Direzione didattica di Pavone Canavese

Educazione interculturale: interventi, documenti e materiali

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(04.11.2008)

LE CLASSI PONTE O DI INSERIMENTO
NOTE A MARGINE

Premessa
In questi tempi in cui il furore antipedagogico è massimo credo sia utile stare ai nudi fatti. Andare, come diceva Husserl, alle cose stesse.
Rispondendo al “sassolino” gettato nello stagno da parte del Direttore Reginaldo Palermo invito i lettori ad un percorso di lettura che cerca di evitare al massimo ogni polemica più o meno ideologica. Non è di questo che mi interesso.

L’ordine del giorno Cota sulle classi ponte – 14 ottobre 2008
Il 14 ottobre 2008 la Camera dei Deputati ha votato una mozione (n. 1-00033) il cui primo firmatario è l’On. Cota, riferita al tema dell’inserimento degli alunni stranieri nella scuola italiana.
Molto se ne è parlato sulla stampa e nel dibattito sui media. Anche se raramente si è andati ala fonte per leggerne integralmente il testo

Per questo motivo credo sia meglio ripartire, appunto, dalla lettura integrale del dispositivo finale della mozione che impegna il Governo a:

a) comprensione dei diritti e doveri (rispetto per gli altri, tolleranza, lealtà, rispetto della legge del paese accogliente); 


b) sostegno alla vita democratica; 


c) interdipendenza mondiale; 


d) rispetto di tradizioni territoriali e regionali del Paese accogliente, senza etnocentrismi; 


e) rispetto per la diversità morale e cultura religiosa del Paese accogliente; 


 Una prima annotazione: la legislazione vigente
Il vissuto quotidiano delle scuole si è più volte, nel corso di questi anni, confrontato con il tema dell’insegnamento dell’italiano come L2 per studenti neo arrivati. Di ciò ha tenuto conto, nel tempo, la stessa normativa.
L’art 45 del DPR 394/99 scrive:: “
Il collegio dei docenti definisce, in relazione al livello di competenza dei singoli alunni stranieri il necessario adattamento dei programmi di insegnamento; allo scopo possono essere adottati specifici interventi individualizzati o per gruppi di alunni per facilitare l'apprendimento della lingua italiana, utilizzando, ove possibile, le risorse professionali della scuola. Il consolidamento della conoscenza e della pratica della lingua italiana può essere realizzata altresì mediante l'attivazione di corsi intensivi di lingua italiana sulla base di specifici progetti, anche nell'ambito delle attività aggiuntive di insegnamento per l'arricchimento dell'offerta formativa”.

Il che significa:
a) che già adesso era ed è possibile costruire percorsi specifici per gruppi di studenti, anche mediante la realizzazione di corsi intesivi di lingua italiana
b) i programmi di insegnamento/apprendimento possono e debbono essere  adattati alla specificità degli studenti non italiani (con anche conseguente riadattamento della valutazione).

Gli stessi principi sono poi stati ribaditi sia dalle Linee Guida per l’accoglienza (2006) che dal documento La via italiana all’intercultura (ottobre 2007).
La domanda da porsi è allora, casomai, la seguente:  queste indicazioni sono state realizzate o meno nella nostra scuola? E, se la risposta è negativa, perché non sono state realizzate?

Una seconda annotazione. Le esperienze delle scuole autonome
Non è qui possibile analizzare le molte esperienze positive realizzate in questi anni. Esperienze che hanno utilizzato con consapevolezza la logica e le possibilità connesse all’autonomia. Mi permetto solo di citare un volume che compie una rassegna di tali esperienze rielaborandole in un modello critico di Italiano come L2:  Marco Mezzadri, Italiano L2: progetti per il territorio, Parma – Perugia, Uni-Nova e Guerra ed., 2008.
Una lettura estremamente utile, anche per la discussione sul Piano educativo personalizzato (Pep) come strumento – guida che permette una reale progettazione degli interventi centrata sul soggetto che apprende (in questo caso lo studente non italiano neo arrivato). Molte scuole lo adottano da tempo come adottano tutta la flessibilità necessaria alla sua concreta realizzazione.

Terza annotazione. Il caso di Trento: un esempio di relazione tra scuola, territorio e norme
Recentemente la Provincia Autonoma di Trento ha formalizzato il regolamento per l’inserimento e l’integrazione degli studenti stranieri nel sistema educativo provinciale (articolo 75 della legge provinciale 7 agosto 2006, n. 5).

Senza alcun commento riporto  gli articoli 11-13 del regolamento:

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Art. 11
Laboratori linguistici di italiano per gli studenti

