27.07.2003
E io difendo il decretino !
di Girio Marabini
Caro direttore, è da molto tempo che non scrivo per PavoneRisorse.
Qualcuno dirà , se arriverà a leggere tutto l'articolo, "poteva continuare a stare
zitto!". Tu sai che considero la polemica importante perché aiuta a prendere
coscienza : il dubbio necessario all'autocoscienza (diceva Hegel).
E allora consentimi queste brevi considerazioni, a mo' di appunti per la discussione.
Anche in questi giorni di luglio, appaiono sul sito della CGIL
Scuola prese di posizione di Collegi dei Docenti contro l'applicazione della legge di
riforma della scuola approvata dal Parlamento.
Nulla da obiettare: la discussione e il dibattito, soprattutto se costruttivi, da parte
della base, sono sempre auspicabili. Ammiro, sinceramente, questi collegi che hanno
effettuato un lavoro di approfondimento e si sono riuniti nel mese di giugno per discutere
della riforma . Noi non abbiamo trovato il tempo, abbiamo solo all'unanimità approvato
l'effettuazione di una serie di incontri entro il mese di giugno per leggere e
studiare la riforma, rinviando a settembre la discussione sugli aspetti pedagogici e
didattici proposti dalla stessa.
Personalmente, pur con qualche riserva, ritengo, comunque, questa
della Moratti una buona riforma per alcuni motivi semplici ma nel contempo
fondamentali: l'aver salvato la specificità della scuola elementare e la
secondarietà della scuola media; ma soprattutto l'aver posto al centro dell'azione
educativa la persona , utilizzando il sapere ed il saper fare come strumenti per il saper
essere che diventa l'obiettivo fondamentale. I piani di studio personalizzati ne
saranno la logica attuazione.
Sono forse l'unico in Italia ad apprezzare la riforma ? Non lo so.
Oggi dir bene di una riforma di questo governo è rischioso. Sei subito additato come
berlusconiano e di destra e ti guardano con disprezzo. Non fa nulla. La libertà non è
pensare tutti alla stessa maniera.
Mi piace la riforma anche perché, tra l'altro, ha avuto il merito di spazzar via in un attimo l'ipocrisia di quell'obbligo scolastico da assolversi al primo anno delle superiori, costringendo molti alunni all'evasione dello stesso obbligo o a frequentare senza alcuna prospettiva, le superiori. Duro fardello per loro che non aspettavano altro che la fine della scuola per poter poi inserirsi nel mondo del lavoro, con quale formazione non riusciamo ancora a capire.
Il problema fondamentale che occorreva affrontare era al contrario quello dell'orientamento, del raccordo reale tra la scuola media e le superiori; il problema di evitare che l'orientamento si configurasse esso stesso come una sorta di selezione preventiva. Il problema non poteva essere risolto semplicemente attraverso l'obbligo scolastico da effettuarsi solo nella scuola statale, lasciando all'iniziativa degli Istituti il rapporto con la formazione professionale. La riforma prova a dare una risposta. Vedremo.
Alcuni sindacati non nascondono la volontà di bloccare, ad ogni costo, l'attuazione della riforma. Bene. Ma almeno lo facciano, che ne so, stracciandosi le vesti per la riforma Berlinguer abrogata. No. semplicemente : questa riforma non deve passare ! punto! (del resto la riforma è ferma "da sé stessa" per un aspetto gravissimo: la copertura finanziaria !)
Non ho capito la mancanza di qualsiasi commento sui risultati della
sperimentazione attuata dalle 250 scuole. Eppure il documento che è stato diffuso mette,
onestamente, in evidenza luci ed ombre della sperimentazione e di riflesso della stessa
riforma.
I Collegi dei Docenti dovrebbero non solo discutere "sulla carta" la riforma ma
dovrebbero analizzare anche i risultati della sperimentazione, e comunque
"provare" alcune innovazioni. Non sono organismi politici che possono rifiutare
in modo aprioristico ed ideologico le innovazioni. Sono organi collegiali a cui sono
demandate le scelte pedagogiche e didattiche, per cui hanno il diritto ed il dovere
di conoscere e di sperimentare al fine di migliorare l'azione educativa. La
sperimentazione nasce infatti dalla esigenza di cambiamento, che proviene dalla scuola
stessa che sente la necessità di trasformarsi per rispondere alle esigenze di una
società in continua evoluzione. E' la stessa professione docente che prende coscienza
delle sue nuove responsabilità educative. La sperimentazione, risponde ad una
duplice esigenza: superare dall'interno stesso della scuola lo stato di passività che la
rende improduttiva; offrire la possibilità di promuovere ed avviare le riforme
strutturali e didattiche di cui la nostra scuola ha bisogno. Con la sperimentazione la
scuola diventa protagonista, ponendosi al centro del processo di riforma.
