09.03.2004
Dialogus de rebus scholasticis
di Alfonso Indelicato
Simplicio - Parmi, clarissimi amici, che codesta nova legge statuita dal Ministro Moratti sia gravissima jattura per i docenti tutti. -
Sagredo: - E donde, caro Simplicio, avete tratto questa vostra opinione? -
Simplicio: - dal fatto che molti e valenti uomini di scuola ciò vanno dicendo, e non soltanto in privati cenacoli, sibbene in pubbliche et affollate occasioni. -
Sagredo: - Ma avete voi letto diligentemente codesta legge onde ci parlate? -
Simplicio: - In verità, Sagredo, non lho letta affatto, poiché non havvi bisogno di ciò fare. -
Salviati: - E come affermate, allora, essere cotale legge perniciosa, se non lavete nemmanco letta ? -
Simplicio: - Ma come dicevo, preclaro amico, non vera motivo chio la leggessi, atteso che altri lhanno letta per me. -
Salviati: - E coloro i quali lhanno letta per voi sono per avventura i molti e valenti uomini de quali dianzi parlavate? -
Simplicio: - Appunto, sì. -
Salviati: - Invero ciò immaginavo. E ora illustratemi, di grazia, quali sieno le jatture che questa legge seco porta. -
Simplicio: - Ad esempio essa tolle i fanciulli dalle scuole già allora del meriggio. Onde essi debbono soli e raminghi vagare per le città e i paesi, orbati dei diletti maestri loro. -
Sagredo: - E cotesto ove è scritto?
Simplicio: - Come dissi, su la legge.
Salviati: - Invero in essa legge, la quale tegno tra mani et ora vengo a mostrarvi, cotesto non cè. Leggesi invece che i fanciulli potranno restare a scuola secondo il iudicio delle famiglie loro.
Simplicio: - Sia pure, non è duopo chio legga quanto mi andate mostrando.
Salviati: - E perché mai?
Simplicio: - Perocché i molti e valenti uomini de quali dicevo hanno già bastevolmente adempiuto codesto ufficio. Onde bisogna che al loro pensiero fidatamente io mi tenga.
Sagredo: - Transeat, e veniamo tosto alla seconda jattura di questa legge.
Simplicio: - Essa tolle ai maestri il lavoro, e li danna allaccidia e alla dura e vergognosa inedia.
Salviati: - Invero, egregio amico, neppur questo io scorgo nella bolla che ho in mano.
Simplicio: - Et io dico, Salviati, che i molti e valenti uomini che mi sono di scorta, fra i quali tre sono in particolar modo valentissimi et eminentissimi, e tali che la sapienza loro ho per legge fermissima e quasi divina, ciò pure hanno coonestato.
Sagredo: - Ditemi chi sono questi sapienti, affinché anchio mi abbeveri alla loro scienza come da viva fonte
Simplicio: - Magister Pezzottus, Magister Angelettus et in particular modo Magister Epiphanius..
Sagredo: - E donde arguite che costoro abbiano tal copia dingegno, e di sapere possanza?
Simplicio: - Perocché molti sono gli uomini che li seguono e li estimano, tanto che, quando elli ciò dispongono, le vaste piazze dellUrbe ne sono piene, e tutti plaudono festosi a ciò chelli declarano, e non solo duomini e donne adulti io parlo, ma etiam de loro pusilli, i quali non appena li veggono prendono a cantare e ballare come da spirito posseduti. E tosto codesti pusilli principiano ad affermare che se ne rimarrebbero contenti a scuola da mane a sera, e la notte ancora, cosa che non solo è fra tutte ammirabile, ma da tenersi onninamente come miraculosa.
Sagredo: - E da ciò, Simplicio, arguite in loro scienza e saviezza?
Simplicio: - Da ciò.
Salviati: - Ma concesso pure che questa sapienza essi abbiano, caro Simplicio, non vi par meglior cosa legger copropri occhi i testi onde poi si discute, e trarne cogitazioni proprie et argumenti non solo ex auctorictate, ma su ragione fondati?
Simplicio: - Ma di grazia, amici, quando noi codesta perigliosa navigazione nel gran mar delle leggi intraprendessimo e tutti soli attendessimo a quella verità onde tendiamo, chi mai ci sarebbe di scorta in cotale operazione? E quali guarentigie avremmo che il cogitare nostro non fosse spericulato e fallace?
Salviati: - Invero, caro Simplicio, tengo per certo che pecore, bovi et altri animali usi a procedere in armento bisogno hanno di scorta, uomini desto nome degni tale bisogno non hanno.