Direzione didattica di Pavone Canavese


 

(22.04.2010)

Consigli di Stato - di Marina Boscaino

L’articolo 82 del contratto del 1995 ha disapplicato la norma del Testo Unico del 1957, che prevedeva che i docenti fossero obbligati a risiedere nel Comune dove prestano servizio. Ciò nonostante, trovano sempre maggiore conferma le notizie di un imminente ddl Gelmini, destinato ad introdurre albi regionali dal 2011. È il ministro stesso, che lo ha annunciato, in un’intervista al “Corriere della Sera”: “Nel 2011 potrebbero essere introdotte graduatorie regionali degli insegnanti”. Una risposta esplicita a quanto richiesto-preteso – sin dal giorno dopo della vittoria delle regionali - dai governatori leghisti. Un avallo, poi, alla spregiudicata politica scolastica che Formigoni persegue da anni e che si inserisce sulla stessa linea rivendicata dalla Lega: la scuola del Nord. Il sempreverde governatore ha illustrato il “modello Lombardia”, concordato con Gelmini per “pilotare” ed estendersi altrove, su tutto il territorio nazionale, in tante connotazioni quante sono le regioni: le scuole reclutano direttamente i docenti sulla base di albi regionali; parità totale tra istituti statali e privati paritari. “Dote scuola” è il nome che l’impenitente ciellino ha attribuito al buono erogato a chi decide di mandare i figli alle private. Accordi regionali con le università. E chi se ne frega della Costituzione.

Nel Paese di Pulcinella tutto è possibile. Anche tentare di giustificare la pretestuosa e anticostituzionale proposta di albi regionali (che significa anche contrattazione separata, regole differenti) con il tentativo di arginare il presunto esodo degli insegnanti del Sud, che (furbacchioni!) per un po’ andrebbero a “rubare posto” ai colleghi del Nord per poi affrettarsi a tornare a mangiare (golosoni!) caponata, friarielli e soppressata, lasciando le scuole padane – poverine - in preda ad un destabilizzante turn-over sulle cattedre. Una recente ricerca finanziata della Fondazione Agnelli ha dimostrato che le richieste di trasferimento dal Nord al Sud del Paese sono appena il 2,5 % del totale, e che solo lo 0,6% viene accettato. Cifre irrisorie, dunque. In realtà l’obiettivo è quello di marcare definitivamente un’offensiva all’unitarietà del sistema scolastico nazionale. Che significa innanzitutto scollegare da un patto di solidarietà, finalizzato alla rimozione degli “ostacoli” che pregiudicano il principio di uguaglianza, uno degli strumenti più potenti affinché quel principio si attui: la scuola statale.

Nella “Casa delle Libertà” di guzzantiana memoria (dove facciamo tutti un po’ come c… ci pare, soprattutto in tema di regolarità delle procedure) deve essere sfuggita una recente sentenza del Consiglio di Stato, che considera illegittime le graduatorie “protette” per gli insegnanti residenti. La legge di aggiornamento delle graduatorie della provincia di Trento è stata rimandata alla Corte Costituzionale, essendo stato collocato in coda un prof. non residente. Sono stati rilevati profili di "contrasto con gli articoli 3, 4, 16, 51 e 97 della Costituzione". "Infatti - scrivono i giudici - l'inserimento in fondo alla graduatoria dei docenti provenienti da altre graduatorie, anche se aventi un punteggio superiore a quelli già inseriti, determina una ingiustificata disparità di trattamento tra soggetti con i medesimi requisiti in funzione dell'avvenuta iscrizione in altra graduatoria di altra provincia".

Nonostante tutto, loro procedono sereni, rincorrendo mete sempre più estranee ai principi organizzatori della democrazia nel nostro Paese. Al punto da far avvertire un senso di alienità, di estraneità a chi quei principi – che pure teoricamente vigono ancora – li pratica, li persegue, li rivendica. Ecco il governatore a vita Formigoni, corso immediamente in aiuto dei colleghi leghisti di Piemonte e Veneto, che pontifica, sul tema delle graduatorie regionali ed altro, declinando puntualmente le caratteristiche di una proposta che nella sua regione è praticamente già realtà. Forte dei patti privati con Gelmini, che gli consentono già da due anni, in via “sperimentale”, di organizzare un’alternativa al sistema scolastico nazionale garantito a tutte e a tutti. Stralci dall’intervista al “Corriere” del capofila della scuola devoluta: «Deve essere la scuola a scegliere gli insegnanti. Adesso esistono le graduatorie nazionali [non esistono graduatorie nazionali, ma provinciali, ndR] (…) Bisogna costruire albi regionali. Le scuole pescano in questo albo in base al merito (…) Chiunque può iscriversi all’albo regionale. Garantendo però alcuni requisiti, quali una certa permanenza nel territorio, almeno un ciclo di studio di 5 anni (…) Per evitare turn over frenetici come succede adesso». Iniziarono 2 anni fa con un accordo tra ministero e Lombardia, secondo il quale i percorsi regionali di formazione professionale, finalizzati all’acquisizione di una qualifica regionale triennale di operatore o di un diploma regionale quadriennale di tecnico, potranno essere erogati anche da Istituti Tecnici o Professionali statali,  in deroga alla  legislazione vigente. La seconda fase prevede, dal prossimo anno, che le qualifiche triennali saranno solo regionali perché gli istituti professionali potranno rilasciare solo diplomi di istruzione quinquennali: gli istituti professionali statali entreranno stabilmente nell’ordinamento regionale, al fine di erogare i percorsi di qualifica e diploma professionale definiti dalla Regione Lombardia. I risultati della sperimentazione – secondo l’accordo – saranno usati come modello di ripartizione delle competenze stato-regioni in vista dell’attuazione del Titolo V “revisionato”: dalla SCUOLA DELLA REPUBBLICA alle scuole delle regioni.

 

Ora, forti della loro inattaccabilità, considerando i tentennamenti, le ambiguità, persino la connivenza del Pd lombardo sulla questione, prendono di mira il reclutamento degli insegnanti. La realizzazione di una scuola federale (altro tributo alla miopia politica del centrosinistra) - che i governatori del Nord vincolano alle loro idea opinabile di merito (i risultati di apprendimento degli studenti del Nord sarebbero migliori in base ad una genetica maggiore capacità didattica e preparazione dei residenti nella parte settentrionale del Paese) e a quella tutta localistica di sviluppo del territorio, nonché ad un criterio di tutela della continuità didattica, che – come si è visto – è del tutto pretestuoso ed infondato - non può essere perseguita attraverso provvedimenti discriminatori e protezionistici, andando peraltro ad insistere sulla violazione di un ennesimo principio costituzionale, oltre che dell’art. 3: la libera circolazione dei lavoratori e l’accesso nel pubblico impiego garantito a tutti tramite concorso. Molte donne e uomini saranno coinvolti dal provvedimento. Intanto, come nel caso di Trento e nella vexata quaestio del collocamento dei precari in coda o a pettine, provvedimenti discriminatori sono già stati tentati. Chi ci aiuta a impedire che questi continui deragliamenti e le promesse-minacce di deviazioni, giustificate – oltre che da progetti politicamente perversi – da una squinternata interpretazione della revisione del Titolo V della Costituzione, non distruggano definitivamente ciò che resta della scuola della Repubblica, più che mai intesa come res publica?


 

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