(22.02.2010)
Acceleratori di particelle - di Marina Boscaino
La riforma non è ancora passata. La riforma non è ancora
passata. La riforma non è ancora passata. Occorre ricordarlo a tutti. A quelle
scuole superiori e a quegli insegnanti, che stanno “orientando” i ragazzi delle
III medie, configurando una realtà che non è ancora testo di legge. Ai politici
della cosiddetta opposizione che – tranne in rarissimi casi – hanno dimenticato
completamente di sostenere quella parte degli insegnanti che non ha intenzione
di mollare nella battaglia che sta. Ai media, che continuano a parlare – in modo
pedestre, disinformato, strumentale - di riforma approvata e di “nuova scuola”,
quando non ad usare toni trionfalistici decisamente inopportuni rispetto alla
dismissione di cultura ed emancipazione che i nuovi assetti configurerebbero.
Per la cronaca, anche se – a quanto pare – nel Paese del Tg di Minzolini e dei
suoi fan questa è una questione di noiosi dettagli, i regolamenti devono ancora
passare al vaglio della Corte dei Conti, alla firma del Presidente della
Repubblica, per poi essere pubblicati in Gazzetta. Questo finché un qualche
colpo di mano, un qualche anelito alla “semplificazione”, alla “non burocrazia”,
alla “modernità” (alcune delle parole che stanno mandando a
gambe
all’aria il nostro Paese) deciderà di confinare in cantina quest’iter
costituzionale, come si fa per le cose che un tempo ebbero valore, ma che ora
non sono più adatte. E che prima poi avremo il coraggio di rottamare.
Residuale comunità di individui non interessanti per la continuazione della specie: ecco come nel nostro Paese si sente chi pensa che le procedure democratiche debbano ancora rispettate. Una sensazione sgradevole, spalle al muro, minoranza e minorità, impotenza di una sconfitta che è nei fatti. I regolamenti delle “nuove” superiori costringeranno le scuole – luoghi di promozione ed esercizio della legalità - a cominciare il prossimo anno con il regime “riformato”, nonostante abbiano ottenuto il parere negativo di tanti organismi preposti. Il Consiglio di Stato, pur rettificando il no iniziale, ha rilevato aspetti sostanziali, ai quali il Governo ha implicitamente risposto: non importa, andiamo avanti lo stesso. Infatti ha approvato “riordino e semplificazione” della scuola superiore targati Tremonti-Gelmini, tandem esplosivo di abilità ragionieristica e analfabetismo costituzionale. Su quali richiami si sta soprassedendo? Il CdS ha chiesto di eliminare dai regolamenti il comitato tecnico-scientifico, che sconfinerebbe nelle prerogative del collegio docenti e del consiglio di istituto. Nella nuova stesura, è previsto che quell’organismo diventi opzionale (come se non si sapesse cosa bolle in pentola con l’introduzione del consiglio di amministrazione nelle scuole, ddl Aprea). Soprattutto, il CdS ha chiesto di disciplinare con disposizione con contenuto normativo tre temi strategici (le Indicazioni Nazionali – i cosiddetti “programmi” -; gli indicatori per valutazione e autovalutazione; l'articolazione delle cattedre, che vuol dire: come portarle tutte a 18 ore di lezione effettiva, per tagliare di più e ridurre le scuole in ginocchio, privandole del personale disponibile per fare le supplenze). Tematiche “calde” per il funzionamento delle scuole. Le Indicazioni, peraltro, coinvolgono anche la dimensione e le scelte culturali della comunità nazionale. Nella prima bozza di regolamento quelle materie venivano affidate a decreti “aventi natura non regolamentare”. Ora, dopo il richiamo, la formula è stata sostituita con “decreti”. “Si mantiene pertanto il carattere non normativo, a differenza di come aveva suggerito il CdS; e si ribadisce la deroga al potere regolamentare che la legge aveva attribuito al Governo nel suo insieme e non al singolo ministro” così chiarisce l'avv. Corrado Mauceri.
E’ bene comprendere che, se il suggerimento fosse stato accolto, si tratterebbe di
riattivare un iter (con nuovi passaggi al Consiglio dei Ministri e agli organi
consultivi e di controllo) che metterebbe in forse la riuscita dell'operazione
entro l'1 settembre 2010. Non è un caso la fretta che Gelmini ha di far partire
subito la “riforma”: solo in quel modo si terrà fede alla previsione di taglio
che Tremonti ha ipotizzato nella Finanziaria 2009 per l'anno corrente, il solo
motivo dell'intera “riforma”. Sbagliamo a chiedere procedure certe? Io credo di
no. La “riforma” è stata già sottratta al dibattito parlamentare. Se ammettiamo
che l'iter venga considerato un rituale da rispettare nella forma, ma non nella
sostanza, compiamo un grave arretramento in termini di tutela di diritti
collettivi, di legalità. Peraltro non sono ancora stati pubblicati i regolamenti
definitivi, ma solo i quadri orario. E non sul sito del ministero, ma su
quello dell’Ansas (Agenzia
Nazionale Supporto Autonomia Scolastica, ex Indire): in questo modo il Miur ha
pensato di placare le ansie delle scuole che potranno così propagandare
declinazioni di discipline, ipotizzare perdite, immaginare indirizzi
alternativi, stornando la già scarsa attenzione da ciò che è molto più
importante. Ancora di più limitare l’attenzione al proprio piccolo orticello,
quando qui si sta configurando, invece, l’indebolimento globale dell’intero
sistema di istruzione, svenduto alle urgenze di Tremonti.
La
“riforma” è stata ridotta ad un mucchio di quadri orario: che tagliano,
impoveriscono, limitano, ignorano. Ma che sono l’unica cosa che fino a questo
momento ha interessato la maggior parte degli insegnanti e degli istituti. Senza
progettualità culturale, senza respiro didattico e pedagogico. In questo senso,
sì, coloro che ci governano sono coerenti con il proprio mediocre
dilettantismo.Il problema è che quasi nessuno trova nulla da ridire.
Un
po' poco, per una “riforma epocale” che dovrebbe partire tra pochissimi mesi. La
verità è i testi dei regolamenti non sono pubblicati per il semplice fatto che,
in particolare quelli dell'istruzione professionale, non sono ancora pronti. C'è
il problema degli accordi con le regioni, in quel segmento della scuola che avrà
20 facce diverse. Così come quello delle qualifiche professionali, di cui manca
un repertorio nazionale. Insomma, un testo approvato che non si può leggere,
perché ancora rimanipolato nella sostanza dirimente di un segmento fondamentale
– il più critico – dell’intero sistema di istruzione superiore. Intanto, in
attesa del parere vincolante della Corte dei Conti e della firma di Napolitano,
nulla è/span>
veramente legge, se non nel
blob mediale. Ricordiamolo bene,
ricordiamolo a tutti. A quelli, soprattutto, che pensano che in questo Paese le
leggi si facciano attraverso demagogici annunci televisivi.
Nel
silenzio generale, a Bologna la scorsa settimana sono state occupate 10 scuole.
La stampa nazionale non ne ha parlato. I “resistenti”, d’altro canto, non
demordono: il 13 marzo convegno di Per la Scuola della Repubblica, insieme al
Coordinamento delle Scuole Secondarie e il Coordinamento Insegnanti Precari a
Roma, proprio per sottolineare queste italianissime anomalie.