Sebi Trovato
29.1.2000
Beniamino Placido, la torre di Babele
La Repubblica patinata del 1°gennaio 2000 ospitava un articolo di Beniamino Placido che
trattava della morte delle lingue periferiche a cui assisteremo nel prossimo millennio. In
fondo è ciò che dice anche Matteo, quando scrive che gli Inglesi pensano che non ci sia
bisogno di insegnare ai loro alunni una seconda lingua, visto che già la loro è
universale. B. Placido conclude il suo articolo con questa frase
Da qui siamo partiti, in questo mese, in classe, per il doveroso discorso della nostra lingua che nei secoli si è evoluta: una classe multietnica come la nostra, non poteva non far conoscere alle compagne straniere anche un po' del nostro passato....ed offrire a tutti una chiave per interpretare il linguaggio corrente.
"[...]semper enim erit ulterius aliquid, ex quo originis proximae origo descendat."
L'abbiamo presa, per dirla in breve, a brutto muso, cioè ci siamo messi a raccogliere alcune frasi "sconosciute" che dicono gli adulti a casa (
verba volant), a scuola (repetita juvant!!!!) o al tg o a Striscia la notizia (dulcis in fundo) e, persino, Cochi e Renato nel loro ultimo telefilm (in vino veritas)....e sono saltate fuori un mucchio di storie curiose.Immaginiamo, per esempio, le reazioni delle nostre classi quando la MAESTRA "è costretta" a pronunciare parole come .......
MUTANDE.se volete saperne di più |
Cosa c'entra, direte, con l'educazione interculturale ?
Prima cosa: i Saggi ci suggeriscono di confrontare le nostre radici col resto del mondo
che ruota intorno a noi...e noi cos'avevamo da confrontare con le nostre due compagne che
parlano tre lingue a testa ? Secondo...lo sapete chi era la prima ad
"indovinare" il significato della nuova frase del giorno ?
Proprio una di quelle due furbette, che, avvezza a pensare in una lingua ed a parlare in
un'altra....come dice un loro compagno..."dimostrava la fortuna degli
inesperti"...ma sarà vero che i nostri alunni "stranieri" sono
"inesperti" ?
Alla fine, abbiamo inserito le nostre frasi latine in lunghi racconti, perché, per
dirla come Demetrio
"Lo spazio del racconto è lunico, il più vero ed affettivo luogo
pedagogico dellapprendimento linguistico; in unaula, su un treno, per via,
dove possano prender forma e maturare le radici del pensiero e della speranza
interculturali. Tre sono i requisiti che rendono qualsiasi occasione di incontro con donne
e uomini "spaesati", con e per i loro figli, un rifugio fatto di parole:
- la possibilità di raccontare, o scrivere, di sé in assoluta libertà e spontaneità
- la possibilità di poter sviluppare, ampliare, arricchire il racconto
- la possibilità di lasciare a se stessi e ad altri noti o sconosciuti un messaggio che
possa essere raccolto e diffuso.
I racconti non li troverete in rete, ma l'idea può essere ripresa.
Buona navigazione
Sebi
con la collaborazione di Rita Carpanini, maestra di Medesano,
che prima o poi si deciderà a laurearsi
concludendo la sua tesi sul "latino e la sua influenza sulla nostra lingua"