17.12.00
Cambiare in fretta non è tutto,
bisogna anche cambiare bene
di Girio Marabini
Nel dibattito in corso sulla riforma dei cicli,
prevalentemente centrato sul problema, diciamo così, strutturale/organizzativo, viene
lasciata in secondo ordine la questione del programma o , come oggi brunerianamente si
"deve" dire, del curricolo.
E' chiaro a tutti come questa non sia una questione da sottovalutare. Tuttavia pare che il
governo sia preso da una sorta di frenesia: occorre partire subito; in pochi mesi il
programma sarà confezionato; a settembre la prima e la seconda elementare affronteranno i
nuovi cicli; noi (pensano così , forse,i rappresentanti del governo) passeremo alla
storia.
Benissimo per loro , malissimo per quanti hanno a cuore le sorti del nostro sistema
formativo. ( so che molti diranno: ecco il solito conservatore, ecco un rappresentante di
coloro che frappongono ogni ostacolo al cambiamento (i conservatori) ecc.ecc. Sono
consapevole che oggi il verbo è, cambiare, cambiare ad ogni costo, non importa come,
basta cambiare. Spero tuttavia che un "attenti fratelli", ci sarà pur ancora
consentito!)
Analizziamo la questione con la maggiore obiettività possibile, facendo di necessità virtù.
E' vero, infatti, che il nodo del curricolo sarà
affrontato già da lunedì 18 dicembre dalla mega-commissione approntata dal Ministro.
E' vero anche che precedentemente c'è stata un'altra commissione di "saggi" che
ha elaborato un dibattito sui nuovi saperi, salvo poi constatare che nei fatti , non erano
poi così tanto "nuovi saperi" ma si era trattato soltanto di un maldestro
tentativo di mettere insieme dei "saggi" di diversi ambiti disciplinari con il
solo risultato di un insieme di proposte diverse e a volte non conciliabili...
Si pone invece, a me pare, in questa fase una seria riflessione epistemologica, capace di
sostenere l'impresa.
In questa sede proviamo ad evidenziarne un piccolo ma essenziale aspetto, senza alcuna
pretesa di scientificità lasciando ad altri più competenti il compito di formulare delle
soluzioni e delle proposte(certamente non avendo la pretesa di essere "saggi".
L'atteggiamento del "so di non sapere" dovrebbe essere patrimonio di tutti anche
di coloro a cui piace sentirsi definire "saggi.) Consideriamo allora come fonti
ancora valide i programmi delle elementari e delle medie.
In particolare quelli delle elementari, che tutti sostengono hanno dato ottimi risultati.
Chi vive nella scuola conosce l'enorme portata delle indicazioni in essi contenute. Io ho
sempre lavorato nella Scuola media, ora dirigo un Istituto comprensivo : giorno per giorno
mi rendo conto del grande lavoro che gli insegnanti delle elementari hanno fatto in questi
anni. Certamente lo hanno potuto fare perchè sostenuti da un impianto concettuale e
programmatico di rilievo e ben fondato.
Che cosa può indurci allora ad abbandonare un programma, fondato sulla ricerca e
sull'esperienza, per abbracciarne un altro?
Perchè costruire un nuovo programma ?
La prima ipotesi che mi viene in mente, quella più
vicina alla mia formazione culturale, è che la costruzione di un nuovo programma possa
essere spiegata solo facendo appello al precedente sviluppo dei programmi elementari.
In altri termini occorre evidenziare quali sono state le prospettive concettuali emerse in
tale sviluppo, quali i nuovi metodi introdotti in itinere dai ricercatori ma anche dagli
insegnanti.
Tali prospettive e tali metodi potrebbero suggerire l'innovazione che troverebbe la
propria spiegazione appunto all'interno della stessa logica dei programmi dell' '85
(elementari) e del '79 (medie).
Ricordando la lezione del primo Popper, infatti,possiamo dire che una teoria resta valida
fino a quando, secondo il criterio di falsificabilità, l'esperienza non dimostra la sua
inefficacia. Solo allora è possibile abbandonarne le certezze e sostituirla.
In questo caso ci troviamo di fronte , considerato il successo delle elementari, invece
alla validazione della teoria che sottende i programmi dell''85.
Assumiamo allora un'ulteriore ipotesi.
