Direzione didattica di Pavone Canavese

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30.09.2004

 

"Buio" sui "Secoli Bui"?
Prospettive ed esiti delle Indicazioni  ministeriali sull’insegnamento della Storia.
Alla “Festa della Storia” (Bologna 10-16 ottobre)
ci si interroga sulla  possibile “sottovalutazione”
della storia medievale moderna e contemporanea nella scuola elementare


a cura di Sebi Trovato

Vai al sito Festa della Storia

 

In occasione della “Festa della Storia” (Bologna) 10-16 ottobre 2004, martedì 12 ottobre, presso l’aula Absidale di Santa  Lucia, Via de’ Chiari 25a si terrà, dalle 10 alle 18, un convegno dal titolo provocatorio Buio sui 'Secoli Bui'? Prospettive ed esiti delle indicazioni  ministeriali sull’insegnamento della Storia.  Il promotore è il Prof. Rolando Dondarini, che l’ha inserito tra gli eventi della “Festa della Storia”.  Già da luglio aveva diffuso un appello, esprimendo la preoccupazione di numerosi docenti di storia delle varie università italiane e delle scuole dei diversi gradi rispetto alle Indicazioni Ministeriali che riguardano i periodi storici da proporre nella scuola primaria. Lo abbiamo incontrato.


Professore, cos’è la “Festa della Storia”?

La “Festa della Storia”  è una grande manifestazione culturale organizzata dal Laboratorio Multidisciplinare di Ricerca Storica e dall’Alma Mater che coinvolge studenti di ogni ordine e grado, insegnanti, famiglie ed associazioni, in una vasta serie di manifestazioni che si terranno in sedi diverse: musei, teatri, archivi e gallerie d’arte. Abbiamo un sito internet (http://xoomer.virgilio.it/festastoria/) in cui si possono trovare tutte le indicazioni riguardo agli eventi  della settimana che si concluderà sabato 16 ottobre con il Passamano per San Luca, un suggestivo incontro degli studenti delle scuole di Bologna che formando una catena umana lungo il portico di San Luca, si passeranno i titoli dei lavori che hanno svolto nelle loro ricerche sulla storia della città e del territorio.

Professore, come mai un convegno con un titolo che parla di buio?

Le Indicazioni ministeriali allegate al decreto del Governo  (emanato il 23 gennaio 2004 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 24 febbraio 2004) si  propongono di modificare la scansione dei periodi storici da insegnare nella scuola elementare e nella scuola media e sono evidentemente frutto della ricerca di un compromesso tra le diverse posizioni espresse nel lungo dibattito che negli ultimi decenni ha coinvolto sul tema dei curricoli di storia autorevoli esperti di didattica, storici e insegnanti. Di quel confronto e dei suoi apporti non si vogliono disconoscere motivazioni, considerazioni e contributi; ma di certo questo esito non può essere considerato soddisfacente: occorre ammettere che esse comportano obiettivamente e automaticamente arretramenti, perdite e conseguenze negative immediatamente verificabili:

·         La scomparsa delle visioni anche più generali dei due ultimi millenni dagli orizzonti formativi di una fascia scolare come quella “primaria”, nella quale si acuiscono sensibilità e interessi che rimangono indelebili.

·         La sottovalutazione e il ritardo dell’acquisizione della consapevolezza e del rispetto del patrimonio storico/artistico scaturito da quei periodi.

·         L’abbandono di una ricca varietà di esperienze didattiche innovative condotte sia in ambito scolastico che extrascolastico, per le quali insegnanti e operatori culturali hanno attivato ampie convergenze multidisciplinari; in particolare in riferimento alle didattiche museale, archivistica e bibliotecaria e agli apporti di enti e associazioni.

·         Le conseguenti lacune e mancanze di riferimenti per gli apprendimenti riferiti agli aspetti storico/ambientali da un lato e globali dall’altro, che si stavano sempre più spesso adottando come terreni di incontro e di comune formazione per gli scolari di diversa provenienza.

