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(17.07.2012)

La retorica di Aristotele - di Marina Boscaino

Qualche giorno fa la rivista Adista Segni Nuovi, di cui sono collaboratrice, ha pubblicato questo mio articolo, dal titolo "I bei tempi di Aristotele":

 

Chi rompe paga. E i cocci sono suoi. Continuano a lasciarmi perplessa alcune dichiarazioni di Profumo, sempre più ostinatamente improntate ad un trito  buon senso, che lascia un’impressione di incompiutezza e di sospensione ancora maggiori: mai una dichiarazione significativa. Davanti alla legittima levata di scudi in seguito alla scelta di un testo di Aristotele particolarmente ostico come seconda prova dell’esame di Stato al liceo classico, il ministro ha affermato: «Mentre in passato c'era molta più attività di traduzione, in questi anni questa si è un po’ vanificata. Le scuole però sono scuole, e quindi bisogna non lamentarsi della prova ma eventualmente chiedersi se si è fatto abbastanza». Rimpianto per il passato e per metodologie ed approcci che si sono  innegabilmente perduti nel tempo, dunque. «È chiaro – ha aggiunto – che i ragazzi oggi sono stimolati da altre cose, hanno anche modalità diverse nello studio. Nella scuola non c'è ancora l'etica di cosa e quanto si ottiene da internet rispetto a quanto poi diventa proprio della persona; si ritiene che l'informazione di internet sia un bene comune e invece bisogna  fare attenzione». A cosa si riferisse il ministro non è dato sapere: alla  diffusa – e riprovevole – pratica di scaricare le traduzioni dalla rete? Ad una cultura tecnologica che si esaurisce solo nella tecnicalità e non in una  responsabile assunzione di senso attraverso metodologie di ricerca  consapevoli? Qualsiasi sia la risposta, ci chiediamo che cosa significhi  quell’affermazione rispetto all’oggettiva ostilità del testo proposto. Gli studenti, ha chiosato il ministro, «quando maturano devono avere anche  una certa autonomia, devono essere capaci di approcciare un problema in modo  un po' diverso ed è questo che le scuole devono insegnare, non solo a  ripetere quanto è stato fatto; e il liceo classico, in particolare, ha  questo scopo». Bisogna prenderla, quindi, «con serenità», ha concluso, «ci  sono prove un po' più severe e prove meno. Sarà tenuto conto di quello che è  stato il risultato medio, se abbassiamo sempre il nostro livello, non credo  facciamo il bene del nostro Paese». Sarà tenuto conto da chi? Nel senso: la criticità di quel testo è determinata da un lavoro non efficace da parte dei docenti o da uno studio non sufficiente da parte degli studenti, che ha  determinato una insoddisfacente capacità di traduzione? Oppure si vuole  puntare il dito su una tendenza troppo meccanica all’assunzione di nozioni  che non si traducono in conoscenza e cultura? Ipotesi se ne possono fare  tante. E il sospetto è che non si capirà mai cosa Profumo intendesse dire. È certa però l'incapacità di ammettere l'inadeguatezza delle scelte di chi ha la responsabilità di decidere. E l’ostinazione a considerare la scuola come un’entità che debba trovare in se stessa – senza aiuto, indicazioni, strumenti, formazione, fondi, riforme vere e non annunciate o millantate o che occultino sotto mentite spoglie tagli draconiani – energie ed entusiasmi  per garantire la propria immobilità (la versione di Aristotele e i bei vecchi tempi in cui si traduceva davvero) e, al tempo stesso, la capacità di accogliere il senso del divenire. Ammesso che ciò cui fa riferimento il ministro possa essere considerato tale. Tutto a costo zero. Anzi, a costo due punto zero.

 

Ci sono state varie reazioni, soprattutto da parte di insegnanti della classe A052, quella di latino e greco. La più significativa mi è parsa quella di un mio collega di scuola, Massimo Sabbatini, uomo colto e impegnato ad interpretare nel senso della cittadinanza attiva la nostra professione.

 

Cara Marina, poiché  con questo Aristotele mi sono scontrato a lungo, mi permetto di mandarti la mia proposta di traduzione da me sottoposta alla commissione per la correzione. Ho identificato in grassetto le parti secondo me troppo difficili; in particolare, le ultime quattro righe non erano un "testo" nel senso etimologico, ma parole non connesse, dietro le quali si sente la mano di un discepolo di Aristotele (non certo il Maestro, dunque) che prende appunti. Perché  questi sono, appunti presi a lezione, privi di sintassi, affascinantiper un filologo, ma inestricabili per un traduttore medio. Aggiungo che so che i professori stessi per venirne a capo hanno consultato internet (ma questo meglio non dirlo a Profumo, non capirebbe) e io stesso (che non sarò un grande filologo, ma i miei latinucci me li sono fatti), senza iphone, col vocabolario sulle ginocchia (perché  la presidente mi voleva in corridoio a vigilare, mentre io avevo chiesto per almeno mezz’ora di mettermi in un'aula a un banco a tradurre),dopo due ore di spremitura di meningi, delle ultime quattro righe ho prodotto una traduzione insoddisfacente. Senza aggiungere che di Aristotele si toccano (tradurre è parola troppo grossa) nello studio della letteratura sì e no la Politica e la Poetica. In breve: Profumo non sa di cosa parla. E se non fossimo passati attraverso anni di ministri e governanti cialtroni e incapaci che ci hanno fatto diventare la pelle come quella di un rinoceronte, ci sarebbe da piangere. Ciao, m.


