(07.03.2009)
Continuità di principi* - di Marina Boscaino
Il 20 marzo 2010 alla sala Kirner di Roma
Per la
scuola della Repubblica, con il patrocinio di
Proteo Lazio, organizza un
convegno dal titolo significativo, “Dalla scuola della Repubblica alla
scuola delle Regioni”, cogliendo in maniera immediata l’elemento più
critico che le politiche scolastiche negli anni – e non solo con Gelmini – hanno
configurato: la rottura dell’unitarietà del sistema scolastico nazionale.
Rottura che i
regolamenti Gelmini-Tremonti portano alle conseguenze più esasperate. Si
tratta di un evento ancor più significativo perché organizzato da
un’Associazione che non ha mai lasciato che la sua presenza nel mondo della
scuola fosse condizionabile dai benefici e dai vantaggi tipici della
intermediazione politico-culturale con il ministero praticata da molte altre. In
nessuna occasione, anzi, “Per la scuola della Repubblica” ha rinunciato ad
un’implacabile e continua azione di difesa della scuola pubblica, laica,
pluralista: la vera scuola della Repubblica, insomma.
Il 26 ottobre 1995 viene pubblicato “Dalla
scuola del ministero alla scuola della Repubblica”: un documento
sottoscritto da una parte molto significativa della cultura italiana, destinato
a fare il giro dei collegi docenti di tutta Italia e a diventare la bandiera di
intere generazioni di insegnanti. Partendo da una esplicita critica al
“Documento dei 31", del 13 luglio 1994 (che proponeva un “sistema formativo
pubblico, nazionale ed unitario, del quale partecipano scuole statali e non
statali”), si individuava una difesa della scuola dello Stato appassionata sul
piano dei valori e perfettamente razionale su quello dei diritti e della
legalità; istruzione intesa come formazione dei cittadini alla partecipazione
critica.
Nacque così un'Associazione
non di singoli, ma di comitati (tra cui quelli di
Bologna, Treviso, Ferrara, Torino, Forlì, Bari, Padova) con una capillare
partecipazione della base e un radicamento molto significativo in vari
territori. Affermazione di un concetto di scuola come elemento costitutivo della
struttura istituzionale dello Stato: nel tempo da questa premessa
imprescindibile si sono sviluppati una difesa intransigente di alcuni principi
fondamentali, quali la laicità della scuola, un deciso NO alle politiche di
equiparazione tra scuola pubblica e scuola privata, l'esigenza di un continuo
aggiornamento e adattamento della pedagogia, della didattica e della relazione
alle modificazioni di un mondo in rapido cambiamento. Del gruppo iniziale del
'95 sono rimasti Marcello
Vigli,
Corrado Mauceri,Tonino Pellegrino e
Bruno Moretto.
E
Antonia Sani, carissima amica, donna intelligente e tenace, coordinatrice di
Per la scuola della Repubblica, alla quale chiedo il senso di un convegno che
cade in un particolarissimo momento politico.
Il nostro convegno ha luogo non a caso a ridosso delle elezioni regionali.
Ci siamo accorti che l'esaltazione quotidiana delle competenze e dei
poteri assegnati alle regioni con la modifica del tit.V della Costituzione
lascia del tutto in ombra agli occhi dell'opinione pubblica lo sgretolamento del
sistema scolastico nazionale in una prospettiva - niente affatto remota- di
"scuole regionali" a macchia di leopardo. Dobbiamo tutti essere consapevoli di
questo e attrezzarci per impedirlo. Per questo abbiamo promosso il convegno con
un coordinamento di scuole secondarie e insegnanti precari.
A Roma, infatti, come in molte altre realtà italiane, sono sorti e agiscono da
tempo coordinamenti di insegnanti, studenti e genitori delle scuole superiori,
che fanno riferimento ad alcuni licei che stanno attuando una mobilitazione
costante di controinformazione, soprattutto in un periodo problematico come
questo: a fronte dell'imminente chiusura delle iscrizioni, infatti, i
regolamenti che configurano la “nuova scuola” Gelmini Tremonti non sono ancora
stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale. La grave anomalia giustifica la
richiesta da più parti di posticipare di un anno l'inizio della”riforma”.
