Direzione didattica di Pavone Canavese


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01.05.2000

 

Multimedialità e centralità della didattica
di Mario Gineprini

 

In questi anni ho partecipato in qualità sia di formato che di formatore a diversi progetti ministeriali (Rete, Multilab, PSTD 1997-2000) e a numerose attività di aggiornamento che riguardavano la multimedialità. Qual è il bilancio di queste iniziative? Se dovessi rispondere sulle base delle difficoltà che, a differenza di qualche anno fa, incontro nel trovare libero il laboratorio multimediale, il giudizio non potrebbe essere che positivo. La scuola sembra essersi effettivamente mossa verso la direzione della multimedialità. Non credo, però, che questo miglioramento della quantità abbia determinato l’automatico superamento di problemi e difficoltà che un bilancio sincero non può ignorare. Problemi che vanno dalla fase della formazione degli insegnanti al lavoro con i ragazzi e che sarebbe, perciò, impossibile in queste sede elencare ed analizzare dettagliatamente.

Vorrei, però, almeno provare a ragionare su due coppie antitetiche la cui difficile ricomposizione ritengo che sia alla base dei problemi. Due coppie problematiche che ritengo strettamente correlate e che credo possano trovare una medesima risposta.

La prima coppia riguarda la fase della formazione degli insegnanti. I corsi, di cui almeno ho diretta esperienza, hanno oscillato, senza raggiungere un equilibrio stabile, fra la deriva della alfabetizzazione informatica e la deriva didattico - metodologica. Si insegna il funzionamento del PC e dei software o si va alla definizione degli orizzonti di senso che la multimedialità apre alla scuola? Risulta difficile conciliare queste due esigenze che a me, però, sembrano entrambe legittime: l’alfabetizzazione è fine a se stessa se prescinde da una progettualità didattica, ma è anche chiaro che i percorsi didattici acquistano contorni più precisi se c’è familiarità con il mezzo elettronico. Ciò ha spesso determinato un atteggiamento altalenante dei formatori, al quale hanno contribuito molto spesso anche gli insegnanti: da una parte quelli che "il difficile è imparare a usare la bestia, poi non ci sono problemi…" e dall’altra quelli che "si, ma adesso che lo so usare che ci faccio?". Il rischio è (sto esagerando volutamente) di saper usare perfettamente Toolbook ma ignorare la retorica ipertestuale e la sua contestualizzazione in ambito didattico o al contrario essere consapevoli delle ricadute cognitive e metacognitive della costruzione ipertestuale ma di maneggiare con difficoltà il mouse nell’inserire un campo di testo o una parola calda.

La seconda coppia riguarda invece il lavoro con la classe, quando si portano i ragazzi in laboratorio. Anche in questo caso, mi pare che prevalgano due atteggiamenti contrapposti, con difficoltà conciliabili. Per illustrarli mi voglio servire di risolvere due "problemini", come quelli che una volta i bambini delle elementari erano chiamati a risolvere.

Il primo l’ho tratto da "Verso un’ecologia della mente" di G. Bateson. "Una certa mamma quando il suo bimbo ha mangiato gli spinaci, lo premia con un gelato. Di quali ulteriori informazioni avreste bisogno per essere in grado di predire se il bimbo: a) giungerà ad amare o ad odiare gli spinaci; b) ad amare o ad odiare il gelato; c) ad amare o ad odiare la mamma?" Ho provato a rifarmi la stessa domanda sostituendo qualche termine. Insegnante al posto di mamma, tradizionale lezione trasmissiva per spinaci e multimedialità per gelato. E mi sono risposto che in questo caso non ci vogliono altre informazioni per trovare la soluzione. L’odio per la lezione - spinaci è un dato di fatto così come quello per la mamma - insegnante (o almeno per l’istituzione che rappresenta). E sono convinto che non tarderà ad arrivare neppure quello per il gelato – multimedialità se quest’ultima verrà considerata come la domenica della didattica o come un tributo ormai inevitabile ai nuovi strumenti di comunicazione di cui facciamo omaggio ai nostri allievi. Questa è la posizione di chi continua, pur riconoscendole, a giudicare negativamente le "nuove forme del sapere", di chi intravede con rammarico in questa fase il passaggio irreversibile e inconciliabile dalla intelligenza sequenziale e da conoscenze lette, a intelligenze simultanee e conoscenze viste e sentite. E’ la posizione di chi si avvicina alla multimedialità con lo spirito della vittima sacrificale al totem della "modernità"; si riconosce un evento travolgente, ci si piega alla sua prepotenza per non scontentare l’utenza ma si continua a guardarlo con l’occhio appannato dai pregiudizi. Si è ancora intimamente convinti che il valore nutritivo degli spinaci sia superiore a quello del gelato. E allora finché si scherza si va in laboratorio ma quando il gioco si fa duro è bene rientrare in aula. Un nobile riferimento bibliografico di questo atteggiamento è l’ultimo libro di R. Simone, "La Terza Fase", edito da Laterza.


