(18.12.2004)
Il dibattito sulle iscrizioni 2005/2006 e sui relativi
modelli da usare è indice dello stato di incertezza che vive la scuola di questi tempi,
nel bel mezzo di una Riforma incompiuta e soprattutto non condivisa. La stessa polemica,
se così si può chiamare, e le differenze emerse tra lAndis e i sindacati
confederali torinesi vanno lette in questo contesto. E così anche lintervento di
Federico Niccoli su ScuolaOggi.
Il cuore dellintervento di Niccoli sta nel rifiuto di un modello orario e scolastico
spezzatino, con un ventaglio di opzioni possibili per i genitori quasi fossero
al supermercato e non di fronte ad unofferta formativa, coerente e motivata, che listituzione
scolastica stessa propone allutenza. Non ad una variegata e mutevole clientela,
si badi bene, ma allutenza scolastica di un determinato territorio. Niccoli
rivendica quindi lintegrità e lunitarietà del progetto educativo e
curricolare della scuola, senza divisioni interne tra quota oraria obbligatoria,
facoltativa/opzionale ed aggiuntiva, con motivazioni di ordine pedagogico ampiamente
condivisibili.
Lascia invece un po più perplessi la proposta di un modello orario con due opzioni
(tempo pieno di 40 ore con due insegnanti, comprensive del tempo mensa o tempo scuola di
30 ore con eventuale tempo mensa aggiuntivo). O meglio: questa proposta può essere
coerentemente sostenuta nel caso di scuole che da anni sono strutturate interamente a
tempo pieno. Occorre però tener presente la realtà (a Milano pochissimo diffusa ma in
altre province o nel territorio nazionale maggioritaria) delle preesistenti classi a
modulo.
Di fatto le 27 ore (elevabili a 30 con la lingua straniera dalla terza classe) erano già
il modello orario e scolastico prevalente. Questo infatti era il modulo didattico,
fulcro della legge 148/90, che ora la riforma Moratti vorrebbe abbattere, accanto al tempo
pieno, con una concezione dellorario scolastico e della scuola come servizio a
domanda individuale, con una frammentazione di orari diversificati a seconda delle
richieste del singolo genitore-cliente.
In questo senso lalternativa che si può ragionevolmente proporre alle famiglie
specie nelle scuole ove vi erano già sia modulo che tempo pieno può essere
proprio la riproposta di questi due modelli orari ed organizzativi. E cioè: chi opta per
un modello orario ridotto, un tempo scuola breve, il solo tempo
obbligatorio delle lezioni, conferma liscrizione alle classi a modulo (27 ore
in prima e seconda, con 1 o 2 rientri pomeridiani ed eventualmente possibilità di mensa),
chi vuole un tempo scuola lungo conferma la scelta del tempo pieno (30 ore di
lezione e 10 di mensa). Daltra parte non era proprio il Ministro Moratti, in un
dibattito televisivo, a ripetere con tono rassicurante che dal punto di vista orario ed
organizzativo non cambia nulla
?
Non trascuriamo tra laltro il fatto che sul piano dellorganizzazione didattica
(e degli organici) restano tuttora in piedi i modelli del tempo pieno (2 insegnanti, una
classe) e del modulo (3 insegnanti su due classi). Questi modelli non sono (ancora) stati
soppiantati, almeno a Milano, da una nuova e diversa organizzazione didattica fondata su
tutor e insegnanti di laboratorio (1 insegnante tutor per classe + x insegnanti per n
classi
?). Questo passaggio, almeno sul piano contrattuale e dellorganizzazione
del lavoro dei docenti, è tuttaltro che compiuto. Non solo, ma occorre ricordare
che comunque i criteri e le modalità di utilizzo dei docenti, una volta assegnati alle
scuole, sono di competenza del Collegio, nellambito dellautonomia didattica ed
organizzativa delle scuole.
Il vero problema allora, ancora una volta, è lorganico docenti: quanti docenti
verranno assegnati alle scuole e sulla base di quali parametri? Non più i 3 insegnanti
ogni 2 classi nel modulo e i 2 insegnanti per classe nel TP, ma un numero di docenti
ricalcato sulle quote orarie complessive della scuola, destinato cioè alla mera copertura
oraria? E chiaro che questa variabile diventerà decisiva e condizionerà
pesantemente le stesse scelte e possibilità delle scuole.
Ma per il momento, perché discostarsi dai vecchi modelli preesistenti, che garantivano
unitarietà e organicità dellinsegnamento?
Occorre poi aggiungere che le famose 3 ore opzionali-facoltative, nellambito
del tempo pieno, possono essere opportunamente inserite nelle ore di compresenza. Nel
tempo pieno infatti due volte la settimana i docenti della classe vengono a trovarsi
contemporaneamente presenti , in genere dalle 10,30 alle 12,30, in taluni e più rari casi
anche dalle 14,30 alle 16,30. Ora è indubbio che le attività di recupero o di
laboratorio (si pensi al laboratorio di informatica ma anche ad altri,
creativo-espressivi, ecc.) possono essere utilmente svolte proprio in questa fascia
oraria, con i due insegnanti compresenti. Anzi, è proprio la compresenza che rende
possibile lapertura delle classi e il lavoro per gruppi di alunni. Senza compresenza
non cè altro che la classe intera, con un rapporto numerico 1 docente/20-25 alunni.
Proprio questa è una delle ragioni che stanno alla base della difesa del Tempo Pieno
contro un modello orario spezzatino, elevabile anche ad un
massimo di 40 ore (le 40 ore della Moratti, appunto), ma senza compresenze e senza
contitolarità sulle classi.
Per questo, nellattuale fase di incertezza normativa, conviene trovare un punto dappoggio
e sostenere i modelli orari ed organizzativi che hanno prodotto buoni risultati,
mantenendo lalternativa fra due opzioni fondamentali, tempo pieno e
tempo breve (o normale, o minimo, obbligatorio, che dir si voglia
). O
caldeggiando liscrizione al tempo pieno laddove questo ha rappresentato da anni unoggettiva
esigenza e una diffusa richiesta dellutenza (a Milano città oltre il 95% delle
classi!) oltre che un valido progetto educativo.
Aspettiamo comunque la circolare ministeriale sulle iscrizioni. E soprattutto aspettiamo
di conoscere come verranno determinati gli organici. Chissà che il MIUR non ci riservi
qualche altra, amara, sorpresa.