Direzione didattica di Pavone Canavese |
(06.12.2008)
Il mito del Mezzogiorno (forse bisognerebbe conoscere meglio la storia)
L'Italia non è solo terra di poeti, santi e navigatori ma anche di miti. Uno di questi – forse il più difficile da sfatare – riguarda il Mezzogiorno. Dell'esistenza di “due Italie” si parla ormai da decenni: è il Nord il traino della nostra economia, la regione più avanzata e progredita d'Italia, mentre il Sud appare lontano, non solo nello spazio ma anche nel tempo, una sorta di limbo, per quanto pittoresco, sottratto da sempre al progresso storico. “Pregiudizi, falsità, cattiva informazione, schematismo: sono queste – scrive lo storico Mario Iaquinta – le costanti che hanno accompagnato l'immagine del Mezzogiorno nel mondo [...]. Una immagine che ha fatto comodo a molti, sia a Nord che a Sud, e che ha fatto la fortuna di tanti partiti e tanti uomini politici, i quali hanno usato la miseria del Sud e la sua ideologia per finalità che nulla avevano a che fare con gli interessi e i bisogni dei meridionali” . A volerla leggere seriamente, infatti, la storia ci mostra un quadro ben più complesso. I dati ci mostrano infatti un'economia meridionale pre-unitaria dinamica, relativamente progredita, sicuramente in grado, almeno all'inizio, di reggere il confronto con quella settentrionale. “Soprattutto nei settori cantieristici e meccanici – sottolinea Iaquinta – alcune regioni del Mezzogiorno potevano vantare una più sviluppata organizzazione del lavoro e una più accresciuta capacità produttiva rispetto al resto del paese”. La più grande industria meccanica della penisola nel 1861, per esempio, non si trova al nord, bensì a Pietrarsa, vicino Napoli: un'area di più di trentaquattromila metri quadrati, con mille addetti, contro i quattrocento dell'Ansaldo di Genova. Nell'entroterra calabrese, poi, in un'area di dodicimila metri quadrati, sorge il complesso siderurgico di Mongiana, il primo produttore italiano di materia prima e semi-lavorati per l'industria metalmeccanica, che a pieno regime produce milleduecento tonnellate di ghisa, quanto le più avanzate industrie del Nord Europa. Calabria e Campania sono, insieme a Lombardia, Liguria e Piemonte, le regioni più industrializzate del paese. La reale spaccatura del paese, la nascita delle “due Italie”, dunque, si impongono solo in un secondo momento, grazie alla miopia dei governi post-unitari. Con la Destra storica, infatti, il Sud paga i costi delle guerre risorgimentali, quindi l'abbattimento dei dazi doganali, infine la leva di massa e la guerra al brigantaggio; con la Sinistra Storica, la scelta di puntare su una ristretta zona del Settentrione, il triangolo Genova-Milano-Torino, dove concentrare quelle industrie pesanti che pure già esistevano da tempo nel Sud del paese, e di sostenere i ceti parassitari del Mezzogiorno, gli agrari soprattutto. E così il Sud diviene terra di clientele, di voti di scambio, di assistenzialismo parassitario. A milioni di uomini e di donne viene scippato il futuro. A molti, anzi moltissimi di loro non rimarrà che cercarlo altrove.
Per approfondire
"Mezzogiorno, emigrazione di massa e sottosviluppo", di Mario Iaquinta,
Luigi Pellegrini Editore, 2002