1. L’istituzione scolastica e formativa provinciale mette a disposizione degli studenti spazi permanenti, denominati “laboratorio L2”, al fine di offrire stabilità e continuità agli interventi e di favorire la motivazione allo studio. Il laboratorio L2 costituisce un luogo riconosciuto da tutti i docenti per sostenere le iniziative di integrazione e per potenziare l’attività svolta nell’ambito della classe, presupponendo la condivisione e il coordinamento degli interventi e delle attività da attuare.
2. Alle attività di laboratorio L2 sono ammessi, sulla base della valutazione del consiglio di classe e d’intesa con il facilitatore linguistico, singoli o gruppi di studenti, suddivisi per livello sulla base dell’analisi dei bisogni di apprendimento linguistico. La formazione dei gruppi prescinde sia dall’appartenenza dello studente alla classe d’inserimento sia dalla provenienza geografica e dalla L1; nel caso di laboratorio comune a più scuole, la formazione dei gruppi prescinde anche dall’appartenenza alla singola istituzione scolastica e formativa provinciale.
3. La formazione dei gruppi di studenti è volta a facilitare:

a) l’acquisizione della lingua utile a comunicare e ad agire sia nelle situazioni ricorrenti della vita quotidiana sia nei contesti scolastici che extrascolastici;

b) l’approfondimento e l’implementazione del livello di padronanza della L2 per comunicare, sia a livello ricettivo sia a livello produttivo;

c)  lo sviluppo delle capacità di base di lettura e scrittura in L2;

d)  la graduale acquisizione della L2 per studiare e apprendere le discipline e i linguaggi specifici e settoriali

 

4. La frequenza del laboratorio L2 da parte degli studenti è modulabile e modificabile sia rispetto alle esigenze di apprendimento sia rispetto all’assegnazione al gruppo e può, in particolare, strutturarsi secondo le seguenti modalità flessibili:

a)  con orario minimo giornaliero per la durata di tutto l’anno scolastico;

b)  con orario a scalare che può prevedere anche un periodo intensivo iniziale. I moduli intensivi possono essere inoltre previsti nei seguenti casi:

1) per gli studenti neo-arrivati da ripetersi più volte durante l’anno a seconda dei bisogni rilevati e dei flussi di arrivo;

2)  come avvio ai linguaggi disciplinari;

3) come preparazione degli studenti agli esami di Stato e di diploma.

 

5. Nell’ambito della propria autonomia organizzativa l’istituzione scolastica e formativa provinciale può organizzare le attività di laboratorio in orario scolastico, extrascolastico, nonché nei periodi di sospensione dell’attività didattica.

 Art. 12
Mantenimento e recupero della lingua madre

 1. Nell’ambito del progetto d’istituto l’istituzione scolastica e formativa provinciale individua modalità e interventi per favorire e mantenere l’uso della L1 con particolare riferimento a quelli volti allo sviluppo di azioni per:

a) l’attivazione di appositi corsi di L1 aperti anche agli studenti italiani;

b) l’elaborazione di unità didattiche che mettano in risalto la ricchezza e la varietà delle lingue e degli alfabeti;

c)  il coinvolgimento delle famiglie e l’utilizzo di comunicazioni plurilingui.

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Ho detto che non avrei commentato. E non lo faccio. Posso solo aggiungere che lo stesso regolamento prevede il protocollo di accoglienza, le figure del facilitatore linguistico, del mediatore culturale, il referente per l’educazione interculturale. Un caso, dica il lettore se positivo o meno, di interazione tra autonomia scolastica, territorio e normativa.
Il testo completo è disponibile nel portale della scuola trentina vivoscuola.it

Quarta annotazione: e in Europa?

Quando si dibatte si questi temi si cita sempre l’Europa. Ma spesso senza neppure darsi la pena di andare a verificare cosa succede davvero in Europa.
Chi a questo punto, mosso da curiosità, volesse capire come funziona l’inserimento degli alunni neo arrivati in Europa può dedicarsi alla rapida lettura del rapporto Eurydice dedicato proprio a questo tema.
Potrà così rendersi conto di come su questo tema la prima cosa da fare, se si vuole davvero tentare di risolvere il problema, è quello di evitare ogni forma di semplificazione ideologica per ricorrere ad un sano (e deweiano ) pragmatismo.
Il testo si intitola L'integrazione scolastica dei bambini immigrati in Europa 2004

Conclusione

Reginaldo Palermo ha buttato un sassolino nello stagno.
Nel mio piccolo ho cercato di fornire elementi di conoscenza che permettono di contestualizzare il tema in discussione.
Ognuno potrà farsi un proprio parere. Per quanto mi riguarda, in merito alla mozione Cota,  posso solo dire due cose:

a) è per lo meno ironico pensare che gli studenti stranieri neo arrivati debbano “studiare” e fare esperienza di intercultura. Intercultura con chi? Inter, che io sappia, implica la necessità della compresenza delle plurime identità che si “intrecciano”, che interagiscono. Mi pare difficile apprendere ad evitare l’etnocentrismo e la xenofobia se non si incontra l’altro, lo xenos (che, in greco, sta sia per straniero che per ospite…).

b) sono rimasto molto favorevolmente colpito dalle indicazioni presenti nella mozione Cota che sembrano tratteggiare il “programma” che si deve svolgere nelle classi ponte. Le riporto nuovamente e vi invito nuovamente a leggerle:

a) comprensione dei diritti e doveri (rispetto per gli altri, tolleranza, lealtà, rispetto della legge del paese accogliente); 


b) sostegno alla vita democratica; 


c) interdipendenza mondiale; 


d) rispetto di tradizioni territoriali e regionali del Paese accogliente, senza etnocentrismi; 


e) rispetto per la diversità morale e cultura religiosa del Paese accogliente; 


Ebbene, mi chiedo, non si tratta di un ottimo indice delle cose che dovrebbero fare/sapere/essere tutti gli studenti della scuola italiana? Non si tratta di un bellissimo indice delle cose da fare dentro la nuova disciplina “Cittadinanza e costituzione”?

E se è così, perché riservare tutto ciò solo ai ragazzi stranieri?

Aluisi Tosolini

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