Direzione didattica di Pavone Canavese

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29.07.2003

Un decreto al limite della legittimità giuridica
di Grazia Perrone


Ebbene sì, lo confesso. In questa afosa estate italiana resa ancor più torrida dal "pasticciaccio" dei 18 punti prima dati e poi, tolti - dal TAR Lazio - a quei "poveri Cristi" dei colleghi precari sentivo proprio la mancanza di un bel decreto "balneare" con il quale fare un po’ di … "gossip".

Anche se – devo ammetterlo – sono rimasta un po’ delusa dall’inconsistenza dialettica del decreto ministeriale n. 61 del 22 luglio.

Per fortuna – ma di questo parlerò in seconda battuta – il MIUR ci ha "regalato" (in "contemporanea") una bella circolare esplicativa (ma la Moratti non aveva promesso che avrebbe limitato al minimo indispensabile l’uso di questo strumento … "borbonico"?) molto, molto più … "intrigante".

Ma procediamo con ordine.

Il decreto ministeriale n. 61 del 22 luglio consta di ben due paginette - gran parte delle quali contenenti enunciazioni normative - e di due articoletti tanto scarni quanto ambigui nella formulazione. Il primo articolo promuove (…)"ai sensi dell’articolo 11 del DPR n. 275/1999 (…)" un progetto finalizzato ad avviare alcune innovazioni coerenti con le linee riformatrici formulate nella legge n. 53/03. Che è una legge delega.

Ovvero, una legge "contenitore" con la quale il legislatore (ovvero l’organo istituzionale competente alla formulazione delle leggi) ha tracciato le linee guida della scuola futura delegando, poi, al Governo il compito di trascriverle in dettaglio. Nel merito, però, non si tratta di "una delega in bianco". Nelle legge licenziata dal Parlamento sono chiaramente indicati i vincoli giuridici, politici ed economici ai quali i decreti governativi devono attenersi per avere valenza giuridica. Vincoli giuridici (e "politici") che sono:

 Ebbene, il termine dei novanta giorni per la presentazione del piano programmatico degli interventi finanziari è abbondantemente scaduto (il 15 luglio scorso) e, per quanto attiene le risorse per la scuola inserite nel Dpef, il Miur si limita a comunicare che (...)"sarà oggetto di confronto sociale e istituzionale (...)". Come se fosse possibile approvare una legge Finanziaria senza il concorso/consenso delle forze sociali … In compenso il MIUR – in "barba" alla delega ricevuta dal legislatore – formula un decreto "balneare" del quale acquisisce solo il parere "tecnico" del CNPI (che, peraltro, è un ni) "bypassando" le competenti Commissioni di Camera e Senato.

Di più. L’art. 11 del decreto n. 275 più volte citato a sostegno del decreto in oggetto (che "aggira" - lo ribadisco per l’ennesima volta - i vincoli giuridici imposti dalle legge 53/03) chiarisce che le eventuali iniziative destinate all’innovazione andrebbero sostenute (…)"con appositi finanziamenti disponibili negli ordinari stanziamenti di bilancio" (…). Poiché il MIUR non ha previsto lo stanziamento di nuove risorse gli oneri aggiuntivi a carico dei docenti che si accolleranno l’onere di una materia in più (senza contare il resto) dovrebbero essere remunerati con le risorse disponibili nel fondo di istituto destinate a finanziare le attività aggiuntive. Fondi irrisori che copriranno a malapena il maggior lavoro profuso e che distoglieranno fondi dalle altre attività aggiuntive – eventualmente – programmate ed inserite nel POF. Nulla, inoltre, dice il decreto in merito alla facoltà (o meno) di gruppi (o soggetti) minoritari che intendessero opporsi al volere della maggioranza (nei Collegi di settembre). Ci saranno docenti "obbligati a … sperimentare?"

Lo sapremo a settembre!

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Perfetta continuità (metodologica) con il passato

 Uno degli aspetti più opinabili del "settennio" berlingueriano, ovvero, della bislacca proposta di unire – in un unico ciclo – la scuola primaria e la scuola media, era costituito dal "salto di classe" al fine di "frantumare l’onda anomala" per rendere meno traumatico e più gestibile l’accresciuto numero di alunni nel periodo transitorio tra il vecchio ed il nuovo sistema scolastico. Per evitare l’increscioso "effetto collaterale" gli esperti del ministero presieduto da Berlinguer avevano proposto il "salto di classe" - ennesima bizzarria all’italiana – consistente, in pratica, nel "condono" di un anno scolastico per gli alunni più meritevoli. I criteri con i quali applicare il … "condono scolastico" non sono mai stati definiti in dettaglio (per fortuna … aggiungerei!) anche se i maligni sussurrano che al ministero avessero deciso di lasciare ai docenti (e, quindi, alle istituzioni scolastiche autonome) l’ingrato compito.

Il Governo, nel frattempo, è cambiato. La riforma ipotizzata da Berlinguer e portata in dirittura d’arrivo da De Mauro è stata cancellata ma la tentazione di delegare alla singola scuola (e ai docenti) la "patata bollente" dell’innovazione "al buio" è rimasta inalterata.

 Come interpretare, altrimenti, lo spirito e la lettera della Circolare n. 62 con la quale il MIUR (dopo alcune "sviolinate" dialettiche per ingraziarsi i docenti) invita le istituzioni scolastiche a procedere anche (…)" alla revisione dei modelli organizzativi e ad una diversa articolazione della didattica (…)"? Cosa significherà mai l’accento posto dal ministero in merito alla (…)"maggiore attenzione alle funzioni tutoriali, al coordinamento didattico, alle attività laboratoriali, all’adozione del portaolio? (…)". Insomma a tutte quelle innovazioni di carattere operativo e didattico che dovrebbero essere oggetto di un decreto delegato specifico (soggetto ai già citati vincoli politici e giuridici imposti dalla legge 53/03) e non di una "semplice" indicazione formulata in una, comunissima, Circolare ministeriale?

In questo contesto confuso il dubbio di una forzatura giuridica da parte del dirigente del ministero (il dott. Pasquale Capo) che ha formulato la circolare n. 62 del 22 luglio scorso si fa più consistente. La medesima forzatura giuridica del decreto direttoriale (formulato, questa volta, dal dott. Paradisi) che dette il via alla mobilitazione "anti-concorsaccio".

 La storia, insomma, a parti invertite rischia di ripetersi. Staremo a vedere.

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