Riforma della scuola:
la questione degli spazi educativi
di Girio Marabini
La nuova strategia di scopo della scuola così come viene delineata dai processi di autonomia in atto comporta un ripensamento complessivo dellinsegnamento.
E pensabile una divisione del ciclo primario di sette anni in
due edifici (gli attuali della scuola elementare e della scuola media) ?
E pensabile e gestibile una scuola che non abbia anche una continuità e contiguità
fisica ?
E un interrogativo che pesa
ma lo lasciamo alla vostra riflessione.
Coloro che hanno attuato la sperimentazione dellautonomia in
questi ultimi anni sanno che poter contare su spazi e su spazi attrezzati è stato
determinante per il successo delle varie iniziative (flessibilità
).
Gli edifici scolastici tuttavia non sembrano nella maggioranza dei casi allaltezza
della situazione nonostante il vistoso decremento demografico.
Le Scuole insistono ancora in vecchi edifici oppure sono dei veri e propri "
scatoloni" posti ai margini del quartiere, della città, del paese.
Questi ultimi sono il risultato di una urbanizzazione a volte selvaggia compiuta negli
anni 60 e 70, scarsamente funzionali non solo per lintegrazione della
scuola nel tessuto sociale ma anche dal punto di vista della nuova organizzazione
metodologica e didattica .
Scriveva in quegli anni E.Solzano "la concreta situazione della città dei nostri
giorni dimostra che il prezzo dello sviluppo opulento è pagato, direttamente e
quotidianamente, dagli stessi uomini che già vivono nel processo dellopulenza, ne
sono i protagonisti e gli usufruttuari.
Essi pagano un simile prezzo in quanto uomini, individualmente e singolarmente, ma lo
pagano anche in quanto umanità associata, nei corpi e negli istituti e negli organismi in
cui si esprime e si articola la dimensione comunitaria della società" (in
"Urbanistica e società opulenta, Laterza Bari, 1969 , pag.187)
Occorre dunque ripensare la scuola come spazio educativo.
Per restare al dibattito di quegli anni estremamente attuale voglio
rendervi conto di un saggio di G.De Carlo pubblicato nel 1969 nella "Havard
Educational Review" Perché come costruire Edifici scolastici"
Lautore si chiedeva se sia ancora opportuno per la società contemporanea teorizzare
unattività educativa organizzata in una istituzione stabile e codificata e se
lattività educativa debba ancora svolgersi in edifici costruiti apposta per
accoglierla.
Certamente la problematicità dellesperienza non può restare fuori della scuola
come qualcosa di negativo da dimenticare.
Nella polemica intervenne N.Filograsso docente allUniversità di Urbino con una
argomentazione che vale la pena ripercorrere per intero.
"(La Scuola)
E il momento educativo, preparato, se si vuole, da altri non
meno essenziali momenti, ma come confluenti in esso, quasi attendessero di essere raccolti
ad unità nella indivisibile vita dello spirito. Questo momento non esclude , ma
presuppone singoli apprendimenti, nei quali la cultura viene rielaborata, arricchita,
ricostruita, rivissuta." "In Apprendimento, Natura e Società" Armando
Editore, Roma 1972, pag.114)
Allora potremmo anche trovare giusta la proposta di De Carlo di disintegrare lattuale organizzazione scolastica, anche oggi nellottica dellautonomia, perché "la società e il territorio, in attesa che la società cambi, sono limmensa scuola di cui disponiamo".
Tuttavia non possiamo non avvertire che lidentificarsi e il
risolversi della scuola nella società e nel territorio in fondo non rappresenta altro che
sostenere una ristrutturazione di quellambiente speciale che è la scuola perché
"il luogo meno adatto, scrive ancora De Carlo, per lesplorazione
dellattività educativa, è ledificio scolastico. Per il fatto che
,incapsulando linsegnamento e lapprendimento in uno spazio unitario isolato e
concluso, ledificio scolastico tende a staccare i contatti con il contesto complesso
della società. Daltra parte, sembra che la necessità delleducazione di massa
(e aggiungiamo noi delleducazione della scuola dell autonomia) impongano la
proliferazione accellerata delle strutture educative. Occorre dunque conciliare, le due
opposte esigenze , che negano o confermano lutilità delle scuole, consigliano di
eliminarle o di moltiplicarle. La soluzione non può essere altra che la disintegrazione
dellEdificio scolastico come luogo specifico destinato esclusivamente ad una
specifica funzione".
La disintegrazione di cui parlava il De Carlo è oggi più vicina al concetto di una
modificazione di funzioni, di ruoli, piuttosto che la cancellazione "fisica" di
luoghi educativi.
Bisognerebbe infatti identificare un nucleo centrale essenziale e una corona non
essenziale.
Il nucleo essenziale (le aule) per lo svolgimento del crricolo e la coronoa (aule-figlie,
laboratori ecc
) per lo svolgimento di attività di integrazione , di recupero e di
arricchimento dellofferta formativa.
Limportante , per dirla con Filograsso, "è che si tenga dochio quello che di vitale una scuola deve poter rappresentare ed essere: uno spazio educativo dove le limitazioni architettoniche non significhino altrettanti impedimenti alliniziativa personale, al lavoro di gruppo, alla ricerca organizzata, alla creatività del faciullo, nonché a quella stessa dellinsegnante"
E indispensabile dunque che le Amministrazioni locali, a cui
la legge delega i compiti in materia di edilizia scolastica ,adottino una
programmazione qualitativa delle strutture scolastiche.
Non si pretendono certo nuovi edifici ma una riqualificazione e una ricomposizione degli
esistenti.
Occorre infatti fare delle scuole "presenze significative" allinterno del
tessuto urbanistico e sociale.
La scuola deve aprirsi allesperienza della vita sociale, è un ritornello
martellante della pubblicistica attorno alliea stessa di autonomia.
Questa apertura tuttavia "non implica né identificazione con un modello per molti
aspetti inaccettabile (la società post-moderna, la globalizzazione ecc
) né
rinuncia agli aspetti tecnici impliciti in ogni operazione culturale.
Di qui la necessaria organizzazione della scuola come spazio societario riservato
alleducazione , termine col quale devono intendersi tanto processi specifici di
apprendimento di acquisizione di automatismi di base, di capacità inferenziali, di
informazioni, ecc. quanto processi di comprensione, di ricerca e di analisi critica"
E allora di nuovla necessità di ripensare la struttura scolastica in termini di struttura
laboratorio.
Per questo riteniamo indispensabile proporre ai responsabili degli Enti Locali, nel
momento in cui procedono alla ristrutturazione degli Edifici scolastici di far incontrare
il pedagogista e larchitetto.
Lintesa tar questi è essenziale per una pedagogia concreta.
Occorre dunque abbandonare il punto di vista quantitativo a favore della qualità degli
spazi educativi.
Le Amministrazioni ora hanno un ulteriore strumento a loro disposizione e non possono
accampare le solite scuse:"non abbiamo risorse
"
Le risorse in qualche modo ci sono .
Sulla Gazzetta Ufficiale 14 aprile 2000, n. 88 è stato pubblicato il D.M.
6 aprile 2000, con il quale il Ministro della Pubblica Istruzione
ha ripartito, tra tutte le Regioni, la somma di £. 398 miliardi per favorire
l'attivazione di opere di edilizia scolastica da parte degli Enti locali, Comuni e
Province, direttamente obbligati in materia.