(17.01.2010)
Disparità scolastica - di Marina Boscaino
In un climax ascendente – dal grembiulino, al voto numerico
– passando attraverso una serie di proposte in alcuni casi profondamente lesive
persino del principio di uguaglianza (ricordate le classi-ponte, eufemismo per
valorizzare il progetto di segregazione degli studenti migranti in appositi
ambienti - differenziati da quelli dei coetanei purosangue - in cui relegare
tutte le “diversità”? O i presidi-spie, delatori e espulsori di studenti non in
regola con il certificato di cittadinanza, anche se – come recita la
Costituzione – “La scuola è aperta a tutti”?) la Gelmini è arrivata nei giorni
scorsi ad annunciare tramite una circolare ministeriale il tetto del 30% di
alunni stranieri per classe.
Dilettante allo sbaraglio, Gelmini è affetta da un raro caso di delirio
interventista. La luna le consiglierebbe saggezza. E soprattutto di concentrarsi
maggiormente sui motivi per cui
tutti gli organi preposti hanno dato un parere più o meno negativo alla sua
“riforma” delle superiori. Lei, inflessibile figlia della Padania, non intende
retrocedere, dovendo tener fede ai preventivi di taglio ipotizzati nella
Finanziaria dello scorso anno, non rispettare i quali significherebbe venir meno
al mirabile obiettivo dei meno 7.6 miliardi di euro alla scuola pubblica entro
il 2011. Parola di Giulio Tremonti.
La luna consiglierebbe saggezza: quando la gran parte della scuola superiore si
sveglierà dal torpore in cui continua a crogiolarsi e si renderà conto dello
scempio che gli cadrà addosso se passa la “riforma”, le conseguenze anche a
livello di consensi potrebbero essere esiziali. Intanto sorgono come funghi
sacrosante richieste di rinvio della
"riforma". Ma lei, inflessibile seguace
del Gran Simpatico, di quello “con le palle”, che “magari ce ne fossero mille e
menomalecheluic’è”, va avanti ugualmente. E mentre va avanti, spara a 360 gradi.
Sconfinando nei terreni più vari.
Non era difficile preventivare che la disposizione contenuta nelle "Indicazioni
e raccomandazioni per l'integrazione di alunni con cittadinanza non italiana", inviate a tutte le scuole del territorio nazionale in vista
delle prossime iscrizioni, avrebbe suscitato enormi polemiche. Alle quali, come
ha fatto tante volte, Gelmini ha dovuto opporre la smentita delle sue stesse
affermazioni: il tetto del 30% coinvolge solo gli studenti non nati in Italia.
La politica scolastica di Gelmini è perfettamente integrata con il clima di
accoglimento di parole come “ordine” e “sicurezza” che - manipolate a dovere –
rispondono a bisogni elementari di una parte della nostra società, banalizzando
e decomplessificando fenomeni di portata notevole. In una semplificazione
demagogica e pericolosa.
Annuncio sconcertante, comunque, nella prima
e nella seconda versione, sia dal punto di vista del metodo che del
merito. Nel metodo, come ricorda l’avvocato
Corrado Mauceri,“i
criteri per la composizione e la formazione delle classi sono di competenza
esclusiva degli organi di democrazia scolastica e cioè dei collegi dei docenti e
dei consigli di istituto”.
Si tratta, insomma, dell’ennesima incursione, in
termini non propriamente ortodossi, in una materia che non è appannaggio del
ministro, in una violazione reiterata dell’autonomia scolastica.
Nel merito si tratta di
una miope risposta all’allargamento in termini multietnici della nostra società,
che di una potenziale risorsa sta facendo un problema, cavalcando timori
ancestrali e pre-giudizi immarcescibili. Non è qui, credo, il caso di segnalare
– attraverso i dati, tanti, che i quotidiani hanno prodotto in questi giorni –
l’assurdità anche da punto di vista esclusivamente utilitaristico per la nostra
vecchia società, di attuare un simile provvedimento.
Gli
alunni dell’est asiatico sono molto bravi in matematica; quelli rumeni
raggiungono risultati migliori dei compagni italiani. Ma poco importa. Alla base
di qualsiasi valutazione di principio dovrebbe esserci
la considerazione di due delle funzione principali
della scuola: quella di licenziare cittadini consapevoli, favorendo
un’emancipazione positiva dalle condizioni di partenza. Vista da questo punto di
vista, la questione renderebbe la scuola il luogo deputato per esercitare
l’integrazione, per favorire un modello duplicabile, replicabile nel fuori,
nella società: un modello di società effettivamente multietnica.
Gelmini, come in molti
altri casi, fornisce risposte burocratiche a situazioni di complessità estrema.
Usando il segno meno, là dove la risposta dovrebbe essere il più: più fondi, più
integrazione, più mediazione, più cittadinanza per ragazzi che vengono da
culture altre, spesso da situazioni socioeconomiche difficili.
Una
documentazione datata 2005, elaborata dallo staff dell’allora ministro Moratti,
dimostrava che l’aumento della percentuale degli alunni stranieri per classe non
incideva sulle promozioni. Viceversa, migliorava le prestazioni degli alunni
italiani. Risulterebbe pertanto irrilevante la dichiarazione del ministro:
"La presenza di stranieri nella scuola italiana, spesso concentrati in alcune
classi – ha detto il ministro - non è certo un problema di razzismo ma un
problema soprattutto didattico". "Lo sanno - continua - le molte mamme che
vedono la classe dei loro figli procedere a due velocità di crescita formativa,
con alcuni studenti che rimangono indietro ed altri che riescono ad andare
avanti meglio".
L'obiettivo dichiarato è quello di migliorare
l'integrazione degli alunni non italiane in classe. Se i dati Invalsi (Istituto
Nazionale di Valutazione) dimostrano che dalle elementari alle superiori i figli
dei migranti restano indietro, con un tasso di bocciature
superiore
a quello dei compagni italiani soprattutto in Lombardia (una delle regioni che
più sarà coinvolta dal provvedimento)
bisognerebbe forse pensare a come incidere positivamente su quelle percentuali,
riconoscendo alla scuola, come si diceva, la funzione di “ascensore sociale” e
di massimo strumento per far sì che quegli studenti diventino a tutti gli
effetti detentori di diritti non solo giuridici di cittadinanza. Ma di quelle
competenze che li renderanno artefici di democrazia e progresso nella nostra
società.