(12.01.2010)
La CM n. 2 sulla integrazione degli alunni con cittadinanza non italiana
Complimenti !
In questi anni in questa rubrica abbiamo sempre evitato eufemismi ed equilibrismi: quando una cosa non ci piaceva l’abbiamo sempre detto argomentando il perché. Lo stesso quando ci si è trovati di fronte ad aspetti e prospettive che abbiamo considerato positivi ed innovativi.
Bene, a nostro parere, la CM 2 del 2010, intitolata “Indicazioni e raccomandazioni per l’integrazione degli alunni con cittadinanza non italiana” e firmata l’8 gennaio 2010 dal direttore generale Mario Dutto, è un’ottima circolare sull’integrazione.
Dispiace, sinceramente, che i media, in ciò spinti anche dalla sala stampa del Ministero stesso (cfr comunicato sala stampa dell’otto gennaio 2010) si siano concentrati sul solo dato del limite del 30% di alunni non italiani per classe. Facendo così apparire le 9 pagine della argomentata, precisa, problematica e complessa circolare di Dutto come un “favore politico” nei confronti del Partito Lega Nord che nella maggioranza governativa ha dato ultimamente segni di sofferenza soprattutto nei confronti del gruppo dei “finiani” che lavorano per il riconoscimento della cittadinanza per i “nuovi italiani”.
La logica di fondo della CM 2
La circolare Ministeriale n. 2 è molto ben fondata sulle precedenti normative, che sono alla base della storia ultraventennale dell’educazione interculturale in Italia. In particolare viene spesso fatto riferimento all’art. 45 comma 3 del DPR del 31 agosto 1999 che detta la linea normativa sulla materia (e che non può certo essere smentito da una circolare di indicazioni e raccomandazioni) e già fissa al 50% il tetto massimo di presenze di non italiani in classe.
Allora il tetto era fissato con un obiettivo molto chiaro: evitare che si creassero delle classi ghetto. Il tetto del 30% indicato oggi ha lo stesso scopo e, a ben ragionare, è in realtà persino più alto rispetto al 50%.
Mi spiego: il nodo sta tutto nella definizione di “alunni con cittadinanza non italiana”. È del tutto chiaro, infatti, che il tetto del 30% non si riferisce a studenti nati e cresciuti in Italia e che spesso hanno conoscenze e motivazioni allo studio ben più consistenti dei loro coetanei italiani (come ha ad esempio messo in rilievo l’analisi dell’Istituto Cattanaeo a partire dalla prove PISA del 2006 in Emilia Romagna dove percentualmente gli studenti di seconda generazione ottengono spesso risultati migliori rispetto ai coetanei italiani).
Il nodo è allora definire a chi si applica il tetto del 30%. Dalla lettura della Circolare non si può che applicare agli studenti neo arrivati (ovvero, come dice la letteratura scientifica, quanti sono giunti in Italiana da meno di 2 anni) che si inseriscono a scuola a partire dagli ultimi anni della scuola primaria (il tetto del 30% non può certo essere applicato alla scuola dell’infanzia!!!!). Se le cose stanno così il numero complessivo di studenti cui applicare il tetto del 30% risultano essere mediamente il 10% del numero totale di studenti non italiani che, tradotto a grandi numeri, significa circa 60.000 studenti.
La circolare sostiene infatti ad ogni passaggio che il tetto del 30% deve considerarsi sottoposto ad un numero tale di variabili e condizioni che non può, alla fin fine, che risultare puramente indicativo. Ed anzi, ad essere onesti, se davvero le scuole italiane applicassero tutte le attenzioni di cui parla la circolare io tenderei a considerare il tetto del 30%, soprattutto nei contesti territoriali delle grandi città, come troppo alto. 9 stranieri neo arrivati in una classe prima media o prima superiore di 29 alunni di una città di 100.000 abitanti costituiscono una contraddizione in termini e rendono effettivamente impossibile il raggiungimento del successo formativo per tutti.
Perché è questo che la CM 2 pone come obiettivo di fondo: il raggiungimento del successo formativo per tutti. L’applicazione dell’art. 3 della costituzione: nulla di più, nulla di meno.
Indicazioni e raccomandazioni
Ed è sintomatico che la CM si intitoli “Indicazioni e raccomandazioni”. Indicazioni e raccomandazioni che, vedrete, saranno certamente disattese nel caso in cui, per motivi particolarissimi di densità di studenti neo arrivati, si dovesse, ad esempio, dividere una classe in due aumentando cioè gli organici. In questo caso, vedrete, non ci sarà tetto che tenga !
Dopo di che è ovvio che la circolare sia costretta a stare sul vago indicando negli accordi di rete, nei patti territoriali, nelle azioni positive messe in atto dai dirigenti e dalla politica di programmazione territoriale dell’offerta formativa, la soluzione dei singoli casi e delle situazioni specifiche.
Esemplifico a partire da una situazione personale. Questo anno mi è stato affidato in reggenza l’Istituto Comprensivo Val Ceno in provincia di Parma: 13 scuole in 5 comuni di montagna tra loro molto distanti e con molte pluriclassi sia alle primarie che alle secondarie di I grado.
Se per caso giungesse nel comune di Bore una famiglia ucraina con 3 figli in età di scuola primaria la pluriclasse con 10 alunni in cui potrebbero essere inseriti sarebbe quasi quasi fuori legge. Ma che si fa? Si prende uno dei tre fratellini e lo si spedisce a 20 km presso un’altra pluriclasse? Ovvio che la circolare non voglia assurdità simili e che il buon senso, seppure ultimamente piuttosto latitante, obblighi chiunque ad evitare stupidaggini.