Per introdurre il secondo atteggiamento riprendo, invece, l’evoluzione di un "problemino" di matematica, tratto da "Segmenti e bastoncini" di L. Russo ed edito da Feltrinelli.

1960
Un contadino vende un sacco di patate per 10000 lire. Le sue spese di produzione sono 4/5 del prezzo di vendita. Qual è il suo guadagno?

1970 (insegnamento tradizionale)
Un contadino vende un sacco di patate per 10000 lire. Le sue spese di produzione sono 4/5 del prezzo di vendita, e cioè 8000 lire. Qual è il suo guadagno?

1970 (insegnamento innovativo)
Un contadino scambia un insieme P di patate con un insieme M di monete. La cardinalità dell’insieme M è uguale a 10000 e ogni elemento di M vale una lira. Disegna 10000 grossi punti che rappresentino gli elementi dell’insieme M. L’insieme S delle spese di produzione è un sottoinsieme di M ed è formato da 2000 grossi punti in meno di quello dell’insieme M. Rappresenta l’insieme S e rispondi alla domanda seguente: qual è la cardinalità dell’insieme G che rappresenta il guadagno? Disegna G in colore rosso.

1980
Un contadino vende un sacco di patate per 10000 lire. Le sue spese di produzione sono 8000 lire e il suo guadagno è di 2000 lire. Sottolinea la parole "patata" e discutine con i tuoi compagni.

2000 (quest’ultima evoluzione è una mia ipotesi)
Supponendo che degli agricoltori vogliano vendere un sacco di patate per 10000 lire, fai una ricerca in Internet per determinare il volume della domanda potenziale di patate nel nostro paese. Completa la ricerca analizzando gli elementi del problema e costruendo la struttura reticolare dei rapporti che intercorrono fra essi. Infine, dopo aver preparato una presentazione multimediale del lavoro, fai una tabella a doppio ingresso o un grafico per mostrare i diversi modi di cucinare le patate.

E’ chiaro che parlo di chi, il fenomeno si ripete ciclicamente, crede o spera di aver trovato la panacea che risolve tutti i problemi della scuola e che si può applicare in ogni contesto, di chi vede nelle nuove tecnologie soltanto lo strumento che conduce ad apprendimento "naturale", più facile e meno faticoso di quello simbolico- ricostruttivo, imposto dal sistema-scuola. Secondo costoro la multimedialità rappresenta il momento della negazione di un processo dialettico che deve sostituire strumenti cognitivi ormai obsoleti. E sembrano dimenticare che così la multimedialità rischia di perdere significatività cognitiva, di trasformarsi in un’attività incapace di fornire anche strumenti mentali organizzatori in grado di attribuire significati, di operare delle distinzioni, di esplicitare delle analogie, di fare chiarezza là dove altrimenti le esperienze resterebbero frammentate, caotiche e non memorizzabili. Il riferimento bibliografico di questo atteggiamento è il libro, edito da Laterza, "Computer per un figlio" di F. Antinucci.

Pur collocandosi su prospettive radicalmente diverse, mi sembra, perciò, che queste due posizioni giungano alla medesima conclusione: la nascita di nuove forme di comunicazione espelle quelle precedenti, tra scuola/libro e multimedialità/computer vi è un’inevitabile contrapposizione.

Come uscire da questa doppia dicotomia? E’ ovvio che la mia non è una soluzione precostituita ma l’indicazione di una strada maestra da seguire, con molteplici percorsi e scenari da progettare. Un’indicazione che trova i suoi riferimenti bibliografici in "Manuale di didattica multimediale" di R. Maragliano (Laterza), "Didattica generale" di F. Frabboni (Bruno Mondadori) e "La testa ben fatta" di E. Morin (Raffaello Cortina).

Credo che sia possibile spezzare questa situazione di stallo con una forte riaffermazione della centralità della didattica.

E di quale didattica abbiamo bisogno per sanare la (apparente) contrapposizione tra l’apprendimento formale, supportato dal testo cartaceo, e l’apprendimento informale trasmesso dai nuovi media? Per integrarli in una logica di sistema? Per fare in modo che carta e libro agiscano insieme ai nuovi media con l'obiettivo di contribuire all'evoluzione dell'individuo tutte insieme, in quanto sistema? La didattica che può consentire questa operazione è una didattica problematica, come la definisce Frabboni, una didattica per progetti che non atomizza e gerarchizza l’apprendimento, lega il sapere a situazioni problematiche da risolvere, non sviluppa i contenuti in quanto tali ma li finalizza impiegandoli in un’azione. Una corretta applicazione della multimedialità ha bisogno di una scuola che sviluppi i contenuti all’interno di una tematica comune, che offra occasioni di rielaborazione delle conoscenze, che incentivi capacità strumentali e procedurali. Una didattica per progetti richiama l’uso della multimedialità, liberando il processo educativo dal ruolo trasmissivo e riproduttivo, tentando di riconciliare sapere sociale e sapere scolastico. La missione di questa didattica è "quello di mettere in comunicazione le dimensioni di sviluppo delle diverse età generazionali (gli stadi cognitivi e socioaffettivi dell’infanzia, adolescenza, giovinezza, ecc.) con i sistemi simbolico – culturali (le strutture della cultura diffusa a scuola e nell’extrascuola nonché i modelli etico – sociali delle comunità di appartenenza)". La multimedialità può acquistare pienamente orizzonti di senso in questa visione sistemica, che fa della scuola un ambiente predisposto per lo studio di tutte le modalità che comunicano conoscenze. E, al di là della multimedialità questa è una condizione indispensabile per educare "teste ben fatte" in cui alberghi intelligenza connettiva e pertinente; è un obiettivo imprescindibile di una scuola che voglia promuovere un’intelligenza capace di considerare il contesto e il complesso, una scuola che non insegni soltanto a isolare e separare (saperi, discipline, ecc.), a disgiungere ma soprattutto a collegare e integrare.

Vorrei concludere con un’immagine. Poco lontano dalle coste orientali irlandesi si trovano le Aran, isole particolarmente inospitali, ricche soltanto di rocce calcaree sulle quale gli abitanti riescono miracolosamente a coltivare avena e patate. La fonte di reddito principale, almeno prima di essere scoperte dal turismo, era ovviamente la pesca. I marinai dell’isola usavano delle barche, i curragh, piccole e leggere, costruite prevalentemente con pelli animali. Imbarcazioni adatte ad essere velocemente trasportate sugli scogli, non esistono comodi approdi, e a cavalcare le onde dell’Atlantico. Ma l’aspetto, almeno apparentemente, più singolare era dato dalla voluta incapacità di questi uomini di mare di nuotare. Sceglievano deliberatamente di non imparare a nuotare per impedire a se stessi che la sicurezza che ciò avrebbe potuto determinare gli avrebbe fatto dimenticare o sottovalutare i pericoli dell’oceano. Ecco, io credo che anche noi nei confronti dell’oceano multimediale dovremmo assumere un atteggiamento simile. Rifiutiamoci di imparare a nuotare, ovvero di avere un approccio e preoccupazioni che riguardano esclusivamente lo strumento tecnologico, confidando che la sua conoscenza ci consenta automaticamente di superare le difficoltà. E come quei vecchi marinai usavano la leggerezza dei curragh per superare le onde, noi cerchiamo di superare il disorientamento che le tecnologie e le nuove forme del sapere procurano e utilizzarle proficuamente con gli strumenti che una didattica rinnovata è in grado di fornirci.

Mario Gineprini
mgine@tin.it