Ho scritto a Massimo che ero contenta di leggere confermate da lui le mie impressioni sulla versione. Ho apprezzato il fatto che un insegnante, indubbiamente serio e preparato, fosse capace di esprimere senza reticenze e mistificazioni la propria naturale e umanissima difficoltà davanti ad un testo: la scuola pullula di docenti che non hanno questo coraggio culturale. Gli ho chiesto di poter usare la sua risposta. Il greco antico, forse in misura maggiore delle altre discipline, appare sempre più il residuo di un passato che molti avvertono sottoposto – anche attraverso operazioni improprie come la somministrazione di un passo di accesso difficoltoso non solo per gli studenti, ma persino per i docenti – ad un non esplicito ma presumibile tentativo di cancellazione. Il problema ha una portata ancor più ampia se lo si affronta con una logica più generale: tutto ciò che non è immediatamente quantificabile in termini economici o di profitto, la scuola in primo luogo e in essa in particolare ciò che non ha spendibilità immediata (come molte cose che, però, sostanziano la cultura), sembrano essere sottoposte ad un annuncio, anche se non esplicito perseguito nelle azioni, di dismissione. Per quanto riguarda le lingue antiche, anziché tentare una revisione delle metodologie didattiche e l’inserimento eventuale di tecniche alternative alla traduzione tradizionale, si preferisce ipocritamente stigmatizzare l’inefficacia degli insegnanti attraverso un testo al limite dell’impossibile. Il problema è serio e merita una riflessione soprattutto da parte degli operatori della scuola.Ho chiesto quindi a Massimo di poter pubblicare la sua risposta e lui ha replicato così:

 

Certo che puoi. Aggiungerei altri due dati: quando si affronta un esame, l'esaminatore e  l'esaminando conoscono i confini di ciò che è richiesto sapere, esiste un "programma d'esame" ed esistono diversi livelli di conoscenza della disciplina (l'esempio più semplice è quello delle lingue straniere con il livelli da A1 a C2). Per latino e greco scritto esiste un canone degli autori che possono "uscire":
Tacito, Seneca, Cicerone, Quintiliano, Petronio, Sallustio e pochi altri; Tucidide, Senofonte, Demostene, Isocrate, Luciano, Platone e pochi altri, e questi sono gli autori su cui facciamo esercitare gli studenti perché arrivino preparati (appunto!) all'esame. Ora, anche se è un gigante, Aristotele non è nel canone, non si traduce per esercitarsi all'esame, come in latino non si traducono, che so io, Ammiano Marcellino, Frontone o Celso. Se poi uno è così ignorante da pensare che la lingua greca (ma anche la latina) sia un blocco grezzo e indifferente, usata allo stesso modo da autori diversi, per cui chi si è esercitato con Tucidide e Demostene deve essere in grado ipso facto di tradurre qualsiasi testo greco, allora, beh, è ignorante e basta, che gli vuoi dire? Però, se costui è il ministro dell'istruzione, allora, forse, qualcosina si potrebbe pure tentare di fargliela capire, così, per aiutarlo a fare una figuraccia meno da somaro la prossima volta che apre bocca.

Secondo dato. Abbiamo detto dei livelli: se a un esame di inglese per il livello B2 l'esaminatore propone un passo di Virginia Wolf o James Joyce, sbaglia obiettivo, avanza una richiesta irragionevole, da esame di livello C2. Ecco, con questo Aristotele, o meglio con questa pagina di appunti presi da un discepolo di Aristotele,  è stata avanzata una richiesta irragionevole, diciamo, per farlo capire a Profumo, un esame di livello C2 proposto a studenti preparati per un B2: un errore dell'esaminatore, non dell'esaminato.
O forse c'è dietro qualcosa di più: cosa meglio di un esame di greco siffatto può dimostrare che insegnare greco per cinque anni ai giovani non serve a niente? Altre ore di insegnamento qua e là non possono più tagliarle, eliminiamo dunque un'intera disciplina, il greco, che tanto non lo insegnano in nessun paese del capitalismo avanzato (ma avanzato verso dove?), l'unica lingua che serve è l'inglese, il greco resti confinato all'università, come l'accadico. Lo sento già il ritornello: "il greco è un lusso che non possiamo più permetterci" (627.000 auto blu sì, invece; e la guerra che va avanti da anni sì, invece; e i cacciabombardieri sì, invece: e basterebbe fermarsi cinque secondi su questa parola, cacciabombardieri, per mettersi a piangere di orrore e di vergogna, ma chi si ferma più a pensare al significato di una parola?).

Che se poi il greco serviva a rendere la vita più bella e degna di essere vissuta, tanto meglio, perché la vita di chi non appartiene alla classe dirigente, al jet set del capitalismo internazionale, non dovrà essere degna, non è richiesto che pensino, devono solo obbedire e produrre, e, appena hanno due euro da spendere, consumare. Ciao, m.

 

Ecco, la vita è così, come dice Massimo. Capita di scrivere un articolo. Capita che qualcuno ti risponda. Capita, ancora, che tra queste risposte ce ne sia una che ti fa piacere far leggere a tutti. Perché dice cose che condividi. Su Aristotele, sul greco e su molto altro ancora.

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