Ed ecco allora offerta una piccola opportunità eppure importante: quella di sperimentare alcuni aspetti della riforma. Una sperimentazione che di fatto fotografa quanto già in qualche modo, è stato realizzato dalle scuole: l'insegnamento dell'inglese anche in prima ed in seconda elementare, l'alfabetizzazione informatica.
Perché non provare? Perché dobbiamo frapporre ostacoli? Se le
scuole hanno al proprio interno professionalità capaci di effettuare la sperimentazione
perché non consentire loro di utilizzarle ?
Quale grossa battaglia può essere messa in campo ? A difesa di quali diritti e di
chi ?
C'è chi teme che le scuole possano intervenire, in piena autonomia, sugli assetti organizzativi della didatticaMa perchè le scuole non potrebbero sperimentare, nell'ambito dei limiti posti dal regolamento dell'autonomia, anche nuovi assetti organizzativi ? quali mai pericoli possono nascondersi nella libera scelta delle scuole ? Quale, ad esempio, ancora oggi la ratio della norma rimasta in piedi del comma 5 dell'art.129 per cui si deve continuare ad organizzare l'orario delle lezioni in orario antimeridiano e pomeridiano ? perché la scuola, attraverso l'attenta analisi dei bisogni dei propri alunni e del territorio in cui opera, non potrebbe adottare soluzioni diverse, nel rispetto dei ritmi di apprendimento e di crescita degli alunni ?
Forse
la battaglia ideologica andava indirizzata ad un aspetto importante del decreto
n.61: con il decreto di fatto vengono ufficializzate, anche se indirettamente, proprio
quelle indicazioni nazionali che tanto sono contestate in alcuni documenti dei
Collegi dei Docenti.
"Articolo 1 - (Iniziative finalizzate all'innovazione)
A decorrere dall'anno scolastico 2003/2004
è promosso, ai sensi dell'art. 11 del D.P.R. n. 275/1999, un progetto nazionale rivolto
alle classi prima e seconda della scuola primaria, finalizzato ad avviare talune
innovazioni coerenti con le linee di riforma configurate dalla predetta legge n. 53/2003, limitatamente
ai contenuti delineati nelle Indicazioni Nazionali per i Piani di studio personalizzati
per la scuola primaria, che costituiscono, in allegato, parte integrante del presente
decreto."
Ma di questo, forse, nessuno si è accorto!
Il decreto rappresenta , a mio avviso, una occasione da non perdere. La scuola ha bisogno di muoversi dall'immobilismo attuale. Tornano alla mente le parole di un maestro, G.Giugni, il quale, parlando della necessità della sperimentazione nella scuola come abito mentale, diceva (in "Ipotesi e strategie per la programmazione didattica nella scuola, Giunti e Liscani editori, pag.191") "la sperimentazione costituisce, oggi, lo strumento fondamentale, di cui dispone la scuola, per contribuire dall'interno a risolvere i problemi proponendo- e verificandone la validità - un nuovo concetto di educazione, una nuova funzione della scuola, un nuovo ruolo dell'insegnante.La sperimentazione, infatti, mira a capovolgere il concetto di educazione tradizionale , intesa come pura trasmissione dei valori e dei modelli culturali della classe dominante e, quindi, come condizionamento dall'esterno e conformazione dall'interno, per affermare un concetto di educazione, intesa come duplice processo di liberazione: dalle potenzialità del soggetto e dai condizionamenti sia quelli interni allo stesso soggetto , sia quelli provenienti dall'ambiente esterno. Questo processo di liberazione ha come obiettivo il porre ciascun soggetto in condizione di scoprire la sua autentica identità, di accettarla, costruire su di essa la propria personalità e renderla funzionale nella realtà sociale in cui dovrà operare (...)
La sperimentazione, la continua tensione all'innovazione, dovrebbe essere caratteristica fondamentale di ogni scuola. Impedire di sperimentare è come impedire ad un affamato di mangiare.