(18.12.2011)
Libertà, giustizia, conoscenza critica - di Marina Boscaino
Il 5 dicembre ho coordinato un dibattito con Tullio De Mauro e il costituzionalista Luigi Ferrajoli, in occasione della presentazione di La Costituzione a Scuola (Ediesse), inchiesta di Proteo Fare Sapere e Centro Riforma dello Stato, curata da Aldo Santori, sulla conoscenza della Costituzione tra gli studenti delle scuole secondarie di II grado. Le 12 domande del questionario sono state tratte dall’indagine Ardigò-Cipolla, La Costituzione e i giovani, pubblicata da Franco Angeli nel 1988. Abbiamo riflettuto.
Fino a pochi mesi fa comprensione e uso consapevole di parole come spread e rating, ma anche regime contributivo, erano riservati a nicchie di addetti ai lavori, economisti, consulenti sindacali. Da qualche tempo sono invece espressioni con cui fare i conti quotidianamente, matrice concettuale di cui si compongono le prime pagine dei giornali, che aprono i notiziari radiofonici e televisivi. Sono la ragione per cui moltissime persone in questi giorni hanno visto modificarsi condizioni e progetti di vita. L’economia (dopo l’interesse privato) ha sostituito la politica.
In un Paese nella sua maggioranza lieto e quasi incredulo di essere uscito dall’incubo del berlusconismo, contemporaneamente preoccupato del proprio futuro, per nulla sicuro che il buio sia completamente finito, a fronte di quelle parole ora familiari e delle loro conseguenze, personaggi autorevoli delle nostre Istituzioni richiamano proprio i fondamenti della Costituzione: responsabilità, solidarietà, coesione. Alcuni invocano equità. Altri lamentano iniquità. Sono appelli a una parte molto precisa della nostra identità individuale e collettiva: l’essere cittadini della Repubblica. Elemento identitario anche per i diciottenni di oggi? L’ultimo governo ha attuato nella scuola, anzi contro la scuola, in modo costante e spesso perfino esplicito, indirizzi e politiche in conflitto proprio con quei principi e con quei valori: riduzione delle occasioni di apprendimento, emarginazione degli emarginati, precarizzazione del rapporto di lavoro, blocco salariale per il personale. E poi, tutto intorno, il nulla: di politica, punti di riferimento, senso. L’introduzione del fantomatico insegnamento di Cittadinanza e Costituzione, la cui sola concretizzazione appaiono essere le pagine che l’editoria specialistica si è affrettata a introdurre nei libri di testo, secondo il tradizionale modello trasmissivo, ha banalizzato, segmentato, isolato concetti, principi e valori che dovrebbero invece informare di sé pratiche, atteggiamenti e relazioni di una scuola “aperta a tutti” (art. 34 della Carta), che dovrebbe contribuire con l’attenta e intenzionale articolazione della propria offerta formativa ad attuare il principio di eguaglianza sostanziale enunciato dall’art. 3. Che dovrebbe agire in un contesto che “promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica” (art. 9), in cui “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento” (art. 33) e in cui “i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno il diritto di raggiungere i gradi alti degli studi”.
Possono queste enunciazioni – nella lontananza siderale tra principi e pratica quotidiana – rappresentare qualcosa di davvero significativo per i giovani? Dobbiamo chiedercelo, accettando la possibilità di una risposta negativa, convinti tuttavia di dover attuare qualsiasi strategia per rimediare al danno – quello sì davvero “epocale” – che è stato compiuto proponendo ai giovani l’immagine di un mondo che ha rinnegato quei principi ed altri. Un danno inestimabile, con conseguenze a lungo termine. Coloro che decidono della scuola sono di fronte a una svolta molto netta: la deriva del disinvestimento economico, ma soprattutto culturale; o la rivalutazione, tra i diversi patti ed equilibri intergenerazionali evocati in questi giorni, dell’impegno che una comunità deve profondere sul futuro e sull’educazione dei giovani. Riflettere su principi e valori fondanti la nostra Repubblica e verificare se essi saranno o meno tradotti in azioni concrete riattualizza uno degli insegnamenti più validi e illuminanti di Calamandrei: “Dà un giudizio, la Costituzione! Un giudizio polemico, un giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale, che bisogna modificare attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione graduale che la Costituzione ha messo a disposizione dei cittadini italiani”. Appello alla responsabilità che scaturisce dalla nostra dimensione pubblica, dalla partecipazione alla comunità nazionale; occasione dialettica di essere soggetto attivo e critico, di misurare il rispetto dei diritti fondamentali. Per noi insegnanti di tradizione democratica questo è certamente uno stimolo a cui dare una risposta attenta e qualificata. Soprattutto perché, come dimostra la ricerca, la Carta per buona parte degli studenti della nostra scuola, è qualcosa che assomiglia molto ad un oggetto misterioso.