Leggere è un piacere

I ragazzi leggono poco (o niente). Ci lamentiamo e ce ne rammarichiamo perché, si sa, leggere è un piacere.
Siamo tentati di suggerire ai nostri studenti che leggere può diventare persino una vera e propria passione ma ci tratteniamo, perché poi dovremmo confessargli che può trasformarsi anche in un’ossessione invalidante. Leggere rende insonni e duri d’orecchi. Il lettore è capace di cavarsi gli occhi, è volubile ed emotivo, un asociale, solitario, una sorta di autistico. E così come il bulimico evita di passare davanti alle pasticcerie egli distoglie gli occhi dalle vetrine delle librerie per evitare acquisti compulsivi che renderebbero sempre più vacillante l’immensa pila, accanto al letto. (1)
Il lettore, confessa Bichsel, è come un tossicodipendente. E aggiunge: "I lettori sono quelli che non riescono ad assolvere certe funzioni corporali, penso al WC, se non hanno niente da leggere". (2)
Ma questo non possiamo dirlo ai nostri allievi; si spaventerebbero le creature e fuggirebbero inorridite a nascondersi davanti a uno schermo.
E allora, a scuola, ci limitiamo a ricordare loro che leggere è un piacere.
Un piacere magari temperato. Una "passione calma". Così, ad esempio, definisce la lettura F. Moretti (3), con un ossimoro suggestivo nel quale, però, sulla figura del lettore innamorato sembra prevalere quella del critico letterario distaccato che si impone di esercitare i suoi strumenti interpretativi e di non cadere nelle trappole seduttive della narrazione.
In ogni caso, siamo tutti d’accordo: travolgente o moderato, leggere è un piacere. Ovunque, ma non a scuola dove è quasi sempre una tortura.
E non mi riferisco soltanto all’annosa questione "pennacchiana" secondo cui la lettura per essere piacevole dovrebbe liberarsi dalle imposizioni e dagli esercizi di analisi testuale che la rendono automaticamente invisa e noiosa. Spesso questo è un falso problema che si supera con il buon senso. Il piacere della lettura non cresce proporzionalmente alla sregolatezza e l’analisi, la ricerca di significati non sempre ostacolano la nascita di una passione. Per dirla con Eco, anche i ginecologi si innamorano.
A me pare che il problema a scuola non stia tanto nel come ma soprattutto nel cosa si legge.
Provate a sfogliare qualche antologia scolastica, magari anche quelle più recenti, metodologicamente innovative, attente a non franare lungo la deriva di esercitazioni meccaniche e ripetitive, preoccupate di non restare impigliate fra incomprensibili e insensate griglie di comprensione. Provate e troverete testi che sembrano accuratamente selezionati per impedire qualsiasi processo di identificazione, incapaci di destare curiosità, provocare coinvolgimento. La scelta sembra destinata intenzionalmente a coltivare un odio profondo, inestirpabile per la lettura.
Holden, che è un adolescente (proprio come i nostri allievi), dice che i libri che gli piacciono di più sono quelli scritti da chi, terminata la lettura, vorresti che diventasse il tuo miglior amico. Uno a cui poter telefonare per fare due chiacchiere. E, invece, i nostri studenti alla stragrande maggioranza degli autori ospitati dalle antologie probabilmente farebbero soltanto telefonate minatorie.
E Ludmilla, la lettrice di "Se una notte d’inverno un viaggiatore", afferma che il romanzo che più vorrebbe leggere dovrebbe avere come forza motrice solo la voglia di raccontare, d’accumulare storie su storie, senza pretendere d’importi una visione del mondo, ma solo di farti assistere alla propria crescita, "come una pianta, un aggrovigliarsi come di rami e di foglie…"
Gli autori delle antologie dovrebbero ricordarsi che la passione per la lettura nasce quando muori dalla voglia di sapere come finirà la storia che stai sfogliando e non quando non vedi l’ora in cui finirà; quando i personaggi sono specchi che rimandano la tua immagine e/o quella di chi ti sta vicino e non quella di un estraneo che ti annoia, che non comprendi.
Lo so, è importante che i giovani si confrontino anche con punti di vista, emozioni ed idee lontani da quelli che popolano la loro quotidianità, che si aprano al dialogo con la diversità ma non dimentico che negli adolescenti gli altri possono essere accettati soltanto dopo aver riconosciuto e fatto i conti con sé stessi.
E i libri giusti, quelli che ti fanno innamorare della lettura, a questo dovrebbero servire. A partire da sé stessi per aprirsi agli altri. Per capirli.
Perché, se si parte bene, leggere è viaggiare e non fermarsi più. (4)

Note

(1) A. Francois, "La lettrice – biografia di una passione", Guanda, 2000
(2) P. Bichsel, "Il lettore, il narrare", Marcos y Marcos, 1992
(3) La Repubblica, 15 gennaio 2002
(4) A. Colasanti, Gatti e scimmie, Rizzoli, 2001 (un bel romanzo ambientato nel mondo della scuola)