umani ed alla cittadinanza critica “contribuendo concretamente alla costruzione della pace, della solidarietà e dei diritti umani favorendo l’accoglienza e l’integrazione dei ragazzi non italiani nelle scuole tramite gemellaggi e scambi culturali con le scuole dell’Europa, dell’Africa, del Mediterraneo e con scuole di paesi in conflitto; può coinvolgere gli studenti a partecipare direttamente a progetti di cooperazione internazionale per favorire lo sviluppo di un dialogo interculturale e interreligioso e può incentivare iniziative di ripudio della violenza e di boicottaggio dell’uso delle armi. Né è da sottovalutare l’importanza che avrebbe, sia per i bambini che per gli adolescenti, la conoscenza e lo studio . ognuno con le modalità proprie della sua età . di personalità come Gandhi, La Pira, Capitini, Lorenzo Milani, Spinelli (solo per citarne alcuni), personalità di cui oggi difficilmente è possibile uno studio approfondito nella scuola. La ridefinizione delle indicazioni nazionali e l’attenzione posta allo studio del Novecento già vanno in questa direzione: sarebbe auspicabile e ci aspettiamo che anche altri (specie gli autori e gli editori dei libri scolastici, che tanta parte hanno avuto ed hanno nel miglioramento dell’offerta formativa) facciano la loro proponendo con maggiore attenzione non solo la tematica della pace ma anche quegli “operatori di pace” che hanno marcato la nostra storia e la nostra cultura.”
La ultimo le linee guida ricordano il portale La pace si fa scuola realizzato direttamente dal Ministero della Pubblica Istruzione.
B. Educazione interculturale
A fine
agosto la sottosegretaria alla Pubblica Istruzione Letizia De Torre, che ha
la delega all’educazione interculturale, partecipando a due importanti
convegni che si sono svolti in contemporanea a Porto Sant’Elpidio e Viterbo
(Verso
la costruzione dei curricoli interculturali, dal canone etnocentrico a
quello del cittadino cosmopolitico;
Umano, disumano postumano, corpo a corpo nell’educazione) ha presentato
il documento messo a punto dall’Osservatorio
nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione
interculturale del Ministero della Pubblica Istruzione ed intitolato La
via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni
stranieri.
Con una
formula sintetica possiamo riassumere il focus del documento dicendo che è
caratterizzato dal passaggio dalla logica dell’integrazione (che permane nel
paradigma dell’assimilazione) alla logica dell’interazione.
Il documento, così come presentato dalla sottosegreteria, chiarisce che “le caratteristiche delle trasformazioni in corso rappresentano rischi e opportunità per tutte le nuove generazioni e richiedono che le istituzioni educative generino per tutti significati e strumenti capaci di intrecciare unicità personale, appartenenza e responsabilità societaria, condizione umana” e sottolinea come “la presenza dei minori stranieri funzioni in realtà da evidenziatore di sfide che comunque la scuola italiana dovrebbe affrontare anche in assenza di stranieri. Così è per la questione dei nuovi modi di “intendere e farsi intendere”, per la riforma degli indirizzi della scuola secondaria di secondo grado e, in modo assolutamente preminente, per la costruzione di forme di integrazione sociale rispettose delle persone e delle diversità”.
Il documento fissa quattro principi chiave a cui ancorare tutta l’azione della scuola (universalismo, scuola comune, centralità della persona, intercultura) per delineare poi 10 linee d’azione riconducili a tre grandi macro aree:
a) azioni per
l’integrazione;
b) azioni per l’interazione interculturale;
c) gli
attori e le risorse.
Le 10 linee di azione riguardano:
1.
le pratiche di accoglienza e di inserimento nella
scuola;
2.
l’ italiano seconda lingua;
3.
la valorizzazione del plurilinguismo; .
4.
la relazione con le famiglie straniere e
l’orientamento;
5.
le relazioni a scuola e nel tempo extrascolastico;
6.
gli interventi sulle discriminazioni e sui
pregiudizi;
7.
le prospettive interculturali nei saperi e nelle
competenze (il curricolo);
8.
l’autonomia e le reti tra istituzioni scolastiche,
società civile e territorio;
9.
la centralità dei dirigenti scolastici;
10.
la formazione dei docenti e del personale non
docente.
Si tratta di linee di azione
sulle quali avremo modo di ritornare, quando il documento diventerà
ufficiale, con commenti ed analisi più esaustivi. Preme tuttavia
sottolineare qui è il mutamento di ottica e l’assunzione di una più matura
concezione di educazione interculturale. Ciò anche se il punto di partenza è
ancora l’alunno straniero (concetto questo che andrebbe decostruito per
verificarne sia la complessità sia le diverse e differenziate tipologie di
persone che il concetto pretende di includere all’interno di un’unica
dimensione) piuttosto che la scuola in quanto tale.
Aluisi Tosolini
Il punto di svolta si avrà quando il punto di partenza della progettualità
interculturale sarà collocato nell’educazione alla cittadinanza glocale
all’interno della quale le didattiche per l’integrazione degli alunni
stranieri assumono la loro vera prospettiva.
E la lettura comparata delle linee guida sull’educazione alla pace ed ai
diritti umani e del documento sulla via italiana all’educazione
interculturale lasciano presagire che questa è la strada verso cui la scuola
italiana sembra incamminarsi.