(15.02.2009)
Condotta
irreprensibile? - di Marina
Boscaino
Fatta la legge, trovato l’inganno. La nuova
normativa introduce l’ammissione
all’Esame di Stato: a partire da quest’anno potranno sostenere gli esami gli
studenti dell’ultimo anno che nello scrutinio finale abbiano riportato una
valutazione positiva in tutte le discipline, ovvero gli alunni che conseguono la
media del "sei", e che abbiano comunque saldato, entro il 15 marzo dello stesso
anno di riferimento, tutti i debiti formativi contratti negli anni scolastici
precedenti.
L’”ovvero” scatena non poche perplessità:
nella seconda parte, si definisce la possibilità che alunni che abbiano pesanti
insufficienze, persino in discipline di indirizzo, accedano all’Esame grazie
alla media del sei; conseguibile ormai –
come è noto a tutti – anche attraverso le valutazioni della condotta e di
educazione fisica.
È mia personale convinzione che la valutazione scolastica
numerica non può essere scollegata dalla valutazione di
una serie di fattori, pure molto importanti, che riguardano aspetti non
quantizzabili numericamente, quali l’evoluzione del percorso didattico
dell’alunno; il progresso nell’apprendimento e nell’acquisizione di competenze;
la storia personale, e in particolare la provenienza socio-economica-culturale
dell’alunno stesso, comparata con gli elementi precedenti. La
fantasiosa trovata, poi,
della valutazione numerica estesa a tutti
gli ordini scolastici – così come è stata motivata e argomentata, in particolare
da Giulio Tremonti, noto pedagogo – scoraggia qualunque speranza che la scuola
sotto questa destra possa esprimere valenze capaci di cogliere la complessità
dell’esistente.
Fa sorridere – in questo panorama desolante, dove continuiamo ad
arrabattarci su pericolose questioni di lana caprina, lasciate alla gestione di
dilettanti e improvvisatori (grembiuli, condotte, educazioni civiche o meno) che
distolgono tuttavia energie ed elaborazione dalla drammatica dimensione del
reale – che la “cura Gelmini” al mal di bullismo (elementare e demagogica
trovata di una mente semplice), il voto in condotta, pubblicizzato sotto il
segno della serietà, dell’autorità, del pugno duro, rappresenterà l’escamotage
al quale fare ricorso per sanare situazioni complicate dal punto di vista
didattico. Hai 3 in greco? Ecco un bel 10 in condotta: ed ecco la media del 6
pieno. Sei carente in matematica?
Non preoccuparti, garantiamo noi sulla eccezionalità della disciplina.
Il paese di Pulcinella, si sa, ha mille risorse. Tutte, tranne
quella di mettersi seriamente a studiare,
soprattutto quando si parla di scuola. Ed
è così che l’inflessibile intransigenza di chi ha fortissimamente voluto il voto
in condotta, così come lo subiamo oggi, deve fare i conti, contemporaneamente,
con il fatto di non essere stato capace di garantire fondi per i corsi di
recupero, l’altra demagogica, surreale rappresentazione di una finta serietà:
l’utopia, strumentale all’acquisizione di consensi, che pacchetti di poche ore
di lezione impartite ad alunni con carenze diverse possano risolvere problemi di
apprendimenti e l’incapacità della scuola di fornire risposte adeguate e
possibili interpretazioni del mondo che cambia.
Le scuole boccheggiano, i soldi non ci sono, i corsi non possono
essere organizzati. Come salvarsi dal diritto esigibile dalle famiglie (perché
previsto dalla norma) che le scuole provvedano all’organizzazione del recupero?
Semplice. Con la trovata della media del 6. Tutti inviti (compresa la circolare
dell’inizio di febbraio relativa al recupero
dei debiti, che annunciava con funambolici giochi di parole ed esilaranti
suggerimenti di “fai da te” la mancanza di danaro da destinare all’operazione)
ad allargare la manica: l’esatto contrario del rigore e della serietà che i
nostri governanti si autoattribuiscono. Intanto la scuola va sempre più giù. E
il cielo non è sempre più blu.