(11.10.2009)
La scuola appaltATA - di Marina Boscaino
Quel
vero e proprio esercito di precari che il governo Berlusconi ha ideato,
preventivato e poi implacabilmente creato nella scuola italiana non comprende
solo docenti di tutti gli ordini e gradi. L'operazione di mistificazione,
manipolazione e contaminazione di coscienze e concetti che ha portato – tra le
varie conseguenze - alla
cessazione di qualsiasi speranza di impiego per
130.000 persone, gente in carne ed ossa e non numeri astratti che sfiorano la
nostra percezione spesso senza suscitare emozione, empatia, solidarietà, ha
coinvolto anche il personale Ata. Che, nella tassonomia dei precari, “sfigati”
d'elezione del XXI secolo, occupa il livello più basso. Soprattutto quando si
tratta del personale ausiliario: come si dice, con un termine, spesso venato di
sottile disprezzo, “i bidelli”.
Il
minimo comune denominatore dei tagli sono una serie di parole che vengono da
lontano, che affondano la propria esistenza in bisogno d'ordine, efficientismo,
razionalizzazione e si intrecciano con un'altra parola, buona per tutte le
stagioni: merito. Il mix di queste etichette è stato rassicurante per una parte
dell'opinione pubblica. Che non ha ritenuto importante notare che sotto questo
paradigma si coniugavano una serie di attacchi a diritti fondamentali, primo tra
tutti quello ad una scuola laica, pubblica, pluralista, di tutti e per tutti.
L'uso improprio che ne fanno coloro che ci governano serve, infatti, solo a
venare di presunta eticità un'operazione iniqua e colpevole, tesa ad impoverire
il diritto al lavoro e il diritto allo studio dei ragazzi. Quelle parole sono
sfrondate definitivamente della loro potenzialità positiva; si usano solo per
accompagnare, venandolo di nobiltà,
il più grande licenziamento di tutti i tempi.
«Sono
contraria al fatto che i bidelli non puliscano le scuole e si appaltino le
pulizie all´esterno. È uno spreco di risorse pubbliche. Abbiamo un sistema
d´istruzione nel quale vanno individuati gli sprechi e le sacche di
inefficienza». È
lei che parla. Quella alla quale questa volta
nemmeno il Consiglio di Stato, a cui ha fatto ricorso, ha dato ragione in merito
alle modalità di aggiornamento delle graduatorie permanenti. È lei che, con
piglio asburgico, ripete concetti stereotipati e improntati ad una finta serietà,
la cui pedestre gestione rimetterà in gioco per l'ennesima volta destini di
donne e uomini, travolti dalla sua incompetenza e dalla sua arrogante
disattenzione reiterata nei confronti della legge. Dice “bidelli”; dice che “è
contraria”.
Non
voglio parlare del mansionario del personale ausiliario. Non sono
un'appassionata dell'epica della scuola tutta buona e tutta bella:
come tra gli insegnati, come in ogni categoria
professionale, ci sono persone capaci e con una notevole etica del lavoro e
persone meno adatte a svolgere quel tipo di attività. Che non è un'attività
banale. Oltre a garantire il funzionamento delle scuole (apertura e chiusura,
sorveglianza degli studenti, manutenzione ordinaria di arredi e suppellettili,
uso della macchina delle fotocopie, diffusione di circolari e avvisi, uso dei
laboratori, predisposizione dei locali per attività scolastiche, tenuta igienica
e funzionale dei locali e molti altri compiti), spesso influisce in maniera
determinante sulla relazione con gli studenti. Anche dal contributo del
personale ausiliario dipende il clima che si respira in una scuola: dalla
disponibilità, dalla cura nei confronti dei ragazzi. Dalla capacità reciproca di
lavorare in sinergia con i docenti. Quello che ho visto e vedo tutti i giorni
con i miei occhi è una dimensione del lavoro spesso vissuta seriamente, con
professionalità: educatori naturali ce ne sono tanti. Il rapporto con i ragazzi
con handicap fisico, per esempio, è coinvolgente e
vissuto con partecipazione, rispetto, affetto.
Il
personale tecnico ausiliario ammonta nelle scuole statali a 10.028 unità. I
posti di lavoro tagliati entro i prossimi 2 anni saranno circa 35.000. La
contrazione è palpabile in ogni istituto. L'interventista ministro dovrebbe
usare una maggiore cautela nelle sue esternazioni: invece di tuonare contro la
prassi di esternalizzare i servizi di pulizia (iniziata, lo ricordo, con i tagli
di Moratti ai danni degli Ata) farebbe bene a chiedersi perché.
Ma certe
domande potrebbero mettere in crisi l'altro grande obiettivo che persegue senza
remore, come ha ribadito facendo il punto dell´apertura dell´anno scolastico nel
corso dell´audizione in Commissione Cultura della Camera: «Ci sono dirigenti
scolastici che sanno fare il proprio mestiere, e quindi anche garantire scuole
pulite, e altri che non sono capaci». E ha, per l'ennesima volta, annunciato: «È
arrivato il momento di affrontare il tema del reclutamento e della valutazione
per vedere chi vale e chi non vale». Minacce sibilline, da parte di chi aveva
denunciato a “Porta a porta” che i “bidelli sono il doppio dei carabinieri”
(sic!). Ma il Paese ha bisogno di molte più scuole che caserme, per fortuna. E,
nonostante la caccia all'extracomunitario continui implacabile per garantire la
nostra “sicurezza”, in Italia pare ci siano ancora più studenti che delinquenti.
Meno male!