·         Le gravi ripercussioni sui corsi di formazione per gli insegnanti della scuola primaria, i quali, non essendo più tenuti a prepararsi su quei periodi storici, potrebbero eliminarne lo studio dai loro curricula con le conseguenti carenze formative e culturali.
Non si tratta quindi di una difesa settoriale da parte di una cerchia di esperti legati da comuni competenze sulla storia, né di ripristinare metodologie e contenuti di insegnamento superati; ma al contrario di dare sviluppo alle positive sperimentazioni che in questi anni hanno cercato di adeguare l’insegnamento della storia a tutti i livelli alle nuove attese ed esigenze.

 

Lei ha dato via ad una raccolta di firme contro i rischi di “accantonamento” della storia medievale, moderna e contemporanea dalla scuola elementare. Qual è il motivo?


Ritengo che le "indicazioni" sottovalutino le due attenzioni che dovrebbero rimanere al vertice delle priorità per l’insegnamento della storia.

  1. Il rispetto della personalità degli scolari, dello sviluppo delle loro capacità di apprendimento e dell’evoluzione dei loro possibili interessi, poiché presumono che tra la terza elementare e la terza media vi sia un unico ciclo.
  2. Il presupposto irrinunciabile che per un paese come l’Italia la cultura storica non possa essere trascurata, oltre che per comprendere, rispettare e tutelare il formidabile patrimonio di cui siamo custodi, anche per le sollecitazioni al confronto e al dialogo indotte dall’inarrestabile formazione di una società multietnica, multiculturale e multireligiosa. Siccome le indicazioni rimandano alle scuole medie l’insegnamento di Medioevo, Storia Moderna e Storia Contemporanea, sembrano privare fino ad allora gli scolari di indispensabili strumenti cognitivi, affidando questi delicati compiti solo al tempo dedicato alla “educazione alla convivenza civile”.

Certo si tratta di “indicazioni” e non di programmi; ma è pur vero che sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale e che sono diventate punti di riferimento istituzionali, difficilmente eludibili anche ricorrendo agli spazi di autonomia delle diverse scuole. Pertanto hanno e avranno immancabili ricadute sia sulla produzione dei manuali scolastici, sia sugli indirizzi della gran parte degli insegnanti.


Qual è l’obiettivo del suo appello?

Con l’appello non s’intende soltanto raccogliere sottoscrizioni per una protesta che potrebbe rivelarsi vana, ma anche e soprattutto tenere aperto il dibattito, senza posizioni preconcette, avendo ben chiaro che l'obiettivo comune è il miglioramento della didattica della storia in tutto l'arco formativo. D’altronde, anche negli scambi di opinioni tra sostenitori delle diverse posizioni che sono proseguiti nelle ultime settimane si è sempre manifestato l’auspicio comune e condiviso di continuare a correggere e migliorare. La raccolta delle firme (davvero formidabile nella quantità e nell’articolazione delle risposte) è dunque finalizzata a preparate un evento, che possa essere un momento di stimolo e di confronto tra insegnanti, operatori museali, storici e esperti di didattica  per l'elaborazione di proposte, che se non saranno in grado di rimuovere le “indicazioni”, ne prospettino alternative praticabili. Non a caso, la tavola rotonda di martedì 12 dalle 16 alle 18, in occasione del convegno “Buio sui secoli bui….”avrà come relatori esponenti delle diverse correnti di pensiero.

Lei, Professore, cosa pensa delle possibili conseguenze e ripercussioni delle Indicazioni sull’insegnamento della storia?

Per molti aspetti e per esplicita ammissione dei loro propugnatori le “indicazioni” vogliono mediare tra il “ciclo unico” proposto con la riforma Berlinguer-De Mauro e i tre cicli precedenti, ma con un esito che si prospetta come un compromesso gravido di conseguenze negative sia in ambito scolastico che extrascolastico e come un’operazione autolesiva per un contesto così ricco di vestigia storiche come quello italiano:

·          In primo luogo perché di fatto escludono Medioevo, Storia Moderna e Storia Contemporanea dagli orizzonti di un fascia scolare come quella elementare, che rimane ben scissa da quella successiva, oltre per la diversa fase evolutiva che attraversano gli scolari, anche per il fatto che i relativi insegnanti continuano ad essere formati da facoltà e corsi ben diversi e separati dagli altri. Inoltre il presupposto su cui si basa lo svolgimento di un unico ciclo tra terza elementare e terza media è del tutto artificioso: un vero gioco di prestigio come se racchiudere elementi diversi in un contenitore più ampio potesse annullarne le differenze.