Azioni positive
Anche le diverse azioni positive suggerite dalla circolare sono da considerarsi utili e del resto sono frutto della saggia analisi delle buone pratiche che il territorio da anni ha messo in atto. Faccio un esempio: la circolare suggerisce che per gestire le iscrizioni ad anno scolastico avviato si identifichi una scuola polo che gestisce l’operazione. Cosa che da anni viene fatta in molte città, ad esempio da Piacenza da circa 6 anni, grazie ad un accordo tra Amministrazione Comunale, USP e scuole dell’autonomia.
Lo stesso si può dire per i diversi percorsi legati alla certificazione delle competenze linguistiche degli alunni non italiani: a Cremona, ad esempio, da anni le scuole superiori effettuano un bilancio delle competenze linguistiche per i neo iscritti (mentre ancora questi stanno frequentando la terza “media”) e poi, a seconda degli esiti, li invitano o meno a frequentare corsi di recupero e potenziamento che si tengono da fine agosto a tutto settembre. Lo stesso per quanto riguarda il riferimento ai mediatori interculturali.
Costi. E qualche ombra….
Qui siamo ad un punto dolente: la circolare non accenna ai costi delle operazioni che suggerisce ed indica. E siccome non si fanno le nozze con i fichi secchi…….occorrerà che prima o poi si dica con quali e quanti soldi si si pagheranno le molte azioni suggerite dalla circolare e che non possono essere realizzate a costo zero.
Certo, qualche ombra esiste. In particolare, ad esempio, non si capisce proprio perché debba essere il Direttore Scolastico Regionale deliberare o determinare se si può o no in certi contesti derogare dai tetti. In altri punti poi la CM si presta ad essere letta in chiave “restrittiva”. Ad esempio la CM2 ricorda che di norma lo studente va iscritto alla classe corrispondente alla sua età anagrafica (e riporta al riguardo la normativa: art. 45 comma 3 DPR 394/99). Sarebbe stato utile ad esempio precisare che non si deve esagerare (come in alcuni casi accade) spostando alunni di 12 anni in terza elementare).
Ed altre ombre potrebbero essere ulteriormente identificate. Ma complessivamente, se si vuole leggere il tutto senza pregiudizi, la CM2 non può che essere considerata positiva.
Si parla di integrazione…..
Da ultimo va sottolineato che la circolare si inserisce ed opera lungo il filone dell’integrazione.
Che come ben sanno i lettori di questa rubrica, l’integrazione è uno dei due grandi binari e filoni della sfida educativa della società multiculturale così come messo in risalto dal documento su La via italiana dell’educazione interculturale curato dall’Osservatorio Ministeriale nell’ottobre 2007 con il ministro Fioroni e che la CM 2 si guarda bene di ricordare (chissà perché poi, visto che ne riprende parti significative).
La parola intercultura fa capolino nella CM 2 a pagina 3, nella nota 4 che, inserita per spiegare l’ultima delle criticità segnalate sopra nel testo (“la presenza di culture diverse all’interno delle comunità straniere e il loro impatto con la cultura italiana”) così recita: “in proposito va peraltro ricordato come questa indubbia difficoltà, se opportunamente governata, possa tradursi nelle opportunità offerte da una positiva dinamica interculturale”. Traduco: attenzione, malgrado non lo si possa dire a voce alta, ricordatevi che l’Italia diventerà sempre più multiculturale e che la logica dell’interazione porterà ad un mutamento e ad una pluralizzazione di quella che viene ancora considerata, al singolare, La cultura italiana.
…ma esiste anche la via dell’interazione….
La CM 2 non affronta il tema dell’interazione. Non era suo compito. Il fatto che non l’abbia negata ma anzi abbia aperto uno spiraglio davvero significativo alla dimensione della trasformazione della scuola in chiave interculturale (si veda anche il punto 1. Dove si segnala la necessità e l’urgenza del “superamento di modelli e tecniche educative e formative tradizionali e l’adozione di metodologie, strumenti e contributi professionali adeguati alle nuove e diverse esigenze”) non può che andare a suo merito. Del resto non è certo nelle possibilità di una CM o di una legge …negare la realtà.
Su questo occorrerà dunque lavorare. Per il momento andiamo a leggere davvero cosa scrive la CM 2 lasciando stare l’uso politico/polemico che troppi ne hanno fatto.
Proviamo a fare il nostro mestiere di docenti, educatori, dirigenti e a realizzare quanto lì c’è scritto. Vedrete che in quasi nessuna classe si verificherà il caso del 30% e, laddove si verificasse, assisteremo alla difficoltà di gestire la contraddizione tra il rispetto della CM e la necessità di risparmiare che implica la necessità di non sdoppiare nessuna classe e non investire in alcun modo in nuove figure di sistema capaci di supportare le azioni suggerite.
E nel contempo continuiamo a lavorare per la formazione di quei cittadini glo-cali (italiani, neo italiani, neo arrivati, stranieri, multi e pluri religiosi, multi e pluri culturali) che richiedono formazione innovativa. A partire dall’educazione alla cittadinanza ed alla Costituzione cui fa riferimento la stessa CM 2.
Certo, dispiace che tutta questa
riflessione si riduca al dibattito, mal impostato ed ingannevole, sul tetto
del 30%.
Ma non l’abbiamo voluto noi.
Aluisi Tosolini