L'altra ipotesi è che la costruzione in esame sarebbe invece, dovuta ai mutamenti
verificatesi al di fuori dell'ambito scolastico. Le trasformazioni prodottesi nella
società ma anche le nuove richieste da parte delle classi dirigenti
"suggeriscono" il mutanmento di rotta ossia l'abbandono di un programma a favore
di un altro. La classe dirigente attuale ha una sua visione del mondo, un proprio impianto
culturale e chiede con forza che tutta la società civile si orienti verso la meta da essa
indicata.
E' una richiesta però che se non sostenuta da un progetto adeguato ed evidente , e
soprattutto da quadri teorici certi potrà portare a risultati peggiori dei mali che si
intendevano sconfiggere.
Certamente, purtroppo, tra le due la seconda ipotesi sembra oggi avere maggiori segnali a favore.
A mio avviso, al contrario, nel costruire il nuovo
curricolo occorrerebbe tener conto della prima ipotesi di analisi epistemologica: i
programmi delle elementari, ma anche quelli delle medie, hanno elementi di novità, di
creatività e risultano ancora produttivi. Da essi occorre sicuramente partire, in essi
occorre trovare le ragioni del nuovo.
E allora non possiamo consentire in nome di una pervicace richiesta della attuale classe
dirigente, che essi siano abbandonati a favore di un nuovo ancora tutto da inventare che
sembra non avere radici o quanto meno essere una sorta di rizoma con le radici per aria e
il corpo nella sabbia: senza passato e senza tensioni ideali verso il futuro.
Perchè non dobbiamo considerare quanto di buono è stato realizzato, sacrificandolo
sull'altare del "nuovismo" a tutti i costi? Che male ci sarebbe dire che i nuovi
cicli costitutiscono puramente e semplicemente METTERE INSIEME le elementari e le medie?
Dobbiamo forse vergognarci a pensare questo?
Pare proprio di sì, guai a sostenere una tale evenienza ed evidenza. Saremo sicuramente
messi agli indici!
Ritengo tuttavia che conservare le ragioni delle elementari e delle medie sia non solo un
prendere atto, senza fraintendimenti ed ipocrisie inutili, di quella che sarà la realtà,
almeno nel primo lungo periodo di applicazione della riforma, ma una ricchezza da
difendere con forza.
Ciò che in qualche modo ci tranquillizza è una ulteriore evidenza: saranno gli stessi
insegnanti delle elementari e delle medie a lavorare per costruire questo nuovo ciclo di 7
anni.
Come è possibile pensare e chiedere a costoro di dimenticare con un colpo di spugna la
loro formazione e la loro ricca e fondamentale esperienza acquisita in anni di serio
lavoro che ha portato a risultati che tutti in Europa ci invidiano?
Ancora il pensiero del Popper più maturo nel nostro ragionamento: una teoria deve essere
abbandonata non solo a causa della sua falsificazione empirica ma solo quando si presenta
un'altra teoria in grado di meglio sostenere il controllo sperimentale.
Allo stato, nel nostro caso, non si vedono ancora i contorni di questa nuova teoria capace
di falsificare con programmi adeguati la teoria che ha sostenuto i programmi della scuola
elementare e della scuola media.
Per concludere consentitemi una parentesi di filosofia politica mutuando proprio dal
Popper alcuni concetti.
La riforma dei cicli è stata voluta non da tutti
ma solo da una "maggioranza" al governo. Avvertiva Popper in "la società
aperta e i suoi nemici" che non servono formule come "la democrazia è il
governo del popolo", intendendo per esso la maggioranza, per giustificare le proprie
decisioni fortemente contrastate: una maggioranza potrebbe infatti governare
tirannicamente. E questo è possibile quando, su temi fondamentali come quello
dell'istruzione, vengono decisi cambiamenti epocali nei quali non tutto il paese si
riconosce.
In realtà una democrazia esiste, sosteneva il Popper, soltanto se si danno precise
istituzioni " in modo particolare quelle che offrono ai governati la possibilità
effettiva di criticare i propri governanti e sostituirli senza spargimenti di
sangue".
E questo ancora ci è dato.
E allora che cosa ne sarà della riforma dei cili se in primavera al governo sarà l'altra
maggioranza che ha sempre sostenuto la sua avversione ad una riforma di tal genere?
Naturalmente sarà legittimata a spazzar via una riforma voluta da un'altra
"maggioranza" e non condivisa da tutti i cittadini.
Girio Marabini