·          Poi perché gettano alle ortiche migliaia di esperienze di valorizzazione e coinvolgimento dell'extra scuola nei processi formativi delle prime età scolari. È un paradosso quasi kafkiano che nel paese riconosciuto dall’Unesco come di gran lunga il più ricco al mondo di beni culturali, d'improvviso, musei, biblioteche, pinacoteche, centri di studio, associazioni culturali e quant'altro, diventino muti e disertati dalla età scolare in cui più si può far leva su sensibilità che se adeguatamente stimolate producono frutti indelebili.

Ne consegue:

1) che non affrontando i suddetti periodi prima della scuola media (che "media" continua ad essere non solo perché così generalmente percepita da scolari e genitori, ma per le ricordate persistenti distinzioni di formazione dei relativi insegnanti) diviene estremamente difficile trattare i temi che l’attualità continuamente ci impone, col rischio di mantenere i nostri scolari in uno stato di totale inconsapevolezza;

2) che i corsi di formazione degli insegnanti della scuola primaria vedranno declinare le frequenze delle discipline storiche, col possibile paradosso di produrre figure professionali destinate all’insegnamento ma oggettivamente carenti e lacunose.

In definitiva, al di là delle dichiarazioni di intenti del ministro e dei suoi più stretti collaboratori secondo cui al centro della loro riforma ci sarebbero la persona e la sua formazione, le “indicazioni” non sembrano certo prendere le mosse dalle esigenze ad essa connesse, ma da un poco edificante compromesso politico. Che si tratti di un ulteriore caso di alibi preventivo costruito enunciando volontà e intenti edificanti per poi poterli contraddire totalmente?

Naturalmente queste constatazioni lasciano dedurre esiti ancor più negativi nel caso si adottasse per l’intero curricolo scolastico un unico ciclo cronologico, chiaramente aberrante perché ancora più irrispettoso dell'età evolutiva e della diverse facoltà percettive delle successive età scolari e destinato a legare l’apprendimento dei vari periodi storici alle diverse fasi della crescita e alle loro differenti opportunità di approfondimento; rendendo inoltre quanto mai problematiche le correlazioni con altre discipline come letteratura, l’arte, la filosofia. Ritengo molto efficaci in proposito le parole di Chiara Frugoni che ribadisce la sua contrarietà al ciclo unico: ”basta una volta: questa è l’idea che guida lo studio della storia nella riforma, senza tener conto che i modi di apprendimento si sviluppano con l’età. Il sapere è fatto di sedimenti, di ricordi e di emozioni, di ripensamenti. Oggi invece per tutto basta una volta, perché il principio aziendale di ottimizzare i tempi ha contagiato anche i pedagogisti.”

È significativo che su questa posizione ora convengano anche autorevoli cultori della didattica della storia che in precedenza avevano sostenuto la proposta del ciclo unico, divenuto invece per altri un dogma intoccabile e purtroppo un evidente irrigidimento preconcettuale. In realtà prevedere un curricolo verticale coerente e organico è auspicabile, ma non significa affatto affrontare la storia per una sola volta in tutta la carriera scolastica, ma predisporre fasi di insegnamento concordi, complementari e organicamente legate. Su questo punto mi sento in piena sintonia con Ivo Mattozzi e l’Associazione Clio 92, che per il superamento delle ripetitività dei cicli propongono una differenziazione profonda dei formati con cui la storia viene affrontata per intero nella scuola primaria , in quella secondaria di I grado e nella scuola secondaria superiore.

Si può inoltre presumere che di fronte alla constatazione del danno, molti di coloro che hanno accettato quel postulato del tutto teoricista dell'unica progressione cronologica, ritornino sui propri passi.  E’ quello che mi attendo presentando la settimana della storia nella conferenza stampa del 6 ottobre a Roma in Senato. Anche il 12 ottobre, in occasione della tavola rotonda con Giuliana Albini, Andrea Caspani, Ivo Mattozzi, Paolo Prodi, Giovanni Vitolo, che si terrà nel pomeriggio: Nella logica delle parti o nell’interesse degli scolari? avremo occasione, di ascoltare anche il parere di uno dei componenti del gruppo di ricerca Miur della Riforma , Andrea Porcarelli che ha partecipato all’elaborazione delle Indicazioni nazionali.

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