Richiesta evidentemente inaccoglibile da parte di Gelmini, che ha il diktat di
Tremonti di eseguire il taglio di cattedre che l'operazione comporta entro il 1
settembre prossimo. E questo spiega anche il coinvolgimento dei precari, che –
nonostante l'eclissi subita da una parte della stampa nazionale – hanno
continuato incessantemente a spiegare le proprie
sacrosante ragioni.
Antonia, oltre ai motivi di preoccupazione generale, come vedi un'opposizione
che non esercita in maniera significativa il proprio ruolo e un sindacato che
non riesce a trovare momenti di condivisione costruttiva?
Quanto alla mancata difesa dell'unitarietà del sistema scolastico
nazionale, non c'è da meravigliarsi, dal momento che la modifica del Tit.V è
stata voluta proprio dall'opposizione oggi presente in Parlamento , allora al
governo, per di più con un ampio consenso dei cittadini, dal momento che è stata
presentata come un'astuta difesa della Costituzione per impedire che un'
eventuale vittoria della destra (leghista) ci mettesse sopra le mani.....Inoltre
si deve aggiungere che questa opposizione continua a sbandierare l'autonomia, a
livello regionale e di Enti Locali come forma di riappropriazione del territorio
da parte dei cittadini, giustificando principi come quello di sussidiarietà
orizzontale che nell'area dell'istruzione significano il netto prevalere degli
interessi privati sull'interesse pubblico. ..Quanto ai sindacati, la logica
dell'autoreferenzialità è come un virus che tutti li contamina. Non si è ancora
trovato il vaccino.
I precari sono le vittime consapevoli di questa frattura. Non penserei mai
che non debbano esistere differenze tra un sindacato e l'altro, diverse
valutazioni, punti di vista, approcci
alle questioni, diverse scelte politiche.Ma ci sono momenti e comportamenti di
chi ci governa che richiedono una forte unità su alcune questioni di fondo.
Basti pensare alla distanza nel '69 tra CGIL,CISL e UIL,eppure l'unità sindacale
fu fatta e portò allora a importanti risultati. Oggi i precari, pur mantenendo
la propria specifica appartenenza sindacale, dovrebbero lottare
uniti accordandosi per vincere su poche fondamentali questioni. Ma qui
entrano in gioco i sindacati tra loro più contigui : dovrebbero essi dare
l'esempio di un ascolto reciproco, cercare di mettere insieme ciò che unisce,
non andando continuamente in cerca di ciò che divide. Lo scotto che tutto ciò
comporta è la scomparsa dei precari - come tu dici- dalle prime pagine dei
giornali e la loro spregiudicata etichettatura in termini di peso politico.
Quali sono, secondo te, i motivi, i temi, le principali parole chiave in nome delle quali il mondo della scuola democratica dovrebbe superare incomprensioni, settarismi, disomogeneità d'azione?
Il mondo della scuola dovrebbe acquistare coscienza del fatto che la scure
che si sta abbattendo sul sistema di istruzione non è solo rappresentata da
tagli economici, ma da ciò che sta dietro a quei tagli. L'idea di scuola
pubblica, della Costituzione, laica, pluralista, con
pari opportunità su tutto il territorio nazionale, secondo chi
ci governa deve avviarsi al tramonto e lasciare il posto a interventi di tipo
privato, affidati alle indicazioni delle famiglie, con esaltazione delle
disuguaglianze e grossi risparmi per lo Stato. Le scuole delle regioni ,
complice la futura legge Aprea, calzano a pennello.
Il punto è che parole chiave come
pari opportunità,
solidarietà,laicità, rispetto della libertà di insegnamento,accoglienza delle
diversità richiedono l'adesione convinta ai
principi fondamentali della nostra Costituzione. Occorre far riemergere "cultura
e mentalità costituzionale", troppo spesso lontane dagli orizzonti quotidiani....
*Grazie a Marco Guastavigna per il contributo tecnico e - soprattutto- per la capacità di comprendere e condividere, insieme a me, il significato del mio impegno tra